Del mondo delle serie-tv ne ho sempre saputo poco, anche perché non me ne sono mai interessato molto. Un po' era la cattiva idea che mi ero fatto con le trashate che guardavo da piccolo, con quella regia ai limiti dell'elementare e gli episodi auto conclusivi che alla lunga mi davano davvero un senso di vuoto davvero allucinante. Certo, c'erano anche quelle con un fil rouge che dava senso a tutto, ma mi assaliva sempre un'indicibile ansia nel dover mantenere assiduamente quell'appuntamento, pena il non capire una beata fava di quello che succedeva. E l'unico appuntamento che avevo era il martedì sera quando su MTV davano l'anime night, replicata puntualmente sabato pomeriggio, quindi già un giorno mi bastava e avanzava. Poi però sono successe due cose: ho avuto internet e ho scoperto che le serie-tv si stavano evolvendo. Il primo punto così mi ha permesso di avere tutte le puntate che volevo, di poterle vedere con i miei tempi e i miei ritmi; il secondo invece, ed è stata qui la vera sorpresa, è stato constatare come questo mezzo si sia evoluto nel tempo, toccando ogni tipo di argomento e superando, sia nella resa grafica che concettuale, quello di molti film usciti su grande schermo. Se nel primo decennio degli Anni Zero, quindi, a dominare le visioni di molti adolescenti e neo-adulti erano gli anime, oggi sono le serie-tv, fra le quali possiamo davvero trovare dei veri e propri capolavori assoluti.
Enoch Thompson spera di potersi godere la sua vita di sovrano assoluto del Boardwalk, ma molte insidie lo attendono, anche fra i propri familiari. La sfida per il controllo del potere è quindi aperta.
Rimasto sconvolto da una prima stagione a dir poco monumentale che, oltre a degli attori magistrali, vedeva anche sua eminenza Martin Scorsese come regista dell'episodio pilota, non potevo che proseguire con la sesta. Proseguire con una storia che ha tutto ciò che serve a piacermi: intrecci, personaggi combattuti, profonde inclinazioni morali e, ciliegina sulla torta, un contesto storico che ha sempre il suo fascino, perché i gangster mi mandano in visibilio - motivo per cui ho voluto vedere film con Lawless e Gangster squad. Poi aggiungete che è scritta magnificamente (sempre parlando di Scorsese, l'autore è Terrence Winter, lo stesso che ha scritto The wolf of Wall Street), quindi il gioco è fatto. Il che però non sempre è un bene perché, quando si parla di storie e della loro prosecuzione, bisogna sempre tener conto di un fattore: lo scorrere del tempo. E il tempo porta con sé anche quello della storia, e una storia, quando prosegue, deve sempre superarsi. Non può dare un inizio magistrale e un finale del cacchio, deve continuare in un ideale crescendo, dando così un'ideale continuità alle vicende che si susseguono sullo schermo. Per questo sceneggiare una serie-tv deve essere una delle cose più difficili in assoluto e proprio per questo un episodio falso è capitato grossomodo a tutte. Se ci sforziamo, lo troviamo anche in quel capolavoro assoluto che è stato Breaking bad. La cosa si fa un attimo risentire anche in questa seconda stagione, dove i camminatori del Boardwalk intraprendono una vicenda che non trova una giustissima armonia negli episodi di questa seconda season che, per quello che doveva essere sulla carta, doveva essere l'ennesimo colpo di grazia alle cellule cerebrali dello spettatore dopo l'enorme scorpacciata di bellezza della prima. Come diceva Willem Dafoe in Spider-man, ciò che la gente ama di più è veder cadere un eroe. Qui abbiamo a che fare con un anti-eroe, ma il succo non cambia. Alla fine, forse, fra eroi e anti-eroi non esistono molte differenza. Anche quello che (ipocritamente) si crede al di sopra e superiore alla legge, alla fine della fiera è sporco e marcio come tutti - sì, sto parlando del poliziotto interpretato dal miticissimo Michael Shannon e della gravidanza indesiderata che vuole tenere nascosta. Assistiamo a quello che può essere un ideale inizio di un'altrettanto ideale caduta che vede coinvolti, senza volerlo, tutti i personaggi. E sono tanti. Li vediamo sporcarsi le mani e lo stesso fanno le persone tutte intorno a loro, lordate da un mare di sangue che sembra inestinguibile. «At the game game of thrones, you win or yu die», recita un'altra famosissima serie-tv, e questo discorso non fa eccezione manco in questa. Tutti giocano, tutti agiscono e tutti, in un modo o nell'altro, finiscono per restare feriti. Non ci sono amici sul Boardwalk, fatti e tradimenti si susseguono come nelle migliori tragedie shakespeariane. Ma le tragedie sono dei prodotti unici, scritti da una sola persona e destinati a una visione che non s'interrompe nel mezzo. Lo stesso non si può dire delle serie tv e questa stagione, per quanto bellissima e capace di dare dei momenti altissimi, come già detto, in certi punti arranca un attimino. Nulla di gravoso, comunque, qui si va a lisciare a coda al maiale perché sono un integerrimo scassapalle, però certe puntate mi sono sembrate un attimino vuote, come se si volesse allungare un brodo già gustoso di suo per raccontare delle cose che, a conti fatti, avremmo dovuto sapere già dopo il finale della prima stagione. Ma comunque, si finisce anche questa con un senso di appagamento che solo pochi altri show sanno dare.
La prima finiva con la concretezza che era sorta una nuova era. Questa invece finisce con una concezione ancora più terribile: quell'era c'è ancora e i vecchi capi la gestiscono con regole nuove e più crudeli.
Voto: ★★★★