“Questa canzone, è dedicata ai vecchietti, che cagano il cazzo sul pullmann, cioè che si vogliono sedere, ma io non mi alzo! (…) Io non mi alzo, chiama l’autista! (…) Vecchietti bastaaardiiiiii! Aaaaaaaaaa! Bastardi…IO NON MI ALZO, IN PULLMAAAAN!”
Una cattiveria commovente e una lascivia epica. Canzoni così emozionano come una bella canzone d’amore. Non si capisce perchè se si canta l’amore nelle piccole cose è poesia, e se nelle stesse cose si canta l’odio è spazzatura. Viva l’odio quotidiano, quello che dura 5 minuti, ti fa bestemmiare e fare a bastonate ma ti evita la guerra, come recita un canto popolare toscano di Sandro Borgoni, “il cieco di Castel del Piano”:
“Che avete da spartir? non vogliam liti,
Dissero, e tosto presero il bastone;
Senza ascoltar ragion, pronti ed arditi
Con quello strambussaronli il groppone.
Giovò tal medicina, e a suon del legno
La pace entrò fra lor, cessò lo sdegno.”
I Blue Vomit (uno dei nomi di gruppo più orginali e riusciti di sempre) trascinarono il nichilismo punk hardcore dei primi anni ’80 italiani contro la buona coscienza degli italiani addomesticati e della borghesia torinese, città che hanno stigmatizzato in “Vivo In Una Città Morta”: rabbia pura, senza filtri letterari o sovrastrutture di sorta. Accomunabili ai Nerorgasmo per lo spirito incendiario e agli Skiantos per l’antipoetica di fondo, suonano e scrivono canzoni peggiori di entrambi, e questo rende l’ascolto delle loro brevi canzoni-cazzotti paradossalmente un’esperienza ancora più viscerale e con scappellamento a destra e parecchio antani, quindi vaffanculo se eravate qua per una recensione blablabla e ascoltate il pezzo, “bastardiiiiiiiiii”!