Non mi sono rincoglionito ancora del tutto. E non mi si è nemmeno bloccata la tastiera. Oh, il gruppo si chiama Bon Iver e l’album Bon Iver, Bon Iver. Il peggio poi è quando devi comprare il disco al negozio. E’ meglio cavarsela con un “Ce l’hai l’ultimo dei Bon Iver?”, perché altrimenti “Ce l’hai Bon Iver, Bon Iver dei Bon Iver?” ti fa decisamente sentire un idiota!
Paranoie da titolo a parte, Justin Vernon & Co. erano partiti con il botto già quattro anni fa. Il loro lavoro di debutto For Emma, Forever Ago ha raggiunto un successo decisamente inaspettato ed ha in qualche modo aperto la strada ad un nuovo “indie folk”. Questo secondo disco non ha fatto altro che confermare il loro talento.
Voce quasi costantemente in falsetto, backing vocals armonizzate, chitarre con accordature spesso aperte, pedal steel guitar, due batterie, sax tenore, corno e trombone rendono il suono sempre pieno e corposo.
L’apertura con Perth è già una garanzia di come sarà l’intero disco. Stupendo poi l’outro del pezzo, che si unisce direttamente a Minnesota, Wi, formando quasi un’unica traccia. E poi ecco, come una botta, arriva Holocene, pezzo che a pieno titolo si è guadagnato una nomination come Song of the year agli ultimi Grammy Awards. Ah, Grammy dove l’album ha vinto nella categoria Best Alternative Music Album.
L’unica macchia è Beth/Rest, il pezzo di chiusura. Non dico sia brutto, semplicemente le tastiere e la voce sporca di vocoder lo fanno un po’ troppo 80′s per i miei gusti.
Ad ogni modo, ascoltare i Bon Iver fa bene all’udito.
Come ascoltarlo: Belli tranquilli, rilassati. Il posto perfetto sarebbe qualche piccolo paese nel nord della Scandinavia. Magari ad inizio primavera, quando la neve si è ormai sciolta del tutto e ne rimane solo un po’ negli angoli all’ombra.
Pezzoni: Perth, Holocene, Calgary
Anno: 2011