Brown Ribbon: Respect - just a little bit ...

Creato il 11 dicembre 2012 da Rightrugby

Brown Ribbon, il nastrino di una campagna contro l'ipocrisia "Politically Correct", è la rubrica di RightRugby per le polemiche controcorrente. Una rubrica che rischia consapevolmente tackle un po' alti e prese di posizione brutali ed equivoche come quella di Bakkies Botha su Jimmy Cowan qui sopra. Sulla scorta di uno dei nostri motti: "If you can't take a punch, you should play table tennis".
Brown Ribbon - bentornato! - stavolta se la prende con uno dei simboli più intoccabili del rugby mondiale: la HAKA. Ma è solo un pretesto per affastellare magari in modo un po' obliquo, diverse altre questioni correlate al rispetto. Alcune delle quali molto vicine a noi.
Iniziamo da molto distante: lo spunto ce lo fornisce una dichiarazione fresca di Eddie Jones, ex coach dei Wallabies poi assistente di Jake White ai mondiali dai suoi Springboks vinti nel 2007 e oggi allenatore del nuovo corso del Giappone, realtà alle prese con una lunga e seria preparazione dei Mondiali 2019 in casa. Jones se la prende con Manu Tuilagi che s'è permesso di irridere gli All Blacks, passeggiando ostentatamente mentre entrava nella loro area di meta nel corso della clamorosa recente vittoria inglese a Twickenham.
Il coach mezzo australiano mezzo giapponese, tra analisi interessanti sull'indicatore "numero di caps" (in sintesi l'Inghilterra allinea circa 250 caps complessivi, necessita a suo avviso di aggiungerne altri 300 per esser più consistente), alza il ditino "educativo" e afferma che "certi atteggiamenti disrespectful and arrogant come quello di Tuilagi (...) non fanno bene al rugby".
Va riconosciuto che Jones ha ragione sul piano formale: innanzitutto Manu è un istintivo - ricorderete il pugno in faccia ad Ashton la scorsa stagione - e quella ostentata passeggiata, peraltro seguita da dita sulla fronte a mo' di elle di Loser (più o meno l'equivalente di latine corna per un anglosassone), aveva intento fin quasi naif da quanto palese era. Appunto: so' ragazzi e allora verrebbe da chiedere al maestrino Jones, chi ha cominciato per primo?
Avete capito dove voglio arrivare: a quella Kapa O' Pango col gesto del taglio di gola che eccita le menti meno sofisticate.
 


Sotto questo profilo c'è da apprezzare molto che la critica non arrivi da un neozelandese: "e loro, muti" come direbbe quel comico. Ci mancherebbe: il commitment, il pubblico impegno sfidante, la Kapa al posto della storica Ka Mate perché sentita più "loro" ma anche molto più volgarmente intimidatoria con quei tagli di gola e pelvi in su (per non dire del gesto dell'ombrello, ma quello lo vediamo solo noi italiani), riservati solo a certuni avversari e non a certaltri. E tutto questo costituirebbe una "forma di particolare riguardo", no kidding! (a parte poi la fola che se la fanno non perdono: a conti fatti, vien da pensare che la Kapa eseguita fuori casa quasi quasi porti sfiga!)
Diciamolo: chi semina vento sa che prima o poi è destinato a raccogliere tempesta. I Kiwi non sono sprovveduti, già sanno: dall'alto del loro 88% di rateo vincente nel Nuovo Millennio, per una che potrebbe venire irrisa hanno altre nove Haka che resteranno "impunite" e quindi gli conviene star muti per preservare il giocattolo dalle polemiche. Frutta molto a livello di marketing, anche se al proposito, sarà meglio che inizino a trovare un equilibrio tra Test Match e kermesse (Haka inclusa), prima di ridursi a degli Harleem Globetrotters. Forse sarebbe vero rispetto NON andar più all'Olimpico e al Murrayfield a far distratte Ka Mate, oppure sfidarne solo una tra Galles e Inghilterra. It's up to them: la Nuova Zelanda fa pur sempre parte del Pianeta e i suoi abitanti son pur sempre "umani". La batosta epocale rimediata a Twickenham non li trasforma certo in "Loser" ma sicuramente gli farà gran bene, a loro e al rugby tutto, reso ipso facto sport più "contendibile".
Qui nell'oasi dove i moralismi sono banditi e dove la Haka, dopo averne viste suppergiù un centinaio, come si dice a Roma un po' ci ha pisciato, ci piace ricordare ai Jones in circolazione che questo è uno sport di combattimento intriso di dolore, in cui è cosa buona e giusta che a chi ha fiato per aggiungere pure la sfida corrisponda, se si può, ulteriore dolore. Per la meta subita e la sconfitta ma non solo.
Ai miei tempi (e non son poi tanto vecchio), se uno faceva il cazzone prima o poi trovava, come dire, "pan per i suoi denti" sotto qualche ruck; faccende auto-regolate tra i fioi a mo' di panno sporco lavato in casa, lezione gratuita per il futuro. Al limite in spogliatoio era il tuo capitano stesso a dirti di non farlo più. Funzionava, con buona pace di quelli che no stamping contro l'intimidazione e il bullismo.
Se nel corso di una Haka guidata da un nativo di Niue (macché "Maori"!), un samoano (macché "Maori"!) con le treccine guarda negli occhi un altro samoano (macché "inglese"!) che porta il suo stesso  numero di maglia mentre fa il gesto del taglio di gola, beh la Elle in fronte se l'è chiamata, alla terza meta diretta o indiretta, superando proprio quello con le treccine nell'ultimo placcaggio rotto!
Fa parte dello spettacolo pure quello e alla fine so'ragazzi: ognuno con la sua sensibilità, magari eccessiva, magari che meriti "una regolata" in campo o in spogliatoio come sopra detto.
Che è 'sta ansia di portar tutto in piazza, di regolar tutto "politicamente" e "correttamente" dall'esterno, alzando il ditino? Va ben che viviamo in epoca ipocrita ma dateci tregua, almeno nel rugby. Il rischio è che uno ci prenda gusto, come Ashton con le sue criticate mete volanti.
D'altro canto, noi capiamo tutti (ma non giustifichiamo nessuno), anche il Jones, cognome gallese e occhi un po' a mandorla. Il quale si preoccupa del rispetto - "it's what Rugby Union is all about" - in quanto proviene dal Paese dove rugby anzi  "football" con buona pace dell'immigrato Del Piero è sinonimo di XIII, quel League dove i comportamenti di alcuni protagonisti in quanto a mancanza di rispetto e arroganza (per fortuna non come simulazioni di fallo) sono oltre il livello del soccer in Europa: ricordiamo distintamente un giocatore che mentre spicca il volo per atterrare in meta, con una mano tiene l'ovale e solleva l'altra col dito medio in evidenza ....
Per trovare una declinazione di "rispetto" per Jones che forse è debole nel concetto di "reciprocità", casca a fagiuolo la questione vicina a noi: Castrogiovanni- Franco Smith post Leicester Tigers- Benetton Treviso.
Certe decisioni che prendono allenatori sono anti rugby , peggio quando hai giocato rugby prima, e fa più schifo quando c’è il tuo capitano”, ha tuonato (si fa per dire: al massimo ha digitato) su twitter il Castro nazionale a fine partita. Ce l'aveva con la decisione nei secondi finali del primo tempo, quando il coach della Benetton ha cambiato tutta la prima linea e capitan Pavanello.
Dico in tutta sincerità: ero convinto di aver colto il senso di quella mossa mentre seguivo la partita. C'era una mischia guadagnata ai 5mt. quindi opportunità di prendersi dei punti inserendo i titolari freschi  - opportunità poi sfumata per decisione arbitrale allucinante. A maggior ragione ho apprezzato la decisione certamente tosta di Smith nel proseguo, quando una Benetton resa pimpante anche in virtù di un riguadagnato controllo di touch e mischia, ha messo alle corde i Tigers e gli ha inflitto un passivo da paura di 7- 18 nel tempo finale, e se non c'era qualche aiutino di Clancy chissà come andava a finire.
Dopo aver letto quel twitter, mi son venuti dei dubbi: in effetti Smith è un coach un po' così, con rapporti un po' così coi giocatori ... a volte disrespectful , certo buttar fuori tutta una prima linea così sa un po' di bocciatura ...
La pacata risposta di Smith arriva a stretto giro di posta, parla in sostanza di mosse tattiche pre concordate, rimettendo al suo posto l'invadente pilone avversario, un po' nervosuccio in gara e fuori: in fondo, la primaria forma di rispetto è farsi i fatti propri o, come si dice a Milano, "offellee fa el to mesté" (pasticciere limitati a fare il tuo mestiere).
A posto così? No: da impertinenti irrispettosi quali siamo e ci vantiamo di essere, sosteniamo che Smith avrebbe avuto ragione anche se non fossero state sostituzioni prestabilite o, come son convinto, se siano state anticipate rispetto a quanto concordato. Il  rugby, cari Jones e Castro., è patica che evidenzia come "rispetto" e "disciplina" siano due facce della medesima medaglia.
Non piace sentirsi "soldati", "risorsa" in mano a un generale su in cabina comando, che ne dispone secondo il vantaggio generale in spregio a immagine e salute del singolo? Beh, l'allenatore-generale quasi sempre paga prima e sovente al posto di tutti, se le sue decisioni si rivelano non efficaci. O si auspica l'insulto alla panchina quando "il Professionista" vien rimpiazzato, come fanno certi calciatori magari coll'orlo del piumino sulla bocca per mascherare il labiale? Perché questo sta dicendo con quel twitter. Perdoniamo Castro., in fondo è un argentino.  "Se sono brusco con voi è perché il tempo è importante", diceva Winston Wolf  il risolvi-problemi in Pulp Fiction: se un allenatore non è lì per risolvere problemi, allora che ci sta a fare? Astenersi iper sensibili. O darsi al ping pong.

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