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Dal primo ottobre in Bosnia Erzegovina e' iniziato il censimento della popolazione. L'ultimo si e' tenuto 22 anni fa, poco prima dell'inizio della guerra che ha cambiato drammaticamente la struttura del paese. Da ricordare che sono state uccise cento mila persone, oltre un milione di traslocati, ovvero' la meta' fuggita all'estero, l'altra meta' sfollata all'interno del paese mentre alcune parti dello stato sono state etnicamente pulite. Questo censimento e' senza dubbio, dunque, una vicenda storica e ha il sapore di una corsa elettorale. Conteranno i numeri di quelli che si pronunceranno secondo la loro appartenenza etnica, religiosa e linguistica ed e' proprio su questo che i partiti in Bosnia Erzegovina si sono scontrati per anni. Il Paese, cosi' come e stato concepito dall'accordo di pace di Dayton, si basa infatti sui pari diritti dei tre “popoli costituenti”, ovvero bosgnacchi, serbi e croati. Cosi' dovrebbe essere, ma la realta' e' ben diversa. Secondo i dati della Chiesa cattolica, il numero dei croati e' stato dimezzato e si teme che diventino addirittura meno del 10 per cento. I piu' tranquilli sono i serbi che vivono su un territorio etnicamente ripulito. La maggioranza sono comunque i bosgnacchi che per la prima volta verranno conteggiati con questo nome, mentre all'ultimo censimento apparivano ancora come musulmani. Saranno circa 19 mila i rilevatori che lavoreranno fino al 15 ottobre. I primi risultati preliminari si avranno dopo 90 giorni, mentre quelli definitivi arriveranno addirittura nel 2015.
Come detto, tra i politici le discussioni sulla modalita' del censimento sono durate per anni, soprattutto a causa del questionario relativo all'appartenenza etnica, religiosa e linguistica. Ciascuno dei partiti nazionalisti aveva infatti interesse a mantenere lo statu quo, temendo di avere qualcosa da perdere dal censimento. Ed e' stata l'Unione Europea a porre il censimento come condizione essenziale nel processo di integrazione. Per quanto riguarda la domanda sull'appartenenza etnica, le opzioni sono quattro: bosgnacco, croato, serbo o altro. Alla domanda della fede religiosa, le opzioni sono sei: islamica, cattolica, ortodossa, atea, agnostica o non dichiarata, mentre per il quesito linguistico si chiede al cittadino di scegliere tra bosniaco, serbo o croato. E' chiaro che in vista dell'inizio del censimento ci sono stati appelli definiti persino come pressioni per partecipare al censimento. Appelli anche da parte dei massimi esponenti religiosi. Cosi' il vescovo di Sarajevo, Vinko Puljić ha sottolineato l'importanza della partecipazione dei croati cattolici. Lo stesso da parte del Reis-el-ulema, la massima autorita' islamica, Husein Kavazović, il quale si e' rivolto con un discorso molto emotivo a sostegno dell'identita' bosgnacca. Anche l'Ufficio per i Croati fuori dalla Croazia, che dipende dal governo di Zagabria, ha lanciato un appello ai connazionali bosniaci di dichiararsi come croati, il che ha suscitato polemiche e critiche perche' ritenuto un'ingerenza negli affari dello stato bosniaco.
La settimana scorsa, il premier croato Zoran Milanović si è recato in visita in alcune parti della Bosnia Erzegovina. Commentando l'attuale processo di censimento, Milanović ha detto che esso e' importante per i croati, soprattutto per il modo in cui, secondo gli accordi di Dayton, e' stata organizzata la Bosnia Erzegovina come Stato formato da tre popoli costituenti. In ogni caso, quali che siano i risultati del censimento, nessun diritto potra' essere messo in questione, ha rilevato il premier croato, precisando di non essersi intromesso in nessuna campagna televisiva sul censimento per evitare che qualsiasi parola sbagliata possa disturbare qualcuno in Bosnia ed e' per questo che ha voluto recarsi nel Paese personalmente. Il premier croato ha ricordato che i rappresentanti dello stato croato hanno “un obbligo costituzionale e morale di collaborare e prendersi cura dei croati fuori dalla Croazia”, ma che la Bosnia Erzegovina e' uno stato che va rispettato nella sua totalita' e nel suo ordinamento costituzionale.
[*] Il testo è la trascrizione di parte della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 10 ottobre a Radio Radicale
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