La pubblicità è l’anima del commercio, ci salva dalla crisi e ci aiuta a guadagnare consensi anche nei momenti più bui, anche di fronte a catastrofi naturali: pensate solo all’operazione pubblicitaria svolta da Berlusconi dopo il terremoto in Abruzzo.
Non è sempre così però, bisogna essere in grado di comunicare nel modo giusto e soprattutto bisogna non essere gli artefici di un disastro ambientale come la marea nera.
La campagna pubblicitaria di scuse della Bp per aver causato la peggiore catastrofe ambientale nella storia degli Stati Uniti si sta rivelando controproducente e sta scatenando un’altra marea, quella delle critiche, invece che suscitare comprensione.
Le critiche vengono anche dal presidente degli Stati Uniti Obama, secondo il quale il denaro sprecato in pubblicità poteva essere speso meglio per ripulire le coste o per risarcire i pescatori del Golfo o tutti coloro che hanno perso il lavoro a causa della macchia di petrolio.
Ci sono eventi di fronte ai quali la pubblicità è impotente e, una volta rifiutato il supporto di James Cameron (chissà se la sua idea era “decolliamo e nuclearizziamo” o se aveva pensato a qualcosa di più concreto per l’occasione) ed essersi attirati l’odio del pianeta, c’è poco da scusarsi o da ironizzare: l’unica è rimboccarsi le maniche e risarcire.
O farsi rappresentare da Rocco Siffredi che dichiara “Io di buchi ne ho chiusi tanti”.