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Bruce springsteen high hopes

Creato il 06 gennaio 2014 da Maurozambellini
BRUCE SPRINGSTEEN           HIGH HOPES
   Grandi speranze sfumate dopo un solo ascolto, questo per il sottoscritto è High Hopes, diciottesimo album di Bruce Springsteen. Sedotto dallo stile chitarristico di Tom Morello, ex Rage Against The Machine,  unitosi alla E Street Band nel marzo del 2013 durante il tour australiano di Wrecking Ball,  dove ha sostituito Steve Van Zandt,  Morello è diventato come afferma Bruce "la mia fonte di ispirazione che ha dato una forte spinta a quelle canzoni che già avevo scritto, riportandole all'oggi. E' uno dei pochi chitarristi che crea un mondo da sé stesso. E' come The Edge o Pete Townshend o Johnny Marr. La E Street Band è una grande casa, ma quando Tom è sul palco costruisce un'altra stanza". Morello non è nuovo alle collaborazioni con Springsteen, già nel 2008 aveva partecipato ad una versione live di The Ghost of Tom Joad ad Anaheim in California e la sua chitarra rabbiosa aveva trasfigurato il celebre brano con una furia elettrica metal-grunge. In High Hopes Tom Morello non è  una comparsa ma è presente in otto tracce su dodici e oltre a suonare la chitarra, duetta con Bruce in The Ghost of Tom Joad,  il cui arrangiamento si discosta di poco dal precedente episodio di Anaheim, poi finito in un singolo del 2010 in occasione del Record Store Day. La presenza di Morello nella registrazione del disco è decisiva e caratterizza il sound di High Hopes a cominciare proprio dalla canzone titolo, il suo stile "spaziale",  assoli che si protraggono in lunghezza ed altezza, urli che si levano in cielo doloranti e stridenti, creano una enfasi sonora che sa di moderno mainstream, un boombasticsound in contrasto con quel rock n'roll ai confini del soul e del r&b che ci si aspetta da Springsteen e che nei suoi dischi in studio, purtroppo ormai, è divenuto una chimera. La scelta di ricorrere a Tom Morello per "rinfrescare" il sound si accompagna alla produzione di Ron Aniello (diverse tracce hanno ancora la produzione di Brendan O'Brien) e alla volontà dell'autore di registrare un disco "anomalo", probabilmente per inseguire il pubblico delle classifiche pop e una nuova fascia di pubblico più giovane. Ciò spiega i cambiamenti sonori in atto. Pensate, invece, come potrebbero suonare le canzoni di Springsteen prodotte dal Rick Rubin di Johnny Cash o dal T-Bone Burnett di John Mellencamp, ma questi sono sogni. A contrario di Neil Young, Tom Petty, Dylan e qualche altro, a Bruce oggi non interessa rimanere fedele al sound con cui è diventato grande e riconoscibile, vuole cambiare, rinnovarsi, un atteggiamento già sperimentato in passato, quando con Tunnel of Love  "strappò" rispetto ai dischi precedenti con la E-Street Band, ma là c'erano grandi canzoni ancora oggi memorabili (provate a riascoltarvi Tougher Then Rest , Walk Like a Man, Valentine's Day). Così High Hopes  rimbomba come una pioggia atomica e pare la completa dilapidazione di quello che fu il thunder road della E Street Band. Molti si sono affrettati a dire che High Hopes è un disco di rock dal suono moderno, sarà, io non sono d'accordo, almeno che per rock non si intenda quel rumore mainstream molto amplificato che accomuna molte produzioni attuali, dagli U2 ai bolsi Pearl Jam degli ultimi due dischi. L' aver affidato il timone della band a Tom Morello, come negli anni recenti aver insistito col produttore Brendan O'Brien, dimostra come in sala di registrazione Springsteen sia alla mercé del "mago" di turno.  Naturalmente  High Hopes  ha anche le canzoni e non solo il sound ma anche qui, ahimè, sorgono altre perplessità, un album costruito con tre cover (High Hopes, Dream Baby Dream, Just Like Fire Would), due out-takes di The Rising ( Harry's Place, Down In The Hole), due canzoni note e sfruttate (American Skin e The Ghost of Tom Joad) più cinque brani nuovi, pare proprio una anomalia.  Come ormai è noto a tutto il mondo, High Hopes è una bella canzone dal tiro roots che gli Havalinas, scapestrato trio di Los Angeles capitanato da Tim Scott McDonnell inclusero nel loro unico album del 1990 prodotto da Don Gehman. Springsteen la rintracciò negli oscuri archivi del rock n'roll e con tanti applausi da parte dei fans più smaliziati, la rimise in circolo al tempo di Blood Brothers  offrendone una buona e scalpitante versione, rispettosa dell'originale. Adesso High Hopes non è più la stessa, ha cambiato i connotati, è  un bombardamento di batteria e chitarre metal con trombe e feedback che azzera quello che era il suo fascino originario in favore di un sound che sa di anni ottanta.  American Skin (41 Shots), diciamoci la verità non è mai stato un pezzo memorabile a parte la sua denuncia contro la violenza ed intolleranza poliziesca, è stata "arricchita" di un arrangiamento elettronico e di tastiere, conun crescendo poderoso che sfocia nell'esplosione finale di Morello, tutto muscoli e poco cuore. The Ghost of Tom Joad dopo l'inizio morriconiano con il violino, è stata messa a bagno nel cromo-vanadio,  Furore di Steinbeck è finito nel furore chitarristico di Morello, l'antica e nobile chitarra acustica pizzicata alla Woody Gutrhrie sfigurata da una bruta mitragliata elettrica, come dire la forza più che la ragione. D'accordo ingigantirla coi i watt in concerto ma che senso ha riproporla così su disco, considerato il fatto che in questa versione è già stata pubblicata.Dream Baby Dream si salva non fosse altro perché tra rumori di ferraglia si scorge l' harmonium dei Suicide e la voce grave di Bruce intona un pathos solenne e grandioso  a cui è difficile resistere.  La versione scarna e ascetica del Devils and Dust Tour era comunque altra cosa.
Springsteen giustifica la ripresa di queste canzoni affermando che "questi sono tra i pezzi migliori scritti da lui e meritavano una registrazione con tutti i crismi ", i tempi sono cambiati da quando impiegava quattro o cinque anni prima di far uscire un nuovo album, adesso non passa anno che non ne sforni uno, riadattando canzoni note e assemblandole con qualcosa di nuovo così da mettere frettolosamente insieme un album con l' intento di motivare un nuovo tour. Quando lavora duro Springsteen dà il meglio di sé, così è nei concerti, così era nei dischi che lo hanno reso leggenda, non ha la stoffa del genio alla Bob Dylan ma lo spirito di un working class hero che arriva con un duro, sisetmatico e pignolo lavoro a grandi risultati. Se Wrecking  Ball era un disco riuscito, il suo miglior lavoro da The Rising ( a parte le Seeger Session) High Hopes non pare altrettanto anche se la classe non svanisce di colpo e ci sono canzoni che alla lunga potrebbero crescere, e sono le canzoni in cui Morello è in disparte o assente. Just Like Fire Would, per esempio,  dove il chitarrista è un po' più defilato, Frankie Fell In Love,  This Is Your Sword  e The Wall. La prima è una canzone dei Saints, gruppo australiano della prima ondata punk, che Springsteen rifà secondo le dinamiche di un teso rock da strada, con i fiati in stile Southside Johnny and The Asbury Jukes e col controcanto di Little Steven. Una ventata di vecchio Jersey sound, finalmente. Frankie Fell In Love , ispirata dai ricordi di quando Bruce e Steve bighellonavano nel loro appartamento di Asbury Park, ha l'energia del classico Springsteen sound e, nel testo, un surreale dialogo tra Shakespeare ed Einstein davanti ad una birra, con lo scienziato che scrive numeri sul tovagliolo mentre il poeta suggerisce  che tutto ha avuto inizio con un bacio. This Is Your Sword  cita riferimenti biblici ed occhieggia alle'atmosfere celtic-roots di Wrecking Ball , The Wall, come dice l'autore, è stata scritta dopo aver visitato con la moglie Patti Scialfa il Vietnam Veterans Memorial a Washington, sebbene il titolo e l'idea siano in verità dell'amico Joe Grushecky.  Si ispira ai ricordi di Walter Cichon, uno dei primi  rockers del Jersey Shore degli anni sessanta, leader dei Motifs, una band ammirata da Bruce per la loro carica sexy e ribelle, crudi ma sempre un passo avanti agli altri, cool ma sempre accessibili, "con loro si poteva parlare di musica e non solo adorarli come gli eroi che tutti avrebbero voluto essere. " "In sua presenza percepivo per la prima volta quell'aura di mistero della vera rockstar". Walter Cichon risultò disperso durante le operazioni in Vietnam nel marzo 1968 e fu una terribile perdita per gli amici del Jersey Shore ma, come scrive lo stesso Springsteen nelle note "in qualche modo nella mia mente si esibisce ancora regolarmente,  con quel suo modo di vestire, di stare sul palco, di tenere il tamburello, quel suo modo libero e rilassato, quel suo  temere e amare, quel suo andare contro tutto ma con la consapevolezza che comunque, alla fine, ce la farai. ". Quando dietro ad una canzone c'è una storia, la canzone funziona e così è per The Wall , lirica, commovente, evocativa, una ballata sottolineata dal pianoforte e da una malinconica fisarmonica. Anche Hunter of Invisible Game  è una ballad melodrammatica che rispecchia la vena intimista di Springsteen. Fosse stato tutto così High  Hopes ci saremmo accontentati ed invece Harry's Place, moderna storia di un gangster che tira le fila delle vite altrui, è piena di riverberi, echi, trucchi, suono pompato e pomposo,  Down in The Hole, voce filtrata e metallica è costruita sul ritmo di I'm on fire  e pare una brutta copia con un po' di elettronica in più, Heaven's Wall testo biblico ed una marea di raise your hands, batteria metronomica e wah wah da gruppo metal, è un falso gospel che scompare al confronto di Land of Hopes and Dreams e della stessa innovativa Shakey Ground.
Nessuno qui vuole mettere in discussione un personaggio ed un artista che ci ha dato tanto coi dischi e i concerti, uno dei pochi "casi" artistici dove musica e vita personale si sono spesso abbracciate con coerenza e franchezza  ma  dietro ad una copertina che ricorda un disco di Elvis Presley c'è più enfasi che rock, più calcolo che cuore, e allora a qualcuno è venuta la voglia di zittire per un attimo le ovazioni da stadio e chiedere di nuovo un disco di credibile rock n' roll senza trucchi e silicone,  perché uno Springsteen che insegue " il gusto delle masse" è cosa che non appartiene alla sua (e nostra) storia.
MAURO ZAMBELLINI  


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