Titolo: Bon Voyager. Andata (senza) ritorno
Autrice: Silvia Pedicelli
Editore: GoWare
Anno: marzo 2014 (prima edizione digitale)
Genere: Divulgazione scientifica
Pagine: 313
Prezzo: 2,99
Giudizio: Il testo include la traduzione di un articolo «Abitare nello spazio, oltre la Terra» e una cinquantina di immagini, fotografie e schemi, linkati all’interno. L’iconografia è un aspetto di particolare interesse, dal momento che ogni riferimento a un pianeta o a un satellite è collegato a un’immagine in maniera puntuale e sempre funzionale: un ottimo risultato per un e-book. Ulteriormente, non mancano i collegamenti a siti, tra questi primeggiano Wikipedia in italiano e in inglese, che rendono la lettura documentata e gradevole, tanto da condurre a una seconda lettura per approfondire le nozioni presentate.
Una breve introduzione conduce alla vicenda, e il filo rosso che tiene unito il testo è affidato alla descrizione di una giovane appartenente a un’immaginaria missione Voyager.
Voyager… e qui si intuisce che la dicitura “oltre l’universo conosciuto” apposta in copertina ha qualcosa di un po’ sforzato. Voyager è stata una missione che dopo aver sfiorato i pianeti del sistema solare ha infine superato il margine del sistema per avventurarsi nello spazio interstellare, impresa che anche questo novello Voyager immaginario, popolato da nove persone, pare destinato a fare. Solo che il viaggio nello spazio sconosciuto – ovvero nello spazio interstellare – avverrà si suppone dopo la morte dei componenti della missione per raggiunti limiti di età. E questo è soltanto il primo degli errori nei quali Silvia Pedicelli cade.
Una missione spaziale che ha come logica conclusione la morte dei suoi membri è un’evidente assurdità. «Certo, ma non potevo farli rientrare, meglio che muoiano tutti nel tragitto tra il Sole e Altair o Alpha Centauri, Cygnus o la Stella di Barnard». Meglio? Difficile da credere, in fondo inventare per inventare sarebbe stato possibile “creare” una missione di ritorno o, in alternativa, un modulo da utilizzare per costruire una colonia interplanetaria: su un Voyager maggiorato come quello presentato dell’autrice ci sarebbe stato spazio anche per quello.
Lo so, sono un vecchio lettore di fantascienza e probabilmente ho preso troppo sul serio la finzione narrativa di Silvia Pedicelli, ma ammetterete che non è facile digerire la storia di una missione con personale umano destinata a perdersi nello spazio profondo. E che il tempo costituisca uno dei problemi mai ammessi dall’autrice si intuisce anche dai modi perennemente gioiosi della sua protagonista, invecchiata di un certo numero di anni (… sono passati trentasei anni dalla nostra partenza dalla Terra, p. 186) ma che persiste a comportarsi come un’allegra ragazzetta, del tutto impermeabile all’età sempre meno giovane sua e dei genitori.
Altro limite non piccolo del testo è il suo insufficiente aggiornamento. Missioni in corso o già svolte, il pathfinder Curiosity ancora da inviare su Marte sono limiti purtroppo non piccoli. Lo stesso vale per i planetoidi della Fascia di Kuiper, nemmeno citati nonostante il loro numero e le dimensioni. Basti pensare al caso di Eris, il più grande planetoide transnettuniano, nemmeno citato. E, infine, il Sole, che avrebbe meritato, io credo, perlomeno un capitolo a sé.
Eppure, una volta enumerati gli errori di costruzione e le ingenuità della trama (invito Silvia ad aggiungere un po’ di fantascienza alla sua ricca messe di letture) l’e-book rimane comunque un discreto esempio di divulgazione scientifica: documentato, attento, preciso e adatto a un pubblico tra i 14 e i 18 anni. Non mi rimane che fare comunque i miei complimenti invitandola però, non appena avrà un pochino di tempo, a voler modificare la parte narrativa e ad aggiornare – pur rendendomi conto della difficoltà innegabile del compito – i suoi riferimenti.
Sull’autrice: Silvia Pedicelli è nata a Roma nel 1977 ed è mamma da pochi mesi. Si è laureata in Fisica con indirizzo in Astrofisica e fisica dello spazio presso l’Università La Sapienza di Roma e ha conseguito il dottorato di ricerca in Astronomia all’Università Tor Vergata di Roma. Ha lavorato per più di due anni presso l’istituto internazionale European Southern Observatory (ESO) con sede a Monaco di Baviera (Germania), sviluppando un progetto sugli effetti della metallicità sulla relazione periodo-luminosità delle stelle variabili Cefeidi. Ha inoltre partecipato a ricerche presso l’Osservatorio Astronomico di Roma (OAR) con sede a Monte Porzio Catone e con l’Università Tor Vergata, con cui continua a collaborare ancora oggi. Ha pubblicato diversi articoli presso le più prestigiose riviste scientifiche, tra cui “Astronomy & Astrophysics” (A&A). Con goWare ha pubblicato “Un bosone da Ginevra” insieme a Pietro Cornelio.
Massimo Citi