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“BRICS: opportunità economiche per l’Italia nel nuovo contesto multipolare”: la conferenza

Creato il 29 febbraio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
“BRICS: opportunità economiche per l’Italia nel nuovo contesto multipolare”: la conferenza

Ottimo l’esito della conferenza sui BRICS e le occasioni di investimento per l’imprenditoria italiana, che ha avuto luogo lo scorso venerdì 24 febbraio presso la sede di NTCM Studio Legale Associato. Durante l’evento rappresentanti diplomatici, studiosi ed esponenti del mondo imprenditoriale, giornalistico, militare e forense hanno analizzato le potenzialità presenti e future dei BRICS, ponendo l’accento sui settori nei quali le imprese italiane possono trovare proficue opportunità ed evidenziando come queste ultime possano costituire una delle chiavi per il superamento della crisi economica che attanaglia l’economia del Bel Paese.

 
I BRICS come forza motrice dell’economia globale dei prossimi anni: questo il concetto chiave che è emerso durante la conferenza organizzata da IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, editore della rivista Geopolitica), ISIAMED (Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo) e NCTM Studio Legale Associato, in collaborazione con Confindustria, dal titolo: BRICS: opportunità economiche per l’Italia nel nuovo contesto multipolare.

L'elegante sala barocca in cui si è tenuta la conferenzaDinanzi alla sala gramita da un nutrito pubblico costituito da rappresentanti diplomatici, imprenditori, politici e giornalisti, oltre che da studiosi e appassionati di geopolitica, i relatori hanno non solo delineato un quadro sociale ed economico dei BRICS, ma soprattutto hanno estrapolato alcuni punti fondamentali da tenere in considerazione qualora si volesse investire nelle economie che traineranno la crescita negli anni a venire.

Gli esponenti della diplomazia hanno fornito un quadro molto dettagliato non solo della realtà odierna, ma anche dei progetti a medio e lungo termine dei BRICS: così, ad esempio, il delegato brasiliano, Luis Fernando Machado, ha posto l’accento sull’opportunità di sviluppo costituita dai mondiali di calcio del 2014, che saranno ospitati appunto dal Brasile. L’eccezionale portata di questo evento, infatti, renderà necessaria la costruzione di una vasta tipologia di infrastrutture, da quelle relative ai trasporti a quelle necessarie all’accoglienza e all’alloggio di sportivi, tifosi e turisti, dando la possibilità di investire e creare occupazione.

La crucialità di una rete infrastrutturale efficiente è una questione comune a tutti i BRICS, come hanno sottolineato i membri delle ambasciate indiana e sudafricana, Rajeev Kumar e Zakhele Mnisi: vie di comunicazione sicure e affidabili sono un supporto fondamentale per i flussi di import ed export, oltre che per lo sviluppo del territorio. Senza dimenticare l’aumento delle dimensioni dei mercati interni, in paesi nei quali la fascia di popolazione con reddito medio sta crescendo visibilmente e con essa l’aspetto tanto quantitativo quanto qualitativo dei consumi.
Investire privatamente in questo settore, tuttavia, può non essere facile: a questo proposito, il consigliere dell’Ambasciata russa Alessandro Zeziulin ha evidenziato come, nonostante l’apertura all’economia di mercato (vedi la volontà di aderire al WTO), in Russia sia ancora fondamentale l’apporto statale per il finanziamento dei progetti infrastrutturali, poiché caratterizzati ancora da un significativo margine di rischio.

Entrare in un nuovo paese significa anche fare i conti con nuovi o diversi approcci alle questioni economiche. L’avvocato ed esperto di diritto cinese Enrico Toti ha ben illustrato il pragmatismo, la concretezza, ma anche lo sperimentalismo che caratterizzano lo sviluppo economico cinese. Attraverso un approccio pratico, selettivo e graduale nell’implementazione di nuovi progetti si cerca di evitare la dispersione di risorse che intercorre tra la fase teorica e quella pratica, massimizzando la produttività. Questo quadro deve essere ben presente a chiunque voglia investire nel paese, badando innanzitutto a quali sono le opzioni realmente percorribili: le autorità cinesi redigono un apposito catalogo degli investimenti stranieri, nei quali i progetti industriali sono suddivisi in tre categorie: incoraggiati (che godono di una via preferenziale, oltre che di vantaggi fiscali, e tra i quali spiccano quelli relativi alla tutela ambientale, ai nuovi materiali e all’alta tecnologia), permessi (o soggetti a restrizioni) e proibiti.

A chiusura della prima parte della conferenza, il presidente dell’IsAG e direttore di GEOPOLITICA Tiberio Graziani, al cui intervento hanno fatto più volte riferimento gli altri relatori, ha delineato il ruolo dei BRICS nel nuovo contesto globale. Questo aggregato geoeconomico è diventato in breve tempo anche un riferimento geopolitico e geostrategico: come dimostra l’atteggiamento tenuto in seno alle Nazioni Unite nel corso della “Primavera araba”, così come durante le ultime vicende in Siria, questi paesi non tendono più ad allinearsi automaticamente a qualsiasi decisione del versante atlantico. Tale presa di posizione, d’altro canto, riflette l’importanza che questi paesi attribuiscono al principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato: il diritto al libero esercizio della propria sovranità è costantemente riproposto nelle loro dichiarazioni di politica internazionale. Questo gruppo di paesi è l’emblema del passaggio dall’unipolarismo al nuovo assetto globale multipolare; inoltre, propone un nuovo approccio cooperativo, sia politico sia economico, che tende alla tutela delle appartenenze culturali, distaccandosi dall’universalismo delle organizzazioni internazionali attuali. Tale visione condivisa della politica internazionale, che si è andata a sommare alle comuni esigenze in fatto di crescita economica e sviluppo, ha fatto sì che questi paesi costituissero un fattore innovativo nelle relazioni internazionali del presente e del futuro.

La seconda parte della conferenza è stata dedicata ad un approccio pratico alla questione investimenti nei BRICS e alla valutazione di come un’economia quale quella italiana, caratterizzata in maniera preponderante dalla presenza di piccole e medie imprese, possa inserirsi in mercati dalle dimensioni globali.

I settori cruciali sono sicuramente la tecnologia e l’energia. Il primo costituisce uno degli elementi che maggiormente caratterizza la differenza tra le economie sviluppate e quelle in forte espansione: la necessità di restringere il gap tecnologico appare impellente per i BRICS non solo nel campo della tecnologia civile, ma anche in quella militare. Come sottolineato anche dal Generale Francesco Lombardi (che più volte ha richiamato e concordato coi concetti espressi dal direttore Graziani), i BRICS stanno accrescendo la quota di spese militari e sono alla ricerca di partnership strategiche per rimodernare gli armamenti ed investire nel settore spaziale e nucleare. Prendendo a riferimento la Cina, ad esempio, il tasso di PIL investito nel militare è salito al 2,2%, contro una media mondiale del 2,6% (media però fortemente influenzata dalla crescita delle spese militari degli Stati Uniti d’America); sempre Pechino, inoltre, ha investito una somma pari a circa 230 milioni di euro nel progetto Galileo, il cosiddetto “GPS europeo”.

Quello dell’energia, come è facile presumere, è uno dei nuclei attorno al quale girano le questioni più delicate e che maggiormente influenzano i rapporti tra paesi produttori e consumatori. Nel caso dell’Italia, i relatori hanno dibattuto sulla tematica della dipendenza italiana dalle risorse energetiche russe, che si scontra con una tendenza globale all’aumento della domanda di idrocarburi, dovuta soprattutto al fabbisogno delle economie emergenti, e alla rinuncia all’opzione nucleare da parte di paesi come Italia, Germania e Giappone.

In questo scenario, approfonditamente esposto dall’esperto in sicurezza energetica Angelantonio Rosato, si possono delineare due direttrici che, partendo dal nucleo russo, si dirigono rispettivamente ad Ovest e ad Est. La prima si può identificare con la storica e ramificata rete di pipelines che convogliano gas e petrolio russi verso l’Europa: accanto all’asse Russia-Germania rappresentato da Nord Stream, è in fase ancora poco più che progettuale la costituzione di un asse Russia-Italia, il cosiddetto South Stream, volto a rendere vano il piano Nabucco, ossia la pipeline che pretenderebbe di portare le risorse centroasiatiche in Europa scavalcando i territori russi. La direttrice Russia-Europa è quella più strutturata, per ragioni tanto storiche quanto geopolitiche.

Il pubblico in salaLa seconda direttrice, invece, risponde al cambiamento geoeconomico degli ultimi decenni e pertanto il suo livello di implementazione è molto più basso. La Russia infatti, destina verso la Cina quantità ancora relativamente basse di idrocarburi: l’unica pipeline presente è quella Siberia-Manciuria, prima della quale le consegne erano addirittura effettuate via terra. Anche il progetto di costruzione di un gasdotto che va dalla Siberia Orientale allo Xinjiang si trova in una fase di stallo, in quanto Mosca e Pechino nutrono reciproche perplessità in merito: da parte russa, quella di favorire troppo la crescita di un paese concorrente nella regione, mentre da parte cinese quella di diventare eccessivamente dipendente dalle risorse russe. Non è un caso, infatti, che la Cina stia adottando una strategia diversa per assicurarsi l’approvvigionamento energetico, ossia quello di investire direttamente nella costruzione di infrastrutture per l’estrazione delle risorse nei territori che le possiedono, controllando cioè direttamente la fonte, come fa ad esempio in Asia Centrale.

Per l’Italia le opportunità di investimento sono molteplici, ma la realtà mostra che gli imprenditori si trovano spesso dinanzi ad ostacoli che possono, se non impedire, quantomeno disincentivare le loro iniziative di internazionalizzazione. Come esposto dalla dott.ssa Cristiana Pagni e dall’avvocato Armando Ambrosio, le circostanze che più di frequente si frappongono ad una proficua internazionalizzazione delle imprese e all’incremento delle partnership con le realtà presenti nelle nuove economie emergenti sono da ricondurre a problemi di natura finanziario-burocratica e giuridica.

Per quanto concerne i primi, le piccole e medie imprese nostrane (che costituiscono il 95% del tessuto industriale italiano), pur essendo flessibili, reattive e tecnologicamente avanzate, soffrono di una tendenza alla frammentazione e alla sottocapitalizzazione e hanno difficoltà di accesso al credito. Quest’ultimo, infatti, nel Bel Paese è maggiormente orientato verso settori più stabili, come il mattone, a scapito del finanziamento di idee e progetti innovativi. Sarebbe invece utile creare delle linee di credito agevolate per la creazione di joint ventures con paesi come appunto i BRICS, che stimolerebbero l’attività produttiva, la formazione e l’impiego.

Riguardo al secondo ordine di problemi, operare all’estero significa anche conoscerne i diversi ordinamenti giuridici e potersi affidare a consulenti legali che conoscano approfonditamente le leggi del paese nel quale si va ad operare, per poter stipulare contratti e accordi economici che siano soddisfacenti per ambo le parti. Da questo punto di vista, la difficoltà risiede anche nella relativa conoscenza che al momento abbiamo degli ordinamenti giuridici dei BRICS, spesso profondamente diversi dal nostro. Tuttavia, l’impegno verso una maggiore comprensione delle realtà estere appare ormai inevitabile e necessario, posto che i luoghi verso i quali si delocalizzavano le imprese stanno diventando ormai mercati in cui il consumo sta crescendo a ritmi serrati e raggiungerli diventa un imperativo, anche come via di fuga dalla crisi economica che attanaglia l’Occidente.

Un’ultima interessante chiave di lettura è stata offerta dal dott. Stefano Felician, il quale ha voluto spostare ancora più in avanti nel tempo l’analisi degli assetti geoeconomici del futuro, per tentare di delineare quali saranno i paesi che assumeranno il ruolo che ora è dei BRICS. Molti analisti hanno definito questo nuovo gruppo di paesi CIVETS, acronimo che serve ad identificare Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica (ma non si escludono altri paesi, come ad esempio le Filippine), destinati a diventare emergenti global players: accomunati dalla bassa età media della popolazione, dal basso costo del lavoro, da mercati in crescita e dall’innalzamento del livello medio di istruzione, questi paesi sembrano essere, a medio/lungo termine, i nuovi centri di attrazione di capitali e investimenti.

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