Il 2014 è iniziato da poco più di una settimana, ma solo oggi io riesco a vedere l'ultima fatica dell'ebreo antisemita newyorkese. Ovviamente parlo di Woody Allen. E che ci volete fare, io sono un ritardatario cronico, basti pensare che sono nato la dodicesimo mese. E se questi sono gli inizi, pensate come posso andare in quanto a scadenze cinematografiche. Le uniche sulle quali mi sono adeguato sono quelle del latte, ma solo per il semplice motivo che ci tenevo ad evitarmi il cagotto... ok, forse ho detto troppe cazzate, ma oggi la giornata mi gira così. Tornando seri, possiamo dire che dal caro Allen potevamo aspettarci tutto, specie dopo la deliziosa parentesi francese di Midnight in Paris e il pastrocchio italianeggiante di To Rome with love. Fortuna che adesso le varie capitali europee hanno smesso di finanziargli i progetti e che si dedica a lavori suoi, perchP finalmente possiamo vedere quello che gli riesce meglio: parlare di persone e dei loro dilemmi. Perché, nonostante si sia dedicato prevalentemente alle commedie, alla fine Allen ha sempre parlato di dolore e sofferenza, anche se sotto dei filtri deformanti. Insomma, parla della vita.
Dopo il suicidio in carcere del marito, arrestato per frode fiscale, la bella Jasmine si ritrova in bancarotta e sull'orlo di una crisi di nervi. Va quindi a vivere dalla sorella Ginger, della quale ha sempre criticato gli uomini coi quali ha intrapreso delle relazioni - scatenando così le ire del suo fidanzato Chili. Ma iniziare una nuova vita non è facile, specie quando il vero germe sta nel passato.L'inizio del film è quanto di più alleniano possa esserci. Si vedono i classici titoli di testa bianchi su sfondo nero con la solita musichetta jazz che fa da perfetta cornice. Insomma, io ero quasi sicuro di vedermi una delle sue commedie brillanti che mi hanno segnato l'adolescenza [lo so, ho avuto una vita di merda...] ma invece le mie aspettative sono state totalmente deluse. Perché qui non si ride minimamente, si ridacchia per una scenetta all'inizio, ma se vi troverete a fare una qualsiasi cosa che somiglia a una risata durante la visione del film molto probabilmente è perché state pensando a qualcos'altro. E sia chiaro, non è che questo sia un male, ma davvero, una visione così desolante e annichilente proprio non me l'aspettavo. Così come non mi aspettavo che Allen avesse ancora una cartuccia da sparare dopo i suoi numerosissimi colpi, specie a così poca distanza da quel mezzo capolavoro che è stato Basta che funzioni, un film che a mio parere racchiude al proprio interno la risposta a tutte le domande della vita. Qui siamo a livelli qualitativi paritari, anche se gli intenti sono diametralmente opposti. Se con le tragicomiche avventure di Boris Yallnikov si voleva dare la risposta a tutte le problematiche della vita (molte delle quali autoindotte dal soggetto stesso), qui si vuole parlare del degrado morale che una persona può raggiungere. E lo si fa con grande classe, senza catastrofismi di sorta e autocommiserazione. Tutto verte sulle spalle della protagonista Jasmine, una Cate Blachette di straordinaria bravura, un personaggio a tratti davvero odioso verso il quale sarò davvero difficile provare una qualsivoglia empatia. Lei è una donna che ha perso tutto, marito e ricchezza, ma che nel viaggio verso la San Francisco dove abita la sorella Ginger opterà per la prima classe, perché è abituata a un certo regime di vita. E' una donna che si crede al centro dell'attenzione, che mal sopporta il guido Chili [a conti fatti, forse l'unico personaggio simpatico dell'insieme] e che prova ad andare avanti con mezze bugie e mezze verità, cercando di far naufragare con lei la sorella. Una sorella che non ha mai avuto abbastanza sicurezza in sé stessa e che per questo è finita in una gabbia autoimpostasi che non le permette di decollare come forse meriterebbe. Per un piccolo attimo le due provano addirittura a rifarsi un'esistenza totalmente diversa, ma incapperanno in delusioni che non possono farle proseguire in quei loro sogni di gloria. Ma quella non è né sfortuna né crudeltà... è la vita. Allen sembra suggerirci proprio questo, che la vita è piena di insidie e che sono proprio le nostre scelte a farci andare verso gli uomini o le donne che volgiamo diventare. Ma alla fine rimaniamo da soli, soli col peso delle nostre scelte, quindi forse è meglio ponderare bene cosa fare, perché le cose avvengono sempre per le decisioni che abbiamo intrapreso. E per farlo adotta una tecnica forse un po' abusata a comunque molto efficace, inserendo a intervalli irregolari dei lievi flashback che fanno vedere la vita da nababba di Jasmine, fino al vero, grande segreto che ha dato il via alla sua decadenza. E ci lascia lì, da soli, con una scena di incredibile durezza e smaliziamento che mi ha saputo far morire dentro.Un film davvero bello da parte di uno dei miei autori preferiti. Parlare della vita e delle batoste che ti può dare come fa lui è davvero difficile (alle volte anche per il diretto interessato stesso) ma qui sembra quasi suggerirti come fare per arginarle. Promossissimo!Voto: ★★★★