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Blog wars: l'attacco dei sixties (parte ii)

Creato il 05 maggio 2011 da Cannibal Kid
BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)Dopo la parte I con i mitici dischi 60s dell'ancor più mitico Cannibal Kid (che sarei io in un momento di esaltazione in cui parlo di me in 3a persona), spazio ai suoni di Mr. James Ford. Eh sì, purtroppo vi tocca sorbirvi anche questi. Ma diamo (vado pure di pluralis maiestatis) direttamente la parola a lui, il mio blogger antagonista.
Come nelle migliori eclissi, in grado di sconvolgere campi gravitazionali, civiltà e assetti cosmici, ma soprattutto se stesse, si incontrano in questo ring le due filosofie antagoniste fordcannibaliane, impattando sulla scia di scontri epici come quello tra greci e troiani o tra Rocky e Apollo Creed - o preferisci essere Ivan Drago, Cannibale!? -.
Un'occasione per incrociare guantoni e bottiglie ma anche per approfondire conoscenze e punti di vista su uno dei carburanti culturali più importanti che si possa desiderare di buttare nel proprio motore: la musica.
E da musicista molto scarso nonché ex commesso di negozio di dischi in piena Alta fedeltà non posso che tuffarmi a capofitto in un'impresa di questo genere, rischiando la mia vecchia pellaccia di cowboy con questo squilibrato dai gusti lecteriani.
Mr. James Ford

I 10 dischi 60s preferiti di Mr. James Ford

BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)

Ho fatto la stessa faccia dopo averlo ascoltato per intero

1. King Crimson “In the court of the Crimson King” (1969)Mr. James Ford Le meraviglie da pura esplorazione psichedelica dei Crimson, che danno anni e anni luce ai pur leggendari Pink Floyd, con questo disco d'esordio raggiungono livelli unici, anche grazie alla straordinaria performance vocale di Greg Lake, più noto forse come elemento degli Emerson, Lake & Palmer.Una vera e propria odissea in pieno stile 2001, travolgente e quasi incomprensibile: non mi stupisce che un presunto artistoide come il Cannibale non apprezzi il genere. Occorre aprire troppo gli orizzonti di cuore e mente.Cannibal Kid Scusa, mi sono addormentato alla prima riga... Non si può certo dire che i Burger King Crimson posseggano il dono della suintesi, con le loro suite da minimo 10 minuti che sono (a essere gentili) una palla colossale. “21st Century Schizoid Man” è un buon pezzo, ma campionato dal solo e unico Kanye West in “Power” suona 1000 volte meglio, visto che prende i 10 secondi migliori della canzone (quelli con la voce distorta) e ci risparmia il resto, come l’inutile delirio della parte centrale. Peccato, perché se avessero tolto le pacchianate (“Moonchild” dopo una buona partenza si perde in suoni messi A CASO) e fatto canzoni da 3 minuti 3 ne sarebbe anche uscito un bel disco.
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2. The Doors "The doors" (1967)JF Ad una scelta di questo tipo potrebbe essere mossa la stessa critica fatta a Louis Armstrong (vedi post di ieri), ma l'idea è che, se qui ci fosse in ballo una figlia in coma, si starebbe percorrendo un viaggio ai limiti della coscienza in pieno stile Enter the void.Basterebbe il solo "The end" per rendere immortale questo disco che è stato, più di tanti altri, il simbolo di una ribellione che stava esplodendo.CK Scelta fin troppo banale, Mr. Ford Fiesta. Io preferisco gli strani giorni del secondo album.

BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)3. Captain Beefheart "Trout mask replica" (1969)JF Altro disco ostico e terribilmente difficile da affrontare. Ma del resto, questo è il prezzo della meraviglia, a volte.Dunque cercherò di essere il più semplice e diretto possibile: senza il Capitano e questo apparentemente improvvisato caleidoscopio di suoni, non sarebbero esistiti artisti del calibro di Tom Waits o dei Primus, e anche i più recenti e noti Devendra Banhart e Vinicio Capossela. Se esiste un genere "circense" come questo, il suo big bang è proprio qui.CK E figurati se non ci rifilavi una roba da grande Lebowski… Captain Beefheart è il gran visir de tùch i freakettòn, mentre per tutti i babbani il suo “Trout mask replica” resta ancora oggi a 40 anni di distanza un gran calderone di suoni incomprensibili e spesso (volutamente?) fastidiosi, con alcuni brani che, per citare il titolo di una canzone qui presente, fanno proprio “Pena”. A suo modo geniale, ma non a mio modo geniale. Inserendolo nella tua lista altrimenti piuttosto impeccabile, tu Mr. Ford Focus mi vuoi far passare per il cattivone di turno, ma evito di aggiungere altre bastardate visto che il Capitano è scomparso da poco. Chiudo allora dicendo semplicemente che è un disco inascoltabile. E, comunque, qualcuno al mondo sente davvero il bisogno di un genere circense, Moira Orfei a parte?JF Andrò a fare il bruto insensibile al Cirque du soleil, così farò un sacco di soldi e verrò a comprare il posto in cui lavori giusto per licenziarti.
BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)4. The Velvet Underground & Nico "The Velvet Underground & Nico" (1967)Vedi lista di Cannibal.
5. The Rolling Stones "Aftermath" (1966, edizione Usa con “Paint it black”)JF Gli Stones erano, sono e saranno l'anima casinara, cattiva e cazzuta del rock delle origini, e ancora oggi restano una delle grandi band dell'epoca d'oro dei miei genitori che sono stato fiero e felice di avere modo di vedere dal vivo.Con Aftermath si infiamma tutta la loro anima, per la prima volta, forse, davvero lontana dal dualismo/rivalità con i "cugini" Beatles.Una roba da fuochi d'artificio.CK I Rolling Stones sono sempre stati il lato cattivo, malvagio, satanico del rock e degli anni Sessanta. È quindi quasi ovvio che la mia preferenza vada a loro, seppure di poco, sui baronetti ma comunque non certo angioletti neppure loro Beatles. Tra i loro tanti dischi notevoli scelgo Aftermath per la presenza della devastante “Paint it black”: this is rock’n’roll!

BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)6. The Beatles "The white album" (1968)JF Occorre subito precisare che, a proposito della rivalità Beatles/Rolling Stones io sono e sarò sempre dalla parte dei secondi, per affinità e fordismo galoppante.Eppure non posso riconoscere l'effetto travolgente dei tre dischi che ho volutamente ed irrinunciabilmente inserito nella lista.Nel caso del White album, basterebbero Happyness is a warm gun e Helter skelter per definire la portata incredibile di quest'opera titanica.
BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)7. The Beatles "Abbey road" (1969)JF Devo ammettere, e non senza una punta di dispiacere - considerata l'affinità con il mio antagonista - che considero Abbey road il mio disco preferito dei quattro baronetti di Liverpool: delicato, intimo, leggero eppure incredibilmente capace di metterti una mano sul cuore e strizzarlo come uno straccio.I Fab Four erano ormai alla fine, e la percezione dello scioglimento si sente quasi fosse una profezia di morte contro la quale si lotta già convinti di non farcela. Magico.CK Ah già che negli anni Sessanta c’erano anche dei certi Beatles! Riguardo al loro album preferito ero un po’ indeciso, ma ho escluso il White Album per la presenza di “Ob-La-Di, Ob-La-Da”, uno dei pezzi più scemi di sempre. Alla fine ho preferito “Abbey Road”, in cui il fantasma dello scioglimento si sente aleggiare nell’aria, come nello splendido intreccio vocale di “Because”.

BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)8. The Beatles "Sgt. Pepper's lonely hearts club band" (1967)JF Dire qualcosa a proposito di Sgt. Pepper sarebbe superfluo almeno quanto dire qualcosa a proposito di Pet sounds.Uno dei dischi fondamentali di tutta la musica moderna.L'unica differenza rispetto al lavoro dei Beach Boys è che questo, per me, è anche un vero e proprio tuffo al cuore.CK Grandissimo gruppo, i Beatles, fondamentali, sicuramente la band dal maggiore impatto socio-culturale nella Storia, musicalmente hanno scritto canzoni stupende e fatto cose molto avanti, però volendo fare un’insinuazione provocatoria: non è che sono un tantino sopravvalutati? Non tanto, solo un tantinello. Anche perché il vero genio della band per me era John Lennon, gli altri bravi, per carità, ma certo hanno avuto una bella botta di culo a finire insieme a un fuoriclasse così puro. Quindi 3 album in lista non ti sembrano un po’ troppi, Mr. Ford Escort?JF Ho notato numerosi riferimenti automobilistici, ma ti dico che l'unica Ford che mi si addice è la Gran Torino.
BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)9. Bob Dylan "Blonde on blonde" (1966)JF Ok, devo ammetterlo. Nonostante l'impareggiabile tracklist, Blonde on blonde non è il mio disco preferito di Dylan, che arriverà con i seventies.Ma non me la sono proprio sentita di non celebrare un artista che, malgrado gli evidenti limiti vocali e una marcata antipatia - personalmente lo prenderei selvaggiamente a bottigliate -, ha segnato la storia del cantautorato mondiale sfornando pezzi di disarmante potenza e semplicità. One of us must now e Rainy day women per me su tutte.CK Grande Bob Dylan. Se non fosse per quella voce monotona mi piacerebbe anche. A parte la voce nasale, comunque, c’è sempre qualcosa che mi è sfuggita, di un personaggio come il Bob Dylan Snoop Doggy Dog: è uno, nessuno e centomila, come nel film Io non sono qui, ma chi è veramente? Niente da dire sulla scelta, però: Blonde on Blonde è il mio disco preferito della sua produzione e ci sono una manciata di canzoni magnifiche. Poi certo, come si vedrà nei prossimi post, io a Blonde on Blonde preferisco Blondie… E quindi ammetti di aver inserito Dylan giusto per fare il Dylan di Beverly Hills della situazione?JF Effettivamente Dylan era il personaggio di Beverly hills che più mi affascinava.
BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)10. Johnny Cash: Live at Folsom Prison (1968) e Live at San Quentin (1969)
JF Una sostituzione dell'ultimo minuto (al posto degli Stooges) che sa tanto di colpo basso dovuta alla crescente perdita di memoria di questo vecchio cowboy, ma che non potevo assolutamente non fare: il man in black per eccellenza, il Clint Eastwood della musica nei due storici concerti che rilanciarono la sua carriera dopo i fasti degli anni cinquanta e il precipitare nelle dipendenze dei sessanta.
Se il primo è una pietra miliare per importanza storica e sociale, il secondo è una vera bomba, con le incredibili performance di "A boy named Sue" e "San Quentin": sentire Cash cantare "San Quentin may you rot and burn in hell" e le ovazioni dei detenuti mi fa venire i brividi ad ogni ascolto. Intramontabile.
CK Io odio i dischi live! Per me il concerto è un evento unico che va vissuto in presa diretta, live appunto, e quindi l’ascolto di una registrazione di solito mi fa lo stesso effetto di una partita vista in differita e conoscendo già il risultato. Ci sono però delle eccezioni, quando un appuntamento live può rivelare una band in una veste insolita, come l’Mtv Unplugged dei Nirvana, oppure un evento straordinario e che fa Storia come Johnny Cash che si esibisce in prigione per i detenuti. Per il man in black rispetto assoluto anche se tu sei il solito sborone e non ti accontenti di un disco ma ne devi mettere due.
Comunque te la passo, anche perché con i prossimi decenni “I’ll shot a Ford in Reno, just to watch him die”.

A presto, con un nuovo scontro sul ring con i dischi degli anni '70 presentati apposta per voi da Cannibal Kid e Mr. James Ford...
Buona giornata, buona notte e buone botte!

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