Ancora in fasce attraversò campi sfocati, per giungere in quella città così simile e così diversa dalla propria. Con la gente che sembra la stessa eppure non lo è.
Compì i primi passi lungo una piazza assolata, dove alzò gli occhi verso la luce e la madre, per poi inoltrarsi nel buio gotico di un pavimento calpestato da milioni di passi.
Ormai bambina corse attraverso una galleria da signori che così poche attrattive riservava per lei. Corse fino a giungere di fronte a quel teatro squadrato e severo, quel teatro privo di fronzoli e belletti, ma non per questo meno affascinante, meno dominante, meno.
Con andatura di ragazza percorse il breve tragitto fino al palazzo dell'arte. Attraversò il cortile. Salì le scale e finalmente giunse alla meta prefissatasi.
Visitò ogni sala e si perse tra mille dettagli. Venne inghiottita fin quasi a soccombere.
Vide dei, santi, miracoli, madonne e bambini.
Le prime immagini più note le vennero incontro a sorpresa, senza un avvertimento, senza lo spazio necessario per una riflessione.
La testa le girò di fronte all'immensità di tele che sovrastavano e aggredivano. Ma senza conquista, senza malia.
Ritrovò se stessa nella sala più stretta e raccolta, dove ad esprimersi erano uomini vicini a lei, mani che plasmavano il suo mondo, voci che raccontavano il tempo prossimo. Ritrovò se stessa dove la pietra si faceva a tempo stesso carne ed acqua per la più tragica delle donne di Danimarca.
Incontrò con gioia le immagini familiari, quelle scorte mille volte attraverso gli anni dell'educazione e della crescita. Sposalizi, cene, ma anche scorci amati.
Sussultò di fronte al ritratto del maestro. Pregò davanti alla folla come di fronte ad una reliquia.
Sorrise alla vista del bacio e della sua malinconica rappresentazione. Questi, posti uno di fronte all'altro, dialogavano all'infinito. Mentre lei avrebbe desiderato solo accucciarsi per terra e vivere là. Per sempre.
In mezzo alla bellezza, alla storia, all'arte. In mezzo al tutto.
N.d.A: non siete mai stati alla Pinacoteca di Brera? Andateci.