Lo scandalo del fuoco divoratore di corpi innocenti, colpevoli di povertà, di mancanza di lavoro, di impossibilità a vivere una vita degna, continua. Non sono isolati, disperati gesti di protesta. Lo scandalo appartiene a tutti noi: quelli che siamo divorati dalla crisi, foglie secche che il vento gelido dell’economia spazza dall’albero, destinate a marcire al suolo. Oppure paglia d’innesco dei roghi, se invece della pioggia farà tanto caldo che non ci sarà più luogo per ripararci dal sole cocente, se non saremo più padroni delle nostre ombre perché non ci saranno più ombre. Solo roghi. Angelus Novus e Deus Niger rappresentano una moltitudine. Siamo noi che bruciamo. Costituzionalmente: questo è lo scandalo. Bruciamo garantiti dall’appartenenza a una Repubblica basata sul lavoro. Anche la carta costituzionale è diventata materiale combustibile. Lo scandalo sta nella beffa, nell’inutilità di un patto che dovrebbe essere sacrale e invece consegna ai governanti la Repubblica la facoltà, il potere, di non recedere dal cammino che porta, come tante strade dei secoli più bui, a tante altre piazze dove, desolato spettacolo, ardono roghi. Questo è tempo di caccia alle streghe, brujas. Questo nostro tempo che l’attesa di giorni migliori si è incancrenita nella recessione, nello spread, nella necessità alle soglie della fame. Questa nostro tempo che suona essere estrema beffa la vigilia di domenica delle Palme e poi la Pasqua. Nessuna Pesach, nessun passaggio del Mar Rosso. Non si apriranno le acque. Nessuna fuga dalla schiavitù dell’Egitto. Siatene certi: i governanti questa nostra non Repubblica non basata sul lavoro si salveranno. Mica li travolgerà il gorgo delle acque. Né li brucerà il fuoco.
Featured image, il corpo di Diệm dopo essere stato ucciso dai suoi stessi ufficiali. Durante il suo regime si susseguirono le auto-immolazioni di monaci nel Vietnam del Sud, a cui guardava anche Jan Palach.