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USA, colore, 88 minuti Regia: Jonathan Mostow Sceneggiatura: Michael Ferris, John D. Brancato
Può sembrare scelta poco opportuna, in fondo per festeggiare il compleanno di uno dei più carismatici eroi di film action potevo pescare qualcosa di assai più rappresentativo di una filmografia piuttosto consistente, ma se nel dovuto respect al più duro di Hollywood si può anche sconsigliare un passo falso tra gli ultimi (tanti) compiuti, lo faccio soprattutto nell’inchino ossequioso verso un passato folgorante che purtroppo tale sembra rimanere, perché nonostante la capacità di reinventarsi tra commedie, camei citazionismi e divertiti e film di gran spessore (Il sesto senso, Moonrise Kingdom), è probabilmente dal lontano 2000, per quanto ogni tanto spunti fuori l’ennesimo, ahimè superfluo Die Hard, che a mr. Willis manca veramente quell’opera in cui, da fottuto protagonista, possa fare il culo ai cattivi come solo lui sa fare.
Prendiamo questo stanco Surrogates, già inutile a partire dall’italianizzazione del titolo, che sfrutta l’idea originale della graphic novel omonima per uno scenario sofisticato e inusuale, dove l’intera umanità preferisce trascorrere la vita nei panni di cloni/surrogati giovani e belli che la vivono al posto loro, tuttavia gestito solo come la piattezza yankee sa fare, ovvero spogliandolo di ogni profondità non per forza filosofica ma anche solo di un minimo di lavoro psico/sociologico che sia in grado di creare quella tridimensionalità necessaria a rendere credibile e vivo lo spunto di partenza. Michael Ferris e John D. Brancato, da sempre scialacquati sceneggiatori privi di alcuna grazia narrativa (gli ultimi due Terminator, Paura primordiale, diobono persino Catwoman) imbastiscono una qualunquissima storia di sciatti omicidi presto risolti con altrettanta superficialità investigativa, evitando di dare personalità ai personaggi, evitando di scendere nei dettagli, evitando di dare mordente a quella che è in fondo una pellicola estremamente breve (poco più di 80 minuti), e che nemmeno il (poco) mestiere di Mostow sa riequilibrare, limitandosi a un compitino semplice semplice, rapido e poco impegnativo come lo dimostrano anche le varie sequenze di inseguimento, spicce e di nessuna sostanza.
In questa pozzanghera di idee, Bruce Willis si distingue più che altro perché porta due diverse acconciature, un’elegante riga in parte che lo fa stranamente assomigliare a Benedict Cumbebatch biondo e una pelata sporca e sudicia su di un pizzetto sfatto e grigio, unici elementi bene o male interessanti del film – per il resto infatti piagnucola con la moglie che non gliela dà più e fa troppo poco a pugni per essere veramente un duro anche se si ritrova a essere l’unico essere umano che vive e combatte contro l’intera umanità di surrogati (e parlo letteralmente). Del macho di una volta, di quella sua forza schietta e genuina, di quella sua ironia acida e disfattista, rimane oggi poco...
Il mondo dei replicanti non è per forza un film brutto, è semplicemente un’opera talmente media da essere inutile, e dispiace dire che la carriera di Bruce Willis, un tempo John McClane, Joe Hallenbeck, Butch Coolidge, James Cole e Korben Dallas, sia da tempo incanalata nello stesso tunnel della mediocrità dal quale si spera riesca a uscire il prima possibile, per vederlo lottare di nuovo, e da solo, contro interi eserciti criminali armato soltanto della sua canotta sporca.
E gli altri che festeggiano mr. Bruce? Eccoli:
Affari Nostri Aloha Los Pescadores Cipolla Pensierosa Combinazione Casuale Ho Voglia di Cinema Il Bollalmanacco del Cinema Il Cinema Spiccio In Central Perk La Fabbrica dei Sogni Le Maratone di un Bradipo Cinefilo Life Functions Terminated Movies Maniac Pensieri Cannibali TriccoTraccoFobia Viaggiando (meno) WhiteRussian
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