L’inondazione della noia italiota sale limacciosa e traditrice arrivandomi ormai pulsante alle orecchie, in attesa che il vuoto dal quale emerge il paese scoppi come una bolla pullulante e si ribeva tutto in un maelstrom vorticoso di niente emettendo qualche gorgoglio mentre s’inghiotte l’Italietta tutta intera. Oggi mi sfiora quasi con terrore l’idea della resurrezione dei corpi. Al momento giusto, secondo la teologia smerciata localmente, verremo fuori dal verminaio dei fornetti comunali al suono di una fanfara d’ottoni, riassestandoci l’anima in quelle quattro ossa rosicchiate dai topi. Ma questa pantomima non mi attrae quanto la possibilità che invece ci si reincarni per un’altra vita, beninteso da passarsi in qualche altro posto del mondo. Reincarnarsi di nuovo in Italia mi sembrerebbe una punizione crudelmente inutile: di questo posto ho capito tutto e soprattutto ho capito di non poter cambiare niente.
No, facciamo un patto: che io mi reincarni nel futuro o nel passato, ma evitando il purgatorio di dover ascoltare un’altra volta Renzi e Bersani che discutono se sono più vecchi i vecchi o i giovani-vecchi, oppure Giovanardi che non sa come spiegare ai suoi figli, peraltro probabilmente degli ignobili matusa quarantenni, che i gay si possono sposare al comune (di Madrid). Milioni di bambini dotati di cellulare, cani col profilo Facebook e maiali nominati parlamentari, eppure la fine del mondo non è un’oncia più vicina, perché il mondo si rigenera la notte come il fegato di Prometeo (ma non è detto che non facesse male rigenerandosi). Facciano pure, signori, la fila a esercitarsi nel moralismo come quelli in coda alla Trony: due file parallele, tanto è tutta roba a buon mercato e inventata apposta per passare il tempo.
Sì, mi voglio reincarnare: in una ballerina di flamenco a Siviglia, in un eschimese sul pack artico, in un chirurgo plastico di Acapulco, in una prostituta di Sidney, in uno scolaro fra i milioni che ci sono in Cina, in un graffitaro gay a San Francisco, in un cammelliere, in un masai, in una vedova allegra. E nel reincarnarmi voglio che il Lete mi passi la sua mano fredda sul cervello e me lo levighi di tutte quelle linee superficiali corrugate, che probabilmente vengono incise nelle meningi dalla noia e dai troppi pensieri, dal sesso fatto e mancato, dalle ansie, dai treni che non arrivano in orario, dagli acquazzoni, dalle corsie di ospedale, dagli accertamenti fiscali, dalle erezioni inquietanti nel cavallo dei pantaloni. Torni immacolata, impeccabile, la mente splendente come l’avorio dei denti del sorriso di George Clooney. E che io mi reincarni pure allora, perché senza rughe, senza ansie, senza inquietudini, allora io non ci sarò e definitivamente, quello che si sarà reincarnato, sarà un altro. Del quale nulla mi importerà più.