BRUCIA ALL'INFERNO ( terza parte)

Da Teoderica


Dante e Virgilio sono deposti dal gigante Anteo nel nono cerchio, sulla distesa ghiacciata del fiume Cocito, nella quale sono conficcati i traditori lividi e tremanti per il freddo.  Qui Dante incontra un altro romagnolo: Tebaldello Zambrasi, il quale tradì Faenza , la sua città per consegnarla in mano ai bolognesi.
Altro interessante traditore dell'ospite, misfatto ancora più grave, è Alberigo Manfredi, dell'ordine laico dei frati godenti, era un personaggio assai in vista a Faenza nell'ultimo scorcio del XIII secolo. Ed un suo gesto scellerato l'aveva reso famoso ben oltre le mura cittadine, tanto che Dante non sente nemmeno il bisogno di raccontare l'episodio. 
Sembra che Frate Alberico, in una grave disputa sorta per ragione d'interessi, ebbe uno schiaffo da Alberghetto, figlio di Manfredo Manfredi suoi congiunti. Per l'onta ricevuta, Alberico concepì un odio mortale contro  i  suoi  parentii, e covando in cuore la vendetta sotto mentite apparenze di perdono e di pace, invitò il 2 maggio del 1285 Manfredo ed Alberghetto ad un sontuoso pranzo.  Sul finire del convito, quando frate Alberico pronunziò ad alta voce l'ordine "vengan le frutta", come a segno convenuto, Ugolino suo figlio, Francesco Manfredi, un altro cugino , Surruccio da Petrella, ed altri sei sicari, si lanciarono coi pugnali levati sui due miseri ospiti, e barbaramente li trucidarono.
 La lista dei romagnoli all'inferno continua.
Dante colloca, l'Ulisse romagnolo: Guido da Montefeltro tra i consiglieri fraudolenti della VIII Bolgia dell'VIII Cerchio dell'Inferno, presentandolo nel Canto XXVII. È Guido a rivolgersi a Virgilio dopo che questi ha congedato Ulisse parlando italiano, per cui il dannato lo prega di dirgli qual è la condizione politica della sua terra, la Romagna. Virgilio invita Dante a rispondere e il poeta spiega che le varie città romagnole sono dominate da altrettanti tiranni e nessuna di queste è attualmente in guerra. Poi Dante prega il dannato di presentarsi e Guido, credendo di parlare a un altro dannato, svela la sua identità raccontando la sua storia: in vita fu abilissimo condottiero e astuto politico, poi si pentì della sua condotta e si fece francescano. Papa Bonifacio VIII, in lotta coi Colonna, gli chiese un consiglio su come espugnare la rocca di Palestrina, promettendogli l'assoluzione in anticipo. Pur titubante, Guido gli aveva consigliato di promettere il perdono ai nemici e di non mantenerlo, cosa che aveva permesso al papa di radere al suolo Palestrina.
Dopo la sua morte la sua anima era stata contesa da san Francesco e un diavolo, e quest'ultimo aveva avuto la meglio sostenendo la sua colpevolezza con sottili argomenti teologici.
Portato davanti a Minosse, il mostro si era morso la coda destinandolo alla VIII Bolgia.
immagine di Teoderica


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