L'arte ha aperto la strada che ha portato a considerare la malattia mentale non come qualcosa di estraneo o spregevole, ma parte della condizione umana. L'arte moderna ha celebrato la sofferenza mentale come un'avventura creativa.
Questa modernità è iniziata con la "follia" di Vincent Van Gogh anche se ha radici storiche più profonde. Lo possiamo vedere con Albrecht Durer, genio malinconico già a partire dal rinascimento e dai pittori romantici.
Forse non è difficile capire perché gli artisti spesso mostrano empatia per ciò che la società chiama malattia: tutta la creatività è in fondo un viaggio irrazionale.
- Vittore Carpaccio - la guarigione dell'uomo posseduto al Rialto (1496).
Questo dipinto, fotogramma della vita quotidiana nel XV secolo a Venezia rivela come la malattia mentale fosse intesa e trattata tra medioevo e rinascimento. Il termine possessione è più vicino alle idee contemporanee sulla malattia mentale. L'uomo miracolosamente guarito da un sacerdote era posseduto da un demone. La sua sofferenza non è né un problema di salute, né sociale, ma un'esperienza religiosa.
- Matthias Grunewald - La tentazione di Sant'Antonio (1512-16)
Molti artisti medievali rimasero affascinati dalla storia di Sant'Antonio Abate che fu tentato dai diavoli. Per Grunewald, questo diventa un terrore personale e psicologico, l'immagine di un uomo la cui sanità mentale è in pericolo. Le forme orribili dei demoni sono come pensieri malformati. Si tratta di un lavoro compassionevole, per questo fa parte della pala d'altare di Isenheim, dipinta per un ospedale per persone con malattie deturpanti. Uno dei diavoli ha le piaghe e la pelle grigia che appaiono in altre parti dell'opera ed evocano le malattie trattate in quel luogo. Questo scenario brulicante quindi, rappresenta la minaccia alla salute mentale posta dall'estrema sofferenza fisica?
Ha sicuramente influenzato l'espressionismo tedesco ed è ad oggi un capolavoro insuperato.
- Albrecht Durer - Melancholia (1514)
Quest'opera visionaria è sia una diagnosi che una celebrazione di ciò che potrebbe essere vista oggi come una malattia. La melancholia era conosciuta e vissuta nel Medioevo, un buio della mente derivante da uno squilibrio degli umori. L'oscurità è sul volto dello spirito di malinconia qui incarnato dall'immagine di una donna. Nell'abbattersi lei non sembra in grado di continuare con le sue grandi opere. A giudicare dagli strumenti la figura rappresentata è un matematico, geometra e architetto: un genio del rinascimento. Durer ritrae attraverso questo simbolo la propria vita interiore e intuisce la complessità della mente. Per malinconia qui si intende aspirare a conoscere e creare e crollare infine nella disperazione. L'infelicità è nobile, per Durer. Questa stampa è probabilmente l'inizio della psicologia moderna.
- William Hogarth - The Rake a Bedlam (1733)
L'intuizione di Durer (per non parlare di Shakespeare e Cervantes) per cui le ombre mentali sono parte della vita umana venne afferrata anche dai fondatori del Bedlam Hospital di Londra. Il famigerato "Bedlam" venne fondato nel Medioevo ed era specializzato in malattie mentali già nel XIV secolo. Quando Hogarth nel XVIII secolo raffigura un giovane uomo la cui mania per il gioco d'azzardo lo aveva portato lì, il Bedlam era un luogo in cui i londinesi potevano vedere la pazzia in tutte le sue forme. Hogarth mostra due donne "sane" che godono lo spettacolo della follia, che comprende persone che pensano di essere re e vescovi. Naturalmente, secondo Hogarth, il confine tra sanità e pazzia non è così evidente a tutti.
- Francisco Goya y Lucientes - Il sonno della ragione genera mostri (1799)
Questa raffigurazione di Goya di un uomo che dorme assalito da mostri della notte è l'immagine della fragilità della ragione alla fine del secolo dei Lumi, il grande movimento del XVIII secolo, che ha cercato di cambiare il mondo con enciclopedie, dimostrazioni scientifiche e fabbriche. Visione pessimistica ma anche compassionevole di Goya è che la ragione governa solo una parte della nostra mente. Si deve condividere il mondo con gli incubi. All'alba dell'era moderna, questa immagine riecheggia le vecchie raffigurazioni delle Tentazioni di Sant'Antonio, i cui assalitori non sono andati via, dopo tutto.
- Théodore Géricault - alienata con la monomania del gioco (1822)
In età romantica stati estremi della mente e sofferenze interiori erano materia per la poesia e per l'arte. Questo stato d'animo di introspezione apre nuovi modi di vedere la salute mentale nei ritratti di folli realizzati da Gericault. Dipinse dieci di questi, di cui cinque ancora esistono, tutti pazienti che del suo amico dottor Etienne-Jean Georget. Questo quadro non ci ispira rispetto e simpatia umana per una donna la cui malattia mentale sembra essere una profonda infelicità. Per fuggire da stereotipi e pregiudizi, Gericault dipinge la malattia mentale come una parte della condizione umana che egli stesso sente chiaramente vicino.
- Gustave Courbet - Autoritratto (1843 -45)
In un momento di euforia romantica Courbet ritrae se stesso come un folle, il suo volto è estatico e terrorizzato. Il suo stato d'animo disperato, non è una malattia ma un segno distintivo d'orgoglio artistico. In una tradizione che risale alla Melancholia di Durer, ma che ha raggiunto nuova potenza in età romantica, egli equipara genio e follia. Questo volto di disperazione è il volto del XIX secolo, avanguardia che rischia e corteggia la malattia con alcol e droghe.
Courbet si presenta così come un personaggio di uno dei racconti di Edgar Allan Poe.
- Vincent van Gogh - Autoritratto con orecchio bendato (1889)
Vincent van Gogh fu affascinato da un dipinto di Emile Wauters intitolato La pazzia di Hugo van der Goes. In quell'opera l'artista, che nella vita reale venne confinato in un convento a causa di una malattia mentale, cova il tormento, mentre quelli intorno a lui cercano di aiutarlo. Van Gogh ha scritto che a volte si è identificato con quel dipinto. Qui invece lo vediamo poco dopo il taglio del suo lobo che ci guarda come afflitto in modo simile a Hugo nel dipinto di Wauters. Gli occhi di Vincent sono di cristallo blu, il suo sguardo acuto e penetrante. Ci guarda con il volto ferito, con una verità profonda. Egli non è né sano né folle, ma un essere umano che ci parla di sé con coraggio e onestà.
- Edvard Munch - L'urlo (1893)
La follia è la condizione moderna di quest'opera che ha la chiarezza di un teorema. L'urlo è universale. E' come la vita di oggi ci fa sentire, secondo Munch. Lontano da una patologia che affligge gli individui, la voglia di urlare per il dolore e l'isolamento sotto il cielo traballante è una risposta sana a un mondo folle. Munch porta la rivalutazione artistica della malattia mentale che è iniziato in età romantica alla sua logica conclusione: non c'è Bedlam, ma il mondo stesso.
- Josef Forster - opera senza titolo della Collezione Prinzhorn (1916)
Munch e Van Gogh diedero alla follia un valore positivo nell'arte moderna, una chiave per la verità, ed era solo questione di tempo prima che la professione medica iniziasse a vedere le nuove connessioni tra l'arte e la mente. Prima della sua morte, nel 1933, il dottor Hans Prinzhorn raccolse una collezione d'opere di malati mentali che era l'inizio di quella che oggi è conosciuta come "outsider art". Questo esempio ha il potere misterioso di Goya. La follia da qualcosa che deve essere rappresentata da artisti, è diventata una fonte di originalità artistica in sé.
Fonti: articolo tradotto da www.theguardian.com
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