Posted 2 febbraio 2014 in Balcani Occidentali, Bosnia Erzegovina, Homo Wiadomo (Lgbt), Slider with 0 Comments
di Chiara Milan
Una decina di persone con il viso coperto ha aggredito fisicamente la direttrice dell’International Queer Festival “Merlinka” e la moderatrice del dibattito in corso sul tema “Transessualità in transizione”, sabato pomeriggio all’Art Kino Kriterion, il cinema di Sarajevo che ospita in questi giorni la rassegna. Secondo quanto riportato da Radio Sarajevo, dopo aver fatto irruzione nel cinema ed interrotto violentemente la discussione, gli individui mascherati hanno aggredito fisicamente le due donne, che sono dovute ricorrere alle cure mediche.
Il centro per il diritti umani Sarajevo Open Centre, organizzatore del festival, ha annunciato che, nonostante tutte le proiezioni previste per il sabato siano state annullate, l’aggressione non fermerà il festival. Al contrario, gli organizzatori hanno lanciato un appello a partecipare alle proiezioni di domenica in solidarietà con le persone aggredite e con la comunità LGBTQ, perché è proprio questo il momento in cui “è importante dimostrare che la violenza non fermerà la nostra battaglia per una società migliore e in nome dei diritti umani per tutti”. Nel frattempo sono state rafforzate le misure di sicurezza.
Non è la prima volta che accadono episodi del genere a Sarajevo. Il primo Queer Festival che si tenne nel 2008 presso l’Accademia d’Arte della capitale prevedeva performance artistiche, proiezioni e mostre che non si tennero mai, in quanto hooligans ed estremisti religiosi interruppero la cerimonia di apertura. I partecipanti, apostrofati come pervertiti ed immorali, vennero presi a sassate fin dentro ai taxi nei quali si erano rifugiati. A fine giornata si contarono otto feriti. Nonostante Amnesty International avesse denunciato la gravità dell’episodio, invitando le autorità competenti a garantire la protezione dei diritti delle persone LGBTQ in un paese in cui l’atmosfera di crescente intimidazione contro lesbiche, gay, bisessuali e transgender era palpabile, l’episodio passò sotto silenzio. Gli organizzatori del Queer Festival, riuniti nell’associazione Q, decisero di proseguire il festival a porte chiuse.
Quest’anno i membri dell’associazione Okvir, che dal 2011 promuove il dialogo, la protezione dei diritti e della libertà di espressione delle persone LGBTQ, oltre ad offrire supporto psicologico e formativo, ci hanno riprovato. L’associazione, la cui sede e i cui membri rimangono segreti per timore di nuove aggressioni, è uscita allo scoperto l’ottobre scorso in occasione dell’International Coming Out Day. Durante la conferenza stampa di presentazione, sette persone con il volto coperto hanno aggredito con violenza i membri dell’associazione, accusando le persone LGBTQ di essere malate e gridando che le loro azioni non sarebbero state tollerate.
Come spiega una delle giovani fondatrici dell’associazione Okvir, “in Bosnia i diritti delle persone LGBTQ vengono costantemente violati: l’isolamento all’interno della famiglia e della stessa comunità di appartenenza è il minimo che si possa aspettare una persona che abbia il coraggio di fare coming out. Dopodiché vengono la violenza, non solo fisica, ma anche economica, perché coloro che si dichiarano apertamente LGBTQ difficilmente troveranno lavoro in Bosnia. Per non parlare degli altri problemi che li affliggono, dalla scarsa considerazione di sé al quotidiano ricatto psicologico che subiscono da parte di una società patriarcale come la nostra”.
I diritti delle persone LGBTQ continuano a rimanere un argomento di cui difficilmente si parla in Bosnia, mentre chi si dichiara apertamente gay, lesbica, bisessuale o transgender lo fa con la consapevolezza di mettere a rischio la propria sicurezza personale. Gli attacchi al Queer Festival non sono un episodio isolato, ma si sommano agli altri episodi di violenza nei confronti della comunità LGBTQ che continuano a non fare notizia. L’appello di Amnesty International alle autorità competenti affinché garantiscano e tutelino i diritti e l’incolumità delle persone LGBTQ in Bosnia continua a rimanere inascoltato.
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