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Bruno Brindisi racconta di sé e della Bonelli del futuro

Creato il 12 dicembre 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Bruno Brindisi racconta di sé e della Bonelli del futuro Tex Sergio Bonelli Editore In Evidenza Bruno Brindisi nasce nel 1964 a Salerno dove, tuttora vive e lavora. Tecnicamente autodidatta, non avendo seguito nessun corso ad indirizzo artistico, pubblica i suoi primi lavori nel 1983 sulla rivista autogestita Trumoon. In seguito disegna per le Edizioni Cioè e, poi, nel 1988 inizia “la gavetta” sui pocket della E.P.P., tramite lo studio On Mollo M di Francesco Coniglio, che poi diventerà edizioni ACME dando alla luce una serie di pubblicazioni di non lunga fortuna (Splatter, Mostri, Torpedo). Nel 1989 entra alla , debuttando nel 1990 con l’episodio di Dylan Dog – Il male (n° 51). Da allora all’oggi produce per la Bonelli qualcosa come circa 5000 tavole, la maggior parte per Dylan Dog (ma anche per Nick Raider, Martin Mystère, Tex, Brad Barron, Le Storie…). Nel frattempo realizza tre episodi per la Comic Art (Bit Degeneration), i primi episodi della serie Billiteri (per la Universo) e storie varie (Orazio Brown per RC Design). Nel 1995 esce in U.S.A. sulle pagine della rivista Heavy Metal proprio con Bit Degeneration. Nel 1997 realizza le sigle dello sceneggiato RAI Il conto Montecristo di Ugo Gregoretti. Crea per la DeMas & Partners dei “model sheets” per una serie a cartoni animati (2001). Nel 2002 i “Neri Per Caso” lo vogliono per la copertina e le illustrazioni interne del loro disco. Nello stesso anno esce il suo “Texone” e negli U.S.A. è pubblicata la ristampa di un suo Dylan Dog (Zed) per la Dark Horse. Nel 2005, collabora con Les Humanoides Associés e disegna per il mercato francese le avventure di Novikov. Dopo Galep è lui a realizzare il primo numero di una serie di Tex il ColorTex nel 2011. Tra il 2012 e il 2013 è il copertinista della serie edita in Croazia e della ristampa a colori di Repubblica di Dylan Dog. È in assoluto uno degli autori più premiati, ricevendo costantemente riconoscimenti sin dal lontano 1993. Numerose le sue mostre personali, l’ultima delle quali tenutasi a Capri nel settembre 2013.
L’arte di Brindisi parte da una linea chiara influenzata dai grandi autori del disegno franco-belga e sviluppa un’identità ben precisa e personale, dove l’amore verso autori come Toth evolve in uno stile dalla linea morbida e calda, un chiaroscuro che esalta volumi e atmosfere. Ma è, soprattutto, l’innata capacità di far “recitare” i personaggi che fa di Brindisi un caposcuola, un Maestro della Comic Art, un autore capace di dare in pasto, agli occhi di chi guarda le sue Tavole, emozioni vibranti, coinvolgimento e “presa” incondizionata. Leggere una sua storia è come affacciarsi dentro l’avventura, come proiettare se stessi nelle pagine, negli ambienti, e assistere allo svolgersi della trama da dentro, non già spettatore, ma da personaggio, testimone invisibile della storia stessa.

Bruno Brindisi racconta di sé e della Bonelli del futuro Tex Sergio Bonelli Editore In Evidenza Bruno Brindisi
Sei un autore di punta del panorama fumettistico italiano: alla Sergio Bonelli Editore Dylan Dog è il tuo impegno primario, sei nello staff di Tex, e spesso sei coinvolto in altri lavori, vedi Brad Barron o l’episodio de Le Storie “La rivolta dei Sepoy”. Hhai lavorato con uno dei più importanti editori francesi di libri a fumetti, Les Humanoides Associés; hai disegnato, oltre a quelli di Bonelli, altri personaggi di spicco del fumetto italiano come Diabolik. Immaginavi tutto questo quando, nell’ormai lontano 1989, bussasti alla porta di via buonarroti 38? Traccia un bilancio, sei ancora proteso in avanti, hai ancora stimoli che ti spingono ad andare oltre?
Non lo immaginavo, ma non vuol dire che mi senta arrivato, pensare di aver raggiunto il traguardo rappresenterebbe la fine della corsa. Ho la fortuna di lavorare su personaggi letti da centinaia di migliaia di persone, con i migliori sceneggiatori, con il miglior editore possibile, tutto questo, assieme alla passione che è sempre la stessa da trent’anni, è molto più di uno stimolo, è una missione!

Quale è il segreto che nascondi per non annoiarti nella tua quotidiana routine lavorativa?
Tuffarmi nella storia con adeguato sottofondo musicale. Durante il lavoro ascolto musica, lo faccio sempre, per me è fondamentale, la sento tutto il tempo ed anche a volumi notevoli, se è il caso! Adoro la black music, soprattutto il soul-funky dei primi anni settanta.

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La tua tecnica lavorativa è sempre la stessa? Continui a sperimentare mezzi tecnici per la ricerca di effetti e/o tratti diversi o hai raggiunto il tuo standard ideale?
La tecnica è semplice. Innanzitutto, prima d’iniziare una nuova storia, bisogna preparare tutto il materiale che può servire, cioè studio dei personaggi e documentazione. Procedo quindi con le tavole, facendo un abbozzo su un foglio leggero A3, che poi ripasso a matita su cartoncino con il tavolo luminoso. Poi inchiostro. A volte senza pause, tranne quelle dovute alla ricerca di documentazione. Per disegnare uso fogli Fabriano, micromine 0,5 F e pennarelli Pilot DR 0,8 che smeriglio da un lato per modulare il tratto. Per i neri uso evidenziatori a scalpello caricati a china. Sperimento mio malgrado, perché ogni volta che credo di aver trovato i pennarelli giusti li tolgono dal mercato! E comunque lo standard ideale è lontanissimo dai risultati che riesco a ottenere, non sono mai contento.

Tu sei un autodidatta, ti sei fatto in quattro con gavetta e sudore, oggi spesso ti capita di fare lezioni, incontri con aspiranti disegnatori, pensi che oggi sia più facile diventare un fumettista?
Noi dovevamo arrangiarci con poco, la tecnologia aiuta molto, oggi non ci sono scusanti per l’ignoranza, eppure tanti pretenderebbero di disegnare fumetti senza conoscerli, senza amarli, senza averli mai letti.

Che rapporto hai con le scuole di fumetto, le consideri in modo positivo o negativo rispetto all’entrata nel mondo lavorativo?
Fino a qualche anno fa pensavo che fossero superflue e che creassero illusioni, poi mi sono reso conto che sono utili per la conservazione e l’insegnamento dello stile nostrano contro l’invasione giapponese. Comunque non è obbligatorio frequentarle per entrare nel mercato, anche se aiuta.

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Pianeta Dylan Dog. Tu che sei una colonna della testata, cosa ci puoi dire di più in merito all’annunciata “rivoluzione” del personaggio che è in atto? Soprattutto, cosa ci aspetta veramente da qui a due anni?
Non so nulla di più di quello che si legge in rete e, dunque, che non sia già di dominio pubblico. So solo che a volte troppa aspettativa è pericolosa.

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Come hai accolto questa svolta e come pensi di potervi contribuire?
Sto già contribuendo con il primo episodio del nuovo corso, il pensionamento forzato di Bloch.

Non pensi che la scelta di abbandonare personaggi della saga ormai fissi da anni nelle trame come Bloch possano lasciare perplessi i lettori più affezionati/conservatori?
Una vecchia canzone diceva “se sei brutto ti tirano le pietre, se sei bello ti tirano le pietre”. Però, leggendo sulla rete i pareri dei lettori, quelli che fanno il tifo per il cambiamento mi sembrano in maggioranza.

Ogni epoca ha i suoi figli e in un certo senso Dylan Dog è figlio del suo tempo incarnando lo spirito degli anni 80 quando il fumetto era in crisi nera e i giovani tutti in balia di speranze, sogni e paure che Sclavi ha “sfruttato”. Oggi si riparte ma come si può cambiare pur restando se stessi soprattutto in un contesto in cui i giovani hanno sostituito le speranze col disincanto, i sogni con il cinismo e le paure con la rabbia?
Non lo so!

Come può Dylan Dog intercettare oggi i bisogni dei ragazzi come ha fatto a suo tempo nell’86?
Intanto cerchiamo di tenerci stretti i ragazzi dell’86.

Hai realizzato le copertine della edizione Croata della Libellus e quella della nostrana ristampa a colori di Repubblica, tra le due salta subito all’occhio una differenza d’impostazione e di dinamicità! Ci spieghi il perché e il percome di queste differenze?
Tutto merito di Ive Svorcina, il colorista croato. Io sono sempre lo stesso, ho cercato di fare del mio meglio, ma non sarò mai un illustratore e del resto nasco “artista sequenziale”! Fare fumetti è raccontare, è un discorso; un’illustrazione è un motto, un’aforisma… non me gusta.

A proposito di questa ristampa sembra che ci si fermi al n.50 come programmato al contrario di quanto è successo a suo tempo con Tex e poi con Zagor che sono andati ben oltre la data fissata all’inizio. È un sintomo?
Non è un sintomo, forse sono stati sbagliati i modi e i tempi.

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Hai partecipato insieme a De Nardo alla serie de Le Storie, realizzandone un episodio: “La rivolta dei Sepoy”. Che esperienza è stata e come è andata?
Con Peppe si va sul velluto, dopo tanti anni di collaborazione, ma il fumetto di genere storico non riesco a farmelo piacere, più che essere professionale non posso. Il west fa genere a sé.

Ne farai altre?
Purché NON di genere storico!

Le Storie doveva riportare l’attenzione del lettore su storie dalla “S” maiuscola, ha forse sofferto un po’ troppo dall’inevitabile confronto con la collana “Un uomo un’avventura” e, dopo i primi numeri, sembra essersi leggermente appiattita.
Intanto, vende molto di più della mitica serie degli anni settanta, io ho letto con piacere tutti i numeri, quindi il giudizio è positivo.

Le nuove testate bonelliane da qualche anno non riescono più ad attecchire come un tempo. Per tale ragione, anni addietro si era presa la direzione delle miniserie (che inaugurasti proprio tu, disegnando il primo numero della prima miniserie Brad Barron); successivamente, si è ritornati alla vecchia impostazione della serie che non finisce con Saguaro che però non sembra aver cambiato le cose.
Volendo andare al nocciolo del problema, la realtà è che si va avanti per tentativi, come è sempre stato nella storia del mondo, evoluzione della specie compresa.

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Tex: cosa ha rappresentato per te disegnare le sue avventure e visitare il suo polveroso west e, soprattutto, poi, il restarci disegnando persino il n.1 di una nuova collana Texiana (ColorTex), primo dopo Galep!
Tex è nell’olimpo del fumetto mondiale. Due settimane fa ero ad una mostra in Francia e ho fatto più dediche sui cartonati di Tex che sui libri di Novikov, il mio personaggio “francese”. Io resto un disegnatore di Dylan Dog, ma in qualsiasi momento sono pronto a rispondere alla chiamata del ranger e dei suoi pards. È tonificante.

È prossimol’arrivo in libreria del tuo texone ristampato da NPE (in questa collana di riproposte texiane dopo Buzzelli ci sei tu: una bella soddisfazione!). A distanza di tanti anni dalla prima uscita nel 2002, che certamente ti ha dato una emozione particolare, come vivi questa nuova uscita?
Il mio Texone è uno dei pochi lavori che a distanza di anni non manderei al macero, quello che probabilmente ha anche avuto più ristampe in Italia e nel Mondo. Quindi, grande soddisfazione.

In che cosa si differenzia questa edizione dalle precedenti ristampe?
Questa edizione per la prima volta comprende studi, schizzi ed inediti.

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Dopo la tua esperienza con Les Humanoides Associés non hai avuto altre collaborazioni con il mercato francese: cos’è che non ha funzionato o non funziona?
Per la casa editrice francese Les Humanoides Associés ho realizzato degli albi di ambientazione storica, la Russia del 1700 per la precisione, che hanno per protagonista un poliziotto imperiale di San Pietroburgo, Alexis Novikov, su testi del belga Patrick Weber, albi usciti a partire dal marzo del 2005. Il fatto è che il mio impegno principale rimane Dylan Dog ed è complicato portare avanti il lavoro su due fronti. Per fare le cose per bene bisogna dedicarsi totalmente. In questo momento preferisco dedicarmi all’old boy e difficilmente in futuro cambierò idea.

A proposito di Novikov lo vedremo mai stampato in Italia?
A Lucca RW Linea Chiara ne farà un’edizione integrale, in bianco e nero su mia richiesta, corredata da schizzi ed inediti e con una nuova copertina.

Sei stato molto legato a Sergio Bonelli e lo sei molto anche alla redazione. A due anni dalla sua scomparsa quali sono le differenze che noti nella gestione dell’editrice e come pensi Davide abbia affrontato questo difficilissimo “dopo” Sergio?
Se ti rispondessi che non noto differenze, potrebbe sembrare che considero l’assenza di Sergio ininfluente, ed invece è proprio il contrario. Per me, come per tutti i collaboratori, Sergio è come se fosse ancora lì. E tra l’altro, giorni fa, quando ho ricevuto una telefonata di saluto con lo stesso identico tono, anche se con timbro più giovane, con la stessa leggera timidezza e un affetto che trapela, e con l’unica differenza di un nome, “sono Davide Bonelli”, mi è venuto un brivido e per poco non mi sono commosso.

La macchina produttrice Bonelliana, la “Fabbrica della Fantasia”, come la definisce il nuovo direttore Davide Bonelli è sempre in fermento grazie ad un meccanismo ormai collaudato da anni, ma che cosa ha portato Davide Bonelli come contributo personale, affinchè questo meccanismo non s’inceppasse?
Si fa voler bene!

Ci sono progetti imminenti oltre all’impegno con DD e Tex che ti vedono impegnato nel prossimo futuro?
Sì, cambio casa…

Intervista rilasciata a settembre 2013

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