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Da Lassie a Beethoven , da Lilli e il vagabondo alla carica dei 101 , da Balto a Red e Toby , il cinema ha sempre prediletto i nostri amici a quattro zampe che con la loro tenerezza sanno dare speranza e sciogliere i cuori di grandi e piccini : proprio da un cane fedele riparte così la Disney , dopo le infelici esperienze di " Chicken Little " e de " i Robinson ", sotto la guida di quel John Lasseter che come nuovo direttore creativo e produttore esecutivo sembra aver fatto della salvezza della Casa di Topolino la sua missione.
L'avventura di "Bolt" non era certo iniziata sotto i migliori auspici quando il suo creatore Chris Sanders ( già autore di " Lilo e Stitch " poi passato alla DreamWorks con " Dragon Trainer " ) venne escluso dal progetto perché ritenuto non all'altezza per essere prontamente sostituito dall'esordiente Chris Williams e da Byron Howard , con totale rivisitazione del soggetto originale il cui risultato è un film genuino e godibile , anche se alquanto prevedibile e privo di particolari guizzi.
Il lungo viaggio del cane Bolt per tornare dall’adorata padroncina si rivela così un road movie di classica struttura Disneyana (la quarantottesima pellicola secondo il canone ufficiale ) che non disdegna contaminazioni da universi alieni , forse non particolarmente noti ai bambini di oggi ma certamente ai genitori che li accompagnano : Bolt combatte battaglie molto vicine a quelle del cane Bravo de " l'ispettore Gadget " , fra mirabolanti inseguimenti con una padroncina che condivide non solo nome ( Penny ) ma anche intuito e abilità tecnologiche con la nipotina del'ispettore , contro il perfido Dottor Calico che con tanto di occhio verde e gatti malvagi non può non ricordare il terribile nemico di Gadget Artiglio ; inconsapevole protagonista di un'appassionante serie d'azione , Bolt deve fare i conti con una mondo reale di cui ignorava l'esistenza in compagnia di personaggi familiari ma abbastanza stereotipati : ognuno di loro , dai piccioni di New York , cugini napoletani de " i picciotti " del cartone della Warner " the animaniacs " che non brillano per particolare intelligenza , alla cinica gatta Mittens che ha perso ogni speranza nel genere umano , al criceto Rhino delizioso nella sua ossessione per lo show televisivo ci commuove e accompagna come vecchi amici sui quali potremo sempre contare , ma che non ci dicono nulla di più di ciò che ci aspetteremmo da loro.
E' curioso come la mancanza di cognizione del reale e il conseguente sgretolarsi dell'illusione di Bolt , pur fondamentali per i momenti più divertenti della pellicola ( il polistirolo velenoso su tutti ) , non vengano sfruttati a dovere nello stuzzicare l'attenzione di un pubblico che sarebbe stato ben più partecipe nello scoprire le carte in medias res piuttosto che con un meccanismo immediatamente svelato , bruciando la possibilità di costruire un piccolo novello “Truman Show “ canino.
Nonostante l'uso della CGI e del 3D (qui ancora non esploso come tecnica obbligatoria ) , "Bolt " non è riuscito a conquistare l'Oscar 2009 contro lo splendido capolavoro della Pixar “ Wall-e “ , ma si è difeso egualmente dai detrattori come un lavoro di ottima qualità , alla ricerca della dimensione un tempo egemonica e oggi di nicchia , di una gloriosa tradizione perduta : proprio ora che le frontiere dell'animazione si sono aperte alle storie complesse della Pixar e all'ironia pungente della DreamWorks , Bolt sogna che si possa ritrovare fiducia in quelle storie semplici che ci facevano sognare , un po' di quella fedeltà che lui , senza esitazione e senza chiedere niente in cambio , riserva alla sua dolce Penny anche quando crede che lei lo abbia dimenticato : se ritenete che ormai questo non possa bastarvi , questa è un'altra questione .
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