Il 1999 fu l’anno in cui il ventottenne Evan Williams e la ventinovenne Meg Hourihan inventarono un software per aggiornare i propri siti personali postando messaggi in tempo reale e con pochi clic, senza tener conto del linguaggio HTML. I due ragazzi americani chiamarono questi nuovi siti blog (contrazione di web log, “diario di bordo sul web”) e il software per crearli blogger. Nell’immediato crearono il sito Blogger.com offrendo gratuitamente a tutti di crearsi un proprio blog nel giro di un paio di minuti.
La procedura per avere un blog è semplice, occorre innanzi tutto registrarsi presso chi offre il servizio blog,e poi scegliere se utilizzare lo spazio web gratuito offerto o un altro spazio web (il proprio sito). Si scrivono i testi, si arricchiscono di immagini, suoni, link e, finito, con un click sul tasto Publish tutto il materiale si trasferisce on line. Gli argomenti non devono necessariamente essere di matrice giornalistica ma si può trattare di musica, letteratura, scienza, economia, pettegolezzi, fatti quotidiani della propria vita privata. In realtà le due grandi aree di utilizzo dei blog sono il diario personale e la pubblicazione di notizie. Ciò che viene pubblicato per ultimo appare in testa al documento, i testi più datati scivolano verso il basso fino a finire negli archivi. Il lettori del blog possono interagire con l’autore inviando commenti su ciò che stanno leggendo o anche foto ed altro materiale.
Molti giornali con versione on line hanno dotato i loro giornalisti di blog, l’Espresso on line è uno fra i tanti, ciò che questi scrivono, anche se deve in qualche modo concordare con la linea editoriale della testata, ha comunque tutto un altro stile dell’articolo da giornale, e la vivacità e la scioltezza sono le note dominanti. Anche Il Foglio, il giornale diretto da Giuliano Ferrara ha nella sua versione on line il blog Wittgenstein, scritto dal giornalista Luca Sofri, che conta un centinaio di visitatori al giorno. Il blog Leibniz appartiene al giornalista Piero Macchioni (Il Tempo), ma non è legato al giornale bensì del tutto privato. Viene così usato dal giornalista, per scrivere in piena creatività, ciò che vuole, con le immagini che vuole, con la grafica preferita, in assenza di vincoli imposti dal marketing, senza pensare di confezionare un prodotto per un certo tipo di pubblico ma in piena libertà.
Uno dei più noti blog di personale vita vissuta è quello di La Pizia, che a proposito dei blog redatti come diari personali scrive: “Perché un blog non è un diario? Perché è pubblico, inutile nasconderlo. Quando scrivi un diario sei praticamente certo che nessuno lo leggerà e scrivi davvero quello che ti passa per la testa in quel momento. Quando scrivi sul blog sei praticamente certo che qualcuno lo leggerò e non c’è giustificazione che tenga, questo dato incide sulla tua scrittura. Ma non è vero che sul blog si scrive per gli altri; sarebbe come dire che nei romanzi non c’è verità perché ogni scrittore sa che verrà pubblicato. Invece la verità c’è, ma è romanzata. Sicuramente il diario è più vero, perché non ci sono filtri. Ma a chi interessa la cruda verità? Chi non si annoierebbe a leggere pagine e pagine di un diario qualsiasi?. (…) Ogni romanzo è la messa in forma artistica di pensieri e opinioni personali dello scrittore, che ben poco interesse susciterebbero se fossero spiattellate in poche righe. La forma serve a veicolare il messaggio, come l’aspetto voluttuoso di un cioccolatino. Se l’odore, il colore, il sapore non avessero importanza assorbiremmo carboidrati via endovena invece di comprare Ferrero Rocher. Ecco, un diario personale è come spararsi una flebo di una soluzione chimica che in quel momento ci serve. E’ pura, diretta, utile al suo scopo ma assolutamente insapore. Un blog è trasformare quella soluzione in una densa crema alla nocciola racchiusa in un guscio di cioccolato, fa lo stesso effetto ma procura piacere al palato.”
Un blog, diventato via alternativa ai mezzi di comunicazione in tempo di guerra è il famoso Where is Raed? scritto dal cuore di Baghdad da un’iracheno che si firmava Salam Pax, nick name di due parole, una araba e una latina con lo stesso significato di pace. Il Blog di Salam Pax è ancora attivo (anche se gli uomini di Saddam erano riusciti ad un certo punto, a censurarlo senza però poter risalire all’identità dell’autore), e ai tempi dei bombardamenti scriveva in inglese gli episodi di guerra vissuti in prima persona quale cittadino iracheno. In realtà, il blog Salam lo aveva creato per tenere i contatti con il suo amico Raed (da qui il titolo del blog), palestinese di Giordania, e all’inizio veniva usato per raccontare cosa succedeva agli amici comuni e per i saluti, poi, resosi conto che nessun media parlava di cosa stava realmente succedendo ha deciso in piena guerra di testimoniare on line cosa stava succedendo a Baghdad. Il suo blog durante la guerra è diventato un evento mediatico mondiale ed ha fatto più audience dei network che pure con ingenti mezzi e investimenti coprivano l’evento guerra. Forse perché le sue osservazioni erano troppo scomode per l’una e l’altra parte in conflitto.
HACKER KULTURE 1. Brainframes — 2. Etica Hacker – Emmanuel Goldstein — 3. Hackers – la prima generazione — 4. gli hacker di Altair 8800 — 5. Hackers famosi — 6. il Cyber World di William Gibson — 7. Cyber Femminismo – Donna Haraway — 8. cause famose — 9. napster — 10. Jon Johansen e il codice DeCSS — 11. Software Libero – Richard Stallman – Copyleft — 12. Linux – Linus Torvalds — 13. Pekka Himanen e l’etica hacker — 14. un po’ di storia sul Copyright — 15 Open Source e Pubblica amministrazione — 16 Software, diritti d’autore — 17. Digital Millennium Copyright Act — 18. La SIAE — 19 La nuova dura legge sul Diritto d’Autore –20. e-book — 21. Cybercrime — 22. Cyberwar – Information warfare — 23. Ipertesto
mio pezzo, parecchio datato ma ancora presente su Hacker Kulture dvara.net ivy