Magazine Cultura

Breve storia del denaro (parte 3)

Creato il 23 giugno 2012 da Davide

L’uso di primitive forme di denaro nel cosiddetto Terzo Mondo e in Nordamerica è più recente e meglio documentato che in Europa e gli studi antropologici e sociologici che ne sono stati fatti servono a far luce sulle probabili origini del denaro moderno. Alcuni tipi di denaro primitivo, come il Wampum, si sono in realtà evolute in un mezzo di scambio economico e diplomatico tra indigeni ed europei e per un certo periodo funzionò da denaro coloniale. Nel nordest degli attuali Stati Uniti divennero famose delle perle tubolari di conchiglia marina lavorata chiamate wampum, dall’espressione wampumpeague (stringhe di bianco) dei Narragansett del Rhode Island che, insieme ai Shinnecock di Long Island, i Pequot del Connecticut e altri Indiani del New England costiero costituivano l’area di provenienza aborigena di una rete di commercio nativo molto vasta.

Queste perle erano prodotte in due varietà: quella bianca proveniva dalla conchiglia della buccina (Buccinum undatum, Busycon carica o Busycon canaliculatum); quella nera o viola dalla conchiglia che i Narragansett chiamavano poquauhock semplificata in inglese come quahog (Venus mercenaria e Mercenaria mercenaria). I Narragansett e i Pequot di Block Island erano i più rinomati produttori di wampum; raccoglievano le conchiglie d’estate e trascorrevano l’inverno a modellarle, lisciarle e trapanarle con trapani a mano di pietra, infilavano le perline in stringhe, che poi tessevano in fasce per ornamenti come cinture, collane e bracciali. Queste perle, che nuove avevano grande lucentezza, sono state trovate a nord fino in Nova Scotia e a sud in Virginia, ma anche in luoghi lontani come il Wisconsin e i Dakota, portate là attraverso il baratto e gli scambi di doni. E’ in epoca coloniale che il wampum conosce il suo massimo splendore, a causa dell’introduzione del trapano d’acciaio da parte degli olandesi. Il wampum, chiamato sewant, sewan o zeavant in olandese e peak o peage dagli inglesi, che poi adotteranno la parola Narragnasett abbreviata wampum, venne usato come mezzo di scambio nel commercio delle pellicce e come moneta nel traffico coloniale insieme a monete francesi, spagnole e portoghesi, dato che le rispettive madrepatrie proibivano il conio di moneta nel Nuovo Mondo. Anche gli Indiani impararono in fretta l’uso del wampum come denaro, che tra l’altro diminuiva gli imbrogli; venne elaborato un complesso sistema, secondo il quale la qualità più pregiata di wampum viola valeva due volte quella bianca e il valore del wampum aveva il suo equivalente in guilders olandesi, riksdalers della Nuova Svezia e scellini inglesi. Per parecchio tempo il valore fu stabile: tre perle nere o sei bianche valevano un penny inglese e una stringa di sessanta perle equivaleva alla lunghezza di un piede. Parecchi studenti si iscrivevano all’università di Harvard pagando in wampum e il suo uso si prolungò fino alla Rivoluzione americana. A causa del nuovo valore acquistato dal wampum, i Narragansett erano considerati “ricchi”, mentre i Leni Lenape o Delaware erano considerati “poveri” dal colono Printz nella sua Relazione alla Nobile West India Company dato che doveva procurarsi il wampum dai “Manathans e dagli indiani della Nuova Inghilterra, dove è fatto il sevant e può essere comprato a buon mercato là dai selvaggi” (Kraft 1986).Come tutto ciò che è prezioso il wampum venne anche contraffatto: gli olandesi tentarono di produrlo in Olanda commercialmente e lo importarono in quantità, ma gli indiani lo consideravano falso e fin dal 1640 c’era grande scontento in Nuova Olanda e Nuova Inghilterra per questo wampum contraffatto o non finito o ricavato da altro materiale usato nei pagamenti, mentre la qualità migliore nativa, chiamata wampum Manhattan era esportata o nascosta. L’importazione del falso wampum venne proibita da un’ordinanza del Direttore e del Consiglio della Nuova Olanda nel 1650. Il wampum fabbricato dagli inglesi in America però prese piede e venne usato in gran quantità con lo svilupparsi della diplomazia della foresta. Le fabbriche di wampum vennero installate a Long Island e in New Jersey: una comunità tedesca a Bergen, NJ produsse wampum fino al 1875. La fabbrica della famiglia Campbell a Pascack, ora Park Ridge, NJ, continuò a funzionare dal 1770 al 1899 per la clientela indiana. I Bianchi impararono subito il valore che il wampum aveva per gli irochesi e le tribù dell’interno e lo scambiavano con pelli di castoro: come affermava Weeden nel 1884 il “wampum era il magnete che tirava il castoro fuori dalla foresta” (Tooker 1978).
Tra il denaro primitivo studiato vi è quello usato nel potlatch o scambio di doni competitivo, in particolare scudi di rame detti coppers, e coperte, dette Hudson Bay blankets perché per lo più in gran parte fornite dalla britannica Compagnia della Baia di Hudson. Una parte sostanziosa dell’antropologia economica nasce proprio dallo studio del potlatch e di altri circuiti di scambio. Le cerimonie del potlatch erano una forma di baratto che aveva funzioni sociali e cerimoniali altrettanto importanti di quelle economiche, perciò quando il potlatch venne bandito (ora il bando è stato annullato) in Canada all’inizio del Novecento, uno dei più importanti incentivi al lavoro e all’impresa con il suo ritorno economico e di prestigio venne a mancare, impoverendo gravemente le tribù. Questa forma di baratto o dono competitivo, come è definito da Mauss (1925) nel suo celebre saggio Sul Dono, non era unico: Davies osserva che uno dei più celebri esempi di scambio di doni competitivo fu l’incontro tra Salomone e la Regina di Saba nel 950 a.C. circa, con un’ostentazione stravagante nel suo splendore. Un altro famoso scambio ineguale, su cui ancora si accapigliano gli studiosi, fu lo scambio tra il greco Diomede e il licio Glauco nell’Iliade. Una volta stabilito che le loro famiglie erano legate da amicizia rituale, Diomede donò al licio il suo scudo, del valore di dieci buoi, e Glauco donò (Omero afferma che Zeus gli oscurò il giudizio) all’altro la sua armatura ornata d’oro del valore di cento buoi.
Il bestiame, secondo Davies, rappresentò il primo capital asset funzionante. L’uso di sacrificare bestiame a scopo religioso probabilmente precedette la sua adozione a scopi monetari. Come sacrificio, cioè trovare animali perfetti, la qualità era più importante, ma come moneta la quantità aveva maggiore importanza, dato che come le monete il bestiame si può contare. Per questo motivo, data l’associazione tra capi di bestiame e ricchezza, anche le bestie più malandate contano, non solo quelle in salute. Così, come mostra l’evidenza antropologica in Africa, i popoli pastori allevano un numero eccessivo di capi, con grave detrimento dell’ambiente, pessima qualità del bestiame e frequenti guerre dei pascoli e dei pozzi.
In effetti, l’associazione tra denaro e bestiame è tanto antica da aver formato l’origine di molte parole. Non sono solo i Nuer, peraltro protagonisti di parecchie guerre dei pascoli contemporanee in Sud Sudan, ad avere un ‘idioma bovino’ come lo definì Evans-Pritchard. Un gran numero di termini di colore in francese derivano dal colore del mantello dei cavalli; le parole inglesi ‘capital’ (capitale), ‘chattel’ (proprietà mobile, schiavo) e ‘cattle’ (bestiame) hanno una radice comune. In gallese la parola ‘da’ usata come aggettivo significa buono, ma come nome significa sia bestiame che merce. L’aggettivo italiano pecuniario viene da latino pecus, bestiame (soprattutto ovini) e denaro, mentre un proverbio latino che mio padre mi citava sempre faceva ‘Homo sine pecunia imago mortis’ (L’uomo senza soldi è l’immagine della morte). E’ peraltro noto che ‘Pecunia non olet’ (il denaro non puzza). Glyn Davies osserva che non si deve confondere il concetto astratto di bue come unità di misura o standard di valore, che la sua funzione essenziale ma non solo monetaria, con la sua forma fisica certo piuttosto ingombrante (basta dare un’occhiata alla statua del Toro a Wall Street, che curiosamente richiama il bue-denaro, anche se oggi significa che la Borsa va alla grande). Una volta capito questo concetto, l’inclusione del bestiame come denaro è accettata facilmente nella pratica e nella logica. I Kirghisi delle steppe russe hanno usato, fino ai decenni avanzati del Novecento, i cavalli come principale unità monetaria, con le pecore come unità sussidiaria e le pelli di agnello come spiccioli.
Un interessante tipo di denaro primitivo sono le pietre fei dell’Isola di Yap, in Micronesia. E’ rappresentato da dischi di calcite bianca con un buco al centro, dal diametro che va da parecchi millimetri a circa 4 metri. Il nome fei significa denaro e gli abitanti trasportano le pietre dall’arcipelago Palau a 400 miglia di distanza in barca e il rischio del trasporto aggiunge valore alle pietre discoidali. Un fei del diametro di 60 centimetri può valere un maiale o mille noci di cocco e un fei di quattro metri di diametro può comprare un’intera città. Ma la caratteristica più interessante delle pietre fei di Yap è che non è necessario che i proprietari abbiano fisicamente le pietre, o che debbano spostarle. Basta che quando ha luogo una transazione che implica lo spostamento di un gran numero di fei, venga fatta una dichiarazione di trasferimento di possesso, mentre i dischi restano immagazzinati presso il precedente proprietario. In realtà la Francia adottò lo stesso sistema negli anni 1930, quando chiese alla Federal Reserve di convertire gran parte delle loro riserva d’oro in dollari: i lingotti restarono in custodia della Federal Reserve per evitare di trasportare indietro l’oro in Francia.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :