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La perfezione.
Potrei scrivere anche solo questo sull'ultima stagione di Breaking Bad e basterebbe.
Ma visto che non si può ridurre un capolavoro -sì, mi unisco al coro e a ben ragione!- a così poco né così poco basterebbe a convincere i più a un doveroso recupero, è meglio se mi applico e cerco di affrontare la situazione che ora mi si presenta.
Perchè, sì, c'è chi la serie la segue dal suo inizio, da quel lontano 2008, e c'è chi, come me, ha visto nel concludersi del tutto la spinta per rivedere e dare una possibilità anche a due tipi strampalati e di giallo vestiti come Walter White e Jesse Pinkman. Le prime due stagioni sono state un po' ostiche, vuoi per la lentezza di narrazione, vuoi per la mia poca predisposizione verso la chimica, ma a poco a poco la serie ha macinato interesse arrivando all'apice con quella fenomenale quarta stagione. Arrivata pari pari con la programmazione americana, il sentimento che mi lega a Breaking Bad è quindi altrettanto forte di chi il primo episodio lo ha visto per tempo, e per cui, nonostante questo lunghissimo preambolo, affronto la fine a testa alta.
(DA QUI IN POI, LEGGETE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO SPOILER)
A testa alta, dicevamo, un po' come fa Walter White che braccato ormai dal cognato, dovrà rivedere tutti i suoi piani e ridimensionare la sua natura per farsi accettare. Ogni episodio è qui costruito alla perfezione, con calibrati momenti di suspance e colpi di scena di quelli che ti fanno raccogliere la mandibola solo dopo 50 minuti.
Certo, vedere il tutto dopo il deludente e inspiegabile finale di Dexter, mette ancora più in luce il lavoro di Vince Gilligan e degli sceneggiatori, ma sarebbe davvero stupido limitarsi a questo confronto per innalzare BB! Le svolte, le anticipazioni e le scene che si ricompongono solo man mano come un puzzle mettendo tutti i pezzi al posto giusto, sono i motivi che rendono immenso il lavoro di scrittura.
E non solo a livello di scrittura Breaking Bad è una forza, anche a livello tecnico si difende più che bene con quella fotografia calda e nitida che si staglia tra deserti e asettici laboratori chimici.
Quest'ultima parte di stagione è poi quanto mai ricca di suggestioni visive, con i luoghi e gli oggetti che ritornano e simboleggiano una volta in più l'approssimarsi della fine. I mementi sono tanti, dalla ormai fantomatica boccetta di ricina fino al vecchio camper, passando ovviamente per quel laboratorio lucido, quei marchingegni che si guardano, come Walt, con occhi pieni di malinconia.
Così, non si cade né si cede a facili soluzioni ma si rispetta sempre l'intelligenza dello spettatore e soprattutto di un protagonista tanto discutibile come Walter White, capace di farsi amare e odiare, di incutere timore e rispetto con una mente così sopraffina e di rivoluzionare, con la sua natura duplice e irrimediabilmente corrotta, il piccolo schermo.
Ma qui ogni personaggio ha il suo tempo per evolvere e trovare il suo spazio, crescendo lentamente ma in modo coerente: dalla fastidiosa e apprensiva quanto bad Skyler, dal buono Walter Jr., fino ovviamente a Hank e Marie o a Tod e Lydia... Nessuno viene lasciato indietro, e se ovviamente gli occhi sono quasi sempre puntati sul rapporto discontinuo e sulla forza emotiva di Walter e Jesse, questi comprimari sono di altissimo livello anche per quanto riguarda la recitazione, rubando tranquillamente la scena a Aaron Paul e Bryan Craston (e gli Emmy lo dimostrano).
L'ultimo episodio -dal simbolico titolo FeLiNa (il Ferro presente nel sangue, il Litio della metanfetamina e il Sodio delle lacrime)- rispetta quanto costruito in tutti questi anni. Magistrale e fenomenale, dove ogni personaggio ha il suo preciso ruolo, dove ogni meccanismo va ad incastrarsi e a manovrare alla perfezione una serie che si conclude in modo stupendo.
Tra lacrime e applausi, quindi, goodbye bitches!
YO!
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