Dalla bocca gialla schizza sul selciato umido un fiotto di note scoordinate che rimbalzano tra i bidoni della spazzatura prima di esser travolte dallo scoppiettio di un motorino.
Sam, appoggiata al muro, tira una lunga boccata, fissando il cielo che tra i palazzi neri non riesce nemmeno a fare capolino. La aspettano ancora un paio d’ore di quel casino infernale, poi il locale da spazzare, i posacenere da ripulire e le sedie da impilare. Un’altra boccata nervosa.
– Sam…Saaam! Samanta-aahh!!!
Maledetto Walter, quando vuole farla incazzare usa il suo stramaledettissimo nome per intero, con tanto di aspirata finale.
– Eh, risponde per farlo smettere, che c’è? Manco ‘na paglia mi posso fare?
– L’ordinazione al cinque-eeehhh!
Sam dà un’altra boccata per non mandarlo dove vorrebbe, trattiene il fumo più che può, poi getta la sigaretta per terra e sospira prima di rituffarsi nel rettangolo luminoso. Odia Walter, odia quel posto. Il lavoro no, le piace, non guadagna poco e riesce a seguire i corsi all’università la mattina.
Quello che odia davvero è la musica: tutti quegli assatanati che si agitano sul palco, buttando fuori note su note, senza senso, senza armonia. Il sassofono strilla come se un assassino lo scannasse, il ritmo del contrabbasso cozza con le pulsazioni del cuore; il pianista si piega sui tasti d’osso come a strapparne a morsi un suono carnivoro. Sam cerca di estraniarsi, canticchia fra sé parole melodiche, ma attorno a lei la frenesia prende il sopravvento: la birra nei bicchieri sobbalza, teste che si scuotono come zucche senza collo e piedi che picchiano a terra come se avesse qualche colpa di tutto quel caos.
I clienti non causano problemi in quelle serate lì, non li trova mai a vomitare in bagno e non lasciano cadere la mano vicino ai suoi jeans: inebetiti da quell’aritmia mortale, non la vedono proprio, se non per chiederle a gesti un Southern Comfort o per pagare il conto. Raramente c’è una mancia, in compenso disseminano berretti e foulard che non vengono a reclamare, come se lasciassero volentieri un pegno sull’altare di quella musica divorante.
Loro non la vedono, ma Sam li ricambia con un’incomprensione feroce: ogni nota la disorienta, graffiandole orecchie e pensieri; ma la sensazione peggiore è la nausea che serra lo stomaco, mentre le scale disarmoniche e scricchiolanti le fanno ballare il pavimento scuro sotto i piedi.