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Breve trattato sulle coincidenze – Domenico Dara

Creato il 01 luglio 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
dom. dara

Finalista al Premio Calvino 2013, il romanzo Breve trattato sulle coincidenze di Domenico Dara, edito da Nutrimenti, narra poeticamente di un postino con la passione per le lettere d’amore:

 

Colajizzu fu buttato a terra dal suo ciuccio. Tornava dai terreni di Cannavù ed era più furente del solito perché con la verga di ginestra al povero animale gliene dava di santa ragione. La bestia subiva in silenzio, ragliando e arrancando, ma la volta che Colajizzu sembrò prendere la mira per colpirla con forza sotto il fianco, dove il giorno prima si era graffiata a una spinàra, allora l’animale si fermò di botto, impassibile. Colajizzu, dissennato e sbalestrato perché Rocco Pìrru gli aveva rubato l’acqua dalla campagna, cominciò a saltare sulla groppa, intimando la partenza, e più assestava il colpo più la postura del ciuccio s’inorgogliva. E così, stanco di essere fottuto e sfottuto da Pìrru, prostrato dalle lamentele che la mugghièra gli avrebbe riservato al suo ritorno, e sbeffeggiato perfino dal ciuccio in pubblica piazza, egli, sperando con un solo gesto di scacciare l’abbaruffio di pensieri che gli oberava la mente, alzò il braccio e scaricò con forza lo scudiscio sul ventre già sconquassato del miserando quadrupede. Un silenzio irreale piombò sulla via: i pochi cristiani presenti pensarono che al povero animale lo avesse ammazzato, e invece l’onagro, dopo qualche secondo in cui rimase immobile come i leoni di pietra del municipio, riprese il suo incedere segnando la strada con minuscole gocce di sangue.
Cumandu io, ti lu fazzu vidiri io cu comanda, disse fiero l’uomo, ma si trattò di una breve supremazia che l’asino, quando fu in mezzo al Piano, sotto gli sguardi dei paesani accubiti, con un colpo d’anche si scotolò di dosso Colajizzu che cadde in terra come una pera vugghiùta. Tutti si misero a ridere e appresso pigliate per il culo e sfottò. Tutti eccetto tre persone: Franco Mendicisa, compare del malcapitato, che corse in suo soccorso; Pepè Mardente, che un destino spietato aveva privato della vista; un signore con un pesante borsone a tracolla, che non rideva mai delle disgrazie altrui e che scorse nella rovina terrestre di Colajizzu la rappresentazione di quanto aveva scritto qualche giorno prima:

Viviamo convinti di controllare il mondo e la vita, ma basta uno scarto perché si mostri l’illusione. È come cavalcare: crediamo di governare l’animale con le redini, ma basta che un topo attraversi la strada perché il cavallo perda il controllo e ci faccia cadere a terra.
Cosa sono le nostre certezze se un qualunque animaletto può annientarle?
Se viviamo alla meno peggio non è merito della nostra perizia cavalleresca: lo dobbiamo al coraggio del cavallo e alla magnanimità del topo.


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