E' un Mondiale difficile per chiunque ed ormai non esistono più le cosiddette squadre materasso. Nel calcio moderno quasi tutte le formazioni sono dotate di ottima organizzazione di gioco, con i reparti che funzionano con sincronismi fluidi e collaudati. Ogni partita, quindi, nasconde sempre delle insidie, soprattutto se sottovalutata. Questa sera il Brasile è sceso in campo contro la Corea del Nord con un atteggiamento a dir poco supponente, convinto di poter segnare in qualsiasi momento lo ritesse opportuno. Nel primo tempo, però, i verde-oro non hanno mai tirato in porta, con gli asiatici che si rendevano addirittura più pericolosi in un paio di circostanze. Molto preparati atleticamente, i coreani praticavano un pressing asfissiante, con i brasiliani (passeggiando per il campo) irretiti e privi di idee. Nella ripresa solo un'invenzione di Maicon (coadiuvato da un errore del portiere Ri Myong Guk) portava i sud-americani in vantaggio, che poi raddoppiavano con Elano.Gli asiatici, però, non demordevano e trovavano il gol a 3 minuti dal termine, tentando poi di agguantare il pareggio sino all'ultimo respiro. Insomma, il Brasile ha certamente tremato di fronte ad un avversario che ha onorato degnamente la sua prima apparizione a questo Mondiale. La formazione di Dunga, priva dei vari Ronaldinho, Pato e Adriano, appare decisamente meno forte di quella che impressionò lo scorso anno alla Confederations Cup. Convince molto poco la mediana composta da Gilberto Silva e Felipe Melo (la cui prestazione ha mostrato analogie con la stagione alla Juventus), mentre Kakà appare ancora distante da una forma accettabile. Gli unici pericoli nascono sovente dall'estro di Robinho e dalle incursioni sulle fasce di Maicon e Bastos. Troppo poco per una nazionale che, per sua stessa ammissione, si ritiene la ovvia favorita per il titolo. Le prossime sfide contro Costa d'Avorio e Portogallo saranno comunque più probanti e forniranno la giusta chiave di lettura per comprendere quanto vale davvero questo Brasile.
Federico Militello