Sesso, zombie e rock’ n’ horror! Di questo trio di elementi si ciba Bloodline di Edo Tagliavini, bizzarro indie horror low budget che ha il merito di gettare nuova luce su un genere che in Italia non pratichiamo più molto, ma nel quale abbiamo eccelso con Dario Argento e Lamberto Bava. Due non plus ultra che non cito a caso, poiché nel cast tecnico del film figurano due loro stretti collaboratori: Sergio Stivaletti (per il trucco e gli effetti speciali) e Claudio Simonetti (per le musiche).
Siamo di fronte ad un horror che non si prende sul serio, che mischia con libertà e creatività filoni diversi: ghost story, zombie movie, slasher, porno. Un mescolone volontariamente confuso e confusionario (nel senso buono del termine), che riporta a galla un godurioso e divertito gusto anni Ottanta. Bloodline rovescia sul tavolo tutti gli elementi dai quali poter attingere per un nuovo decollo di quelli che un tempo chiamavamo “film del terrore”. Insomma, un occhio al passato e un occhio al futuro.
Un’opera citazionista e irriverente, che fa facilmente e volontariamente uso di banalità e stereotipi, una sorta di joke, di divertissement che ci lascia un continuo sorrisetto sulla faccia. Incappiamo in una bambina fantasma (molto simile alla piccola vampira di Lasciami entrare o alle gemelline di Shining) che si muove come un ologramma di Star Wars, zombie agili come lupi mannari con volti posseduti come in L’Esorcista di Friedkin, morsi con denti aguzzi e succhiotti strappapelle come nemmeno nel Bram Stoker’s Dracula di Coppola. Ma anche in sangue (bordeaux) a fiotti e schizzi “ad alta pressione”, operazioni a cuore aperto (rigorosamente senza anestesia), coltellate in bocca, strumenti di tortura alla Saw – L’enigmista, attori porno impotenti e improvvisati (intelligente e sottile quest’ironia sul genere a luci rosse), un killer – il “Chirurgo” – spietato e originale (sguardo da Corvo e look che ricorda vagamente l’assassino di San Valentino di sangue) perfetto per una breve saga sanguinolenta.
Ma non sono tutte rose e fiori (di sangue). Inevitabile qualche appunto sui dialoghi e sulla prova degli attori. Va bene, entrambi gli elementi non sono mai stati il punto forte degli horror. Ma qui si rasenta un ridicolo tendente all’inguardabile, roba da soap opera di serie C per under 16. Forse anche questa recitazione a dir poco amatoriale è voluta? Chissà, forse sì. I dialoghi poi, pieni zeppi di doppi sensi e battute facili, non fanno presa alcuna.
Tra pregi e difetti si muove anche la regia. Tagliavini alla mdp ha personalità. Macchina a mano, movimenti traballanti, ottime le scene nell’algido ambulatorio/obitorio del killer. Sa giocare bene con il montaggio alternato e parallelo. Ma forse, di abilità registica, ne mette in mostra un po’ troppa, sconfinando nell’esercizio di stile e di bravura. Peccato, perché bastava meno per dimostrare la sue indubbie capacità.
Accattivante il finale, che ci coglie di sorpresa.