Una delle monete greche più piccole era l’obolo d’argento: da notare che la parola obolo resta in certe espressioni come ‘donare un obolo’ e simili. Nello standard attico di pesi e monete sei oboli d’argento valevano una dracma; vale la pensa notare che prima dello sviluppo della monetazione sei spiedi appuntiti o chiodi allungati, usati come strumento-moneta, costituivano una manciata tradizionale simile a quella dei metodi più antichi basati sul grano. Perciò l’obolo era una semplice continuazione di un tipo di pre-moneta: lo spiedo di ferro o verga appuntita.
Anche quando le monete avevano iniziato il loro cammino l’inflazione era già un problema: nel 407 a.C. Sparta catturò le miniere ateniesi d’argento a Laurion e liberò 20.000 schiavi. Il risultato fu, come Sparta aveva previsto, un serio problema monetario: Atene dovette fronteggiare una grave penuria di monete e nel 406 e 405 a.C. coniò monete d’argento con una sottile placcatura d’argento. Idea pessima, perché aggravò la situazione, dato che le monete buone tendevano a sparire dalla circolazione, perché la gente ovviamente tendeva a conservarle e a usare le nuove monete invece di liberarsene. Il commediografo Aristofane, nelle sue Le Rane, prodotto nel 405 a.C. scrisse che ‘le antiche monete erano eccellenti .. ma noi non ne facciamo uso e preferiamo quei cattivi pezzi di rame emessi di recente e coniati in maniera così miserabile’. Questa frase rappresenta probabilmente la prima formulazione al mondo della legge di Gresham, cioè che il denaro cattivo scaccia quello buono. Alla fine gli oboli e le dracme farlocche ateniesi vennero demonetizzati nel 393 a.C., tuttavia le varie città stato competevano all’arma bianca per imporre la superiorità della propria moneta, e così facevano pure i grandi nemici, l’Impero Persiano, dato che stati con valute forti e accettate universalmente avrebbero guadagnato prestigio.
In effetti nel quinto secolo vennero coniate le monete più belle mai fatte dato che nella storia dell’antica Grecia la moneta fu soprattutto un emblema civico: battere moneta con il marchio della città aveva il significato di proclamare la propria indipendenza. In questa situazione l’uso della forza giocò un ruolo importante nell’istituzione dell’uniformità monetaria. Nel 456 a.C., Atene obbligò Egina a prendere le ‘civette’ ateniesi e a cessare di coniare le proprie ‘tartarughe’ e nel 449 a.C. sempre Atene emanò un editto che costringeva a consegnare alla zecca ateniese tutte le monete ‘straniere’ e obbligò i suoi alleati a usare lo standard attico di pesi, misure e monete. Le conquiste di Alessandro Magno portarono a una grande uniformità monetaria su gran parte del mondo conosciuto in occidente. Suo padre, Filippo, aveva emanato delle monete che celebravano il suo trionfo nella corsa dei carri ai giochi olimpici del 356 a.C., un tipico esempio di uso delle monete come propaganda.
Tra le prime e più note monete persiane c’era una serie chiamata popolarmente gli ‘arcieri’, dato che sul rovescio mostravano l’imperatore armato di lancia, arco e frecce. La via di terra che portava dall’Asia alla Grecia passava attraverso la Tracia e la Macedonia, due regni di così scarsa importanza che vennero semplicemente comprati dagli ‘arcieri’ persiani. Così l’imperatore persiano poteva vantarsi che avrebbe conquistato la Grecia con i suoi arcieri, un gioco di parole forse voluto, forse no, tra i soldati e le monete chiamati arcieri. Le vanterie persiane, però, non riuscirono a realizzarsi, anche in parte per la clamorosa scoperta di un filone d’argento particolarmente ricco a Laurion, le miniere a 25 km a sud di Atene, nel 490 a.C. Parte di questo argento venne risparmiato dal governo ateniese anche su potenti pressioni di Temistocle e usato per costruire una flotta che fu strategica per la sconfitta dei persiani di Serse alla battaglia di Salamina nel 480 a.C. In seguito, però, i macedoni aprirono nuove miniere e cominciarono a coniare monete su grande scala: alcune, come abbiamo visto, commemoravano i trionfi di re Filippo alle Olimpiadi. La quantità di monete coniate da Filippo di Macedonia era assai superiore a quella normalmente necessaria a macedoni e greci, ma si dimostrò una riserva strategica quando Alessandro Magno ereditò il trono macedone. Infatti, grazie a questo tesoro, Alessandro fu in grado di finanziare gli stadi iniziali della sua campagna contro i persiani: e al momento in cui l’esercito di Alessandro fu seriamente impegnato in Asia, costava circa 20 talenti, cioè mezza tonnellata d’argento, al giorno. Grazie alla preveggenza del padre Filippo, Alessandro fu un grado di finanziare l’inizio della guerra, finché, grazie ai suoi successi, catturò enormi quantità d’oro e di argento persiano, molta parte del quale fu trasformato in monete dalle zecche che il re macedone aveva catturato, così la guerra si finanziava da sola. (segue)