Eugeny Morozov, emerito docente della Geogetown University, dalla prima pagina del Sole 24 Ore (solo edizione cartacea, e anche questo la dice lunga sullla politica del doppio binario dei media) ci informa che Internet ha fallito e siamo stati catturati da una rete di luoghi comuni. Sta di fatto che da quando abbiamo aperto questo blog, i giornali non parlano d’altro. No, non del nostro blog, ma della blogsfera e di Internet. E c’è da capirli: continuiamo a ripeterlo, 4 milioni di lettori di quotidiani a pagamento in Italia, 16 milioni di iscritti a Facebook….
Ora, l’intemerata pubblicata dal Sole (una colonna in Prima, una pagina a giro: si fa veramente fatica ad arrivare in fondo) dice alcune cose anche condivisibili. Nella fattispecie: Internet non fa necessariamente il bene di tutti, Twitter non sa far tremare i dittatori, la trasparenza el web non impone responsabilità a chi è al potere, la partecipazione alla rete non significa più impegno civico, e non è vero che la rete ha cancellato le differenze fra nazioni. Nient’altro? Possiamo permetterci di aggiungere che Internet non fa neanche guarire dal cancro e i Social Network non fanno dimagrire?
Ma chi cavolo ha mai detto che Internet deve o semplicemente può fare queste cose? Forse giusto qualche cretino su Internet, dove (grazie a Dio) si può dire tutto e il contrario di tutto.
La critica sembra, girato al contrario, il vecchio metodo di difesa usato dalla mafia. Se qualcuno è chiaramente colpevole di un delitto, tu appiccicagliene altri 10 di cui è chiaramente innocente, magari assurdi, così alla fine viene assoto da tutte le accuse. Cioé se Tano ha ucciso a Gasparuzzo, tu dì che ha ucciso anche a Cristo Gesù e a Cesare Giulio, che lì cià l’alibi.
E’ chiaro che la rete non ha nulla di salvifico, non è un metodo per dare lavoro ai giovani e democrazia ai cinesi in quattro e quattr’otto e, bidibi bodibi bù. Ma già il fatto che i cinesi vogliano metterle un bavaglio dovrebbe far insospettire sul fatto che non è proprio senza effetti…
Twitter non farà tremare i dittatori ma gli Haiku, le brevissime poesie giapponesi dalle quali Twitter trae esistenza, sono uno degli strumenti di opposizione al potere più collaudati e utilizzati nella storia. Anche in Italia si usava qualcosa del genere, si chiamavano slogan e li urlava la gente non troppo filogovernativa nelle manifestazioni. Il fatto di scriverli in rete, adesso, non sarà la fine del mondo ma è già un bel passo avanti, piuttosto che scendere in strada a disturbare il traffico e a prendere le manganellate…
Piuttosto fa impazzire che ci sia bisogno di importare barriti da brontosauri stranieri, con tutti quelli che ci sono qui per le strade a fare fracasso. E che continuano a fare confusione tra progresso e idee sbagliate di modernità, a pensare che i Beatles e la rivoluzione comunista fossero la stessa cosa, che l’omosessualità sia una brutta malattia, che la colpa sia tutta dei sindacati, che le donne e quelli con la pelle scura valgano un po’ meno e che ci sia qualcuno un po’ più uguale degli altri fra tutti gli animali della fattoria (grazie, George Orwell).