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Blob – Parliamo degli intoccabili!

Creato il 31 gennaio 2013 da 79deadman @79deadman

Blob – Parliamo degli intoccabili!
La cosa più orribile che abbia mai visto in vita mia!
Da tempo mi stavo arrovellando su come poter affrontare in modo originale riflessioni o addirittura recensioni dei titoli “intoccabili”: Dark Side of the Moon, Sgt. Pepper, Born to Run, The Velvet Underground & Nico… Gli Esercizi di Stile su Led Zeppelin IV hanno offerto una risposta parziale, più di forma letteraria che non di contenuto concreto, e sono comunque stati un buon inizio. Poi mi sono ricordato di Blob, la perenne trasmissione preserale di Rai Tre che ho sempre seguito da vent'anni a questa parte. Le risposte ovvie spesso ci stanno sotto gli occhi...
Negli anni Novanta, infatti, “Blob” ha rappresentato la dimostrazione di come la realtà fosse penetrabile soltanto scomponendo i suoi elementi semantici, e costruendone sul piccolo schermo una versione manipolata. http://bocca.blogautore.espresso.repubblica.it/tag/enrico-ghezzi/
La schifosa melassa nera della prima sigla di Blob fu il suo timbro profetico all'esordio: la tv era melassa, la società italiana era melassa. Sera a dopo sera, sono passati qualcosa di più di 20 anni. Il lavoro critico che Enrico Ghezzi e il suo team hanno portato avanti ha consentito al pubblico di compiere sistematicamente un salto quotidiano: dalla rappresentazione del reale verso l'irreale per approdare al surreale. Con un risultato sempre invariato: quella che emerge è proprio la realtà.
http://www.giornalesentire.it/2011/febbraio/2408/enrico-ghezzi-intervista-di-corona-perer-giornale-sentire-la-non-realta-televisiva.html
Ed allora ecco: costruire una recensione fatta come l’esperimento di Frankenstein, composta da brani di articoli altrui, già presenti sul web, tratti da blog, webzine, portali musicali... Tutti ben ricomposti e montati a formare un testo coerente e filante. Ripescando il formato di puro "ipertesto", che una decina d'anni fa pareva essere il futuro imprescindibile della letteratura in epoca digitale, ecco pronto un montaggio in cui ogni frase, ogni parola (punteggiatura esclusa) è in realtà un link, una porzione di un “testo altro”, che qui è riutilizzata e rimontata, non sempre ricontestualizzata, per formare un articolo autonomo. Ma mi rendo bene conto che è tremendamente difficile cercare di spiegare a parole questo "progetto". E allora parto subito. Quello che segue prendetelo come un esempio, il cui risultano in verità non mi ha lasciato affatto soddisfatto, ed è quindi assolutamente migliorabile. Deep Purple - Made in Japan
Blob – Parliamo degli intoccabili!
I Deep Purple sono un'istituzione dell'hard rock, quelli che lo hanno reso, assieme ai Led Zeppelin, un genere famoso in gran parte del mondo. La testimonianza migliore di questo momento di grazia è immortalata nel doppio LP Made In Japan. Il disco fu registrato durante una tournée in Giappone nell'estate del 1972, le registrazioni furono affidate a Martin Birch, un nome che per chi conosce la storia del rock e legge le note di copertina sul retro dei dischi, sicuramente vuol dire qualcosa. La bellezza di quest’opera sta nel differenziarsi dalle versioni in studio, i brani infatti, hanno poco in comune e respirano di un’aria estremamente creativa. Le sette canzoni che compongono il disco prediligono il blues e le sue trasfigurazioni, lunghe jam in cui, a turno, ciascuno strumento dice la sua. Ci sono praticamente tutti i loro classici del periodo: brani come Highway Star, Strange Kind of Woman, Child in Time e la celeberrima Smoke on the Water, già molto famose nelle versioni da studio, qui acquistano una freschezza ed un impatto trascinanti. I Deep Purple sono esattamente come in Highway Star, la classica opener, ovvero una macchina lanciata a folle velocità sulla strada dell’hard rock. Child In Time è pura poesia in musica, dal testo, alle parti vocali, alle melodie. Prima parte lenta, con le strofe non solo cantate ma interpretate da Gillan in modo commovente. Il cantato prosegue con un paio di vocalizzazioni per poi sfociare nell’impressionante serie di acuti lancinanti. E’ il turno della famosissima Smoke On The Water, Blackmore la esegue magistralmente. Avrà per sempre il “rimorso” di aver fatto “cominciare” a suonare la chitarra a milioni di ragazzini a discapito di altri strumenti. The Mule funge da vetrina per la bravura di Paice, che si esibisce in un lungo e coinvolgente assolo. L’album prosegue con Strange Kind of Woman, con il suono caldo e pulito della chitarra ben sostenuto dalla ritmica della batteria; proprio questa cadenza caratterizza la canzone nel suo incedere rockeggiante: rappresenta l'apice per il disco. Si va avanti con Lazy,  grande concentrato di improvvisazione e virtuosismi; il finale è dedicato unicamente all'attività preferita dei Purple nei concerti: improvvisazione! Una Space Trucking tirata per 19 minuti, nella quale Blackmore e Lord duellano alla grande. Nient'altro da aggiungere, solo ascoltare! Made in Japan è stato uno dei primi album rock registrati dal vivo ad ottenere un successo commerciale importante e ad entrare nelle classifiche di vendita. Non è semplice ascolto; "Made In Japan" lo senti, lo vivi, percepisci che è qualcosa di unico. E’ un album per reduci e privilegiati, un manifesto a memoria futura capace di testimoniare il senso esatto del suono rock dei primi anni 70 nella sua dimensione più naturale, ovvero il concerto. Nell'edizione rimasterizzata del 1998, è stato aggiunto un CD con 3 nuove tracce tratte dagli stessi concerti, il vero intenditore conserverà comunque sullo scaffale il buon vecchio vinile nero. Si ringraziano gli inconsapevoli: Storia della musica, Wikipedia, Metallized, SpazioRock, Truemetal, Appunti Novalis, Rockline, DeBaser, Roll Over Beethoven
Lo scopo di tutto ciò? Nessuno. O meglio, a mettercisi veramente d’impegno, si potrebbe sperare di fornire un piccolo spaccato di cosa il web più “emerso” pensa di un certo album.
...stay tuned!

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