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Boris – Il film (Ciarrapico, Torre, Vendruscolo) ★★½ /4

Creato il 09 aprile 2011 da Eda

Boris – Il film (Ciarrapico, Torre, Vendruscolo)   ★★½ /4Italia, 2011, 108 min.

Per chi ancora non lo conoscesse Boris è un telefilm italiano diventato un piccolo cult nell’arco di sole tre stagioni (su Sky, prodotto da Fox) che prende in giro in maniera divertente e intelligente il mondo delle soap nostrane. Forte di una schiera di fedelissimi fan gli autori/registi Ciarrapico, Torre e Vendruscolo hanno fatto il naturale passo verso il grande schermo mantenendo lo stesso cast e prendendo di mira, questa volta, cinepanettoni e film autoriali.

Il regista Renè Ferretti (un ottimo Francesco Pannofino), all’ennesima ingerenza della produzione in uno dei suoi progetti da girare “alla cazzo di cane” decide finalmente che ne ha abbastanza, abbandona la sua scalcinata troupe e, dopo un periodo di crisi, si getta con entusiasmo su un progetto serio, pensando all’adattamento per il grande schermo del libro-inchiesta La Casta (curioso come il film sia uscito in contemporanea con Silvio Forever, scritto dai due giornalisti autori del libro sopracitato). Assunti una serie di rinomati (e spocchiosi) professionisti tenta di iniziare le riprese, ma ne succedono ovviamente di tutti i colori, portando ad un prodotto finale che sarà il completo opposto di quelle che erano le intenzioni iniziali. Un altro cinema è possibile? La risposta di Boris è amaramente negativa anche se il film stesso è qui a voler dimostrare il contrario.

Boris – Il film (Ciarrapico, Torre, Vendruscolo)   ★★½ /4Impossibile non voler bene a progetti del genere: scritto con intelligenza, Boris riesce a riscattare anni di frustrazione derivata da telefilm più o meno pessimi (Montalbano è una felice eccezione ed è stato giustamente premiato dal pubblico) svelandone i meccanismi dall’interno e reinterpretandoli in chiave satirico-grottesca, anche se viene naturale pensare che la realtà non sia poi così lontana…tra “attrici cagne” spinte dagli sponsor e quindi intoccabili, attori bravi che devono recitare male per non far notare lo scarto, una troupe tutt’altro che professionale, sceneggiatori con stuoli di ghost writers e stagisti-schiavi. Per questa versione cinematografica sono state poi fatte appropriate aggiunte tra le quali un’attrice nevrotica (il riferimento a Margherita Buy è evidente) che Ferretti riesce a far recitare solo fingendosi altrettanto fragile e insicuro e un direttore della fotografia snob e maniacale per il quale non c’è mai la luce giusta per girare.

Molte sono le gag mandate a segno e il ritmo si mantiene sempre elevato evitando con leggerezza i momenti morti; esilaranti in particolare la trovata dell’8×12, Stanis (l’attore principale della soap di Ferretti) che vuole entrare a forza nel film interpretando Fini e una versione molto verosimile di un cinepanettone. Ne viene fuori la visione di un mondo non molto migliore di quello televisivo, dove fare un film spazzatura diventa quasi più dignitoso del girarne uno autoriale: illuminante a questo proposito la “lezione” su come far funzionare un cinepanettone. Come dice Lopez, il delegato di rete, “dopo la tv c’è il cinema, dopo il cinema la radio e dopo la radio la morte”. Per lui finire nella sezione cinema vuol dire andare in un posto maleodorante dove tutti indossano “maglioncini e occhiali alla Gramsci”, un covo di comunisti insomma. Ma non si salvano né i produttori televisivi né gli “artisti” del cinema, ogni (raro) nobile intento viene immediatamente disilluso per fare posto a sgradevoli compromessi, senza i quali sembra impossibile poter lavorare e guai a voler cambiare le cose.

Boris – Il film (Ciarrapico, Torre, Vendruscolo)   ★★½ /4
la “cagna maledetta” in azione

Uno degli elementi migliori del film è quello di far “ridere della risata” e far provare al tempo stesso una sensazione di disagio in questo, poiché costringe lo spettatore a ridere mostrandogli esattamente quegli aspetti che intende criticare, come avviene ad esempio con il cinepanettone presente nel film o lo spettacolo teatrale di un comico che riempie i palazzetti con un solo volgare tormentone (ah, quanta verità…). La vis comica non impedisce quindi al film di lanciare alcuni spunti di riflessione tutt’altro che trascurabili sullo stato delle cose della nostra industria cinematografica e, chiaramente, sulla società in generale. La sarcastica conclusione della pellicola è un “abbiamo quello che ci meritiamo”, perché in fondo dei film di denuncia ce ne sbattiamo e quello che vogliamo è semplicemente ridere e non pensarci (come recitava il titolo di una bella commedia di Zanussi). Quando però si ride in questa maniera allora, beh, forse una speranza c’è ancora.

EDA


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