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Torno dal far due passi ne' Lungarni che sono a quest' ora la via della luce : la luce del tramonto, la quale poi, passate le Cascine, straripa inondando.
Quando son lì da Piazza Santa Trinità, dove in cima alla colonna alta più d'un quarto piano c'è la Giustizia di porfido con quella mantellina verde dietro le spalle che pare appuntata con gli spilli - e à la spada in pugno e tien alte le bilancie pari come se stia lassù per infilzar passerotti e pesar rondini - mi decido a entrar dal Borghi : sarebbe a dire il maestro, o, se ti piace l'antonomasia fresca, il nèstore dei parrucchieri fiorentini.
Egli e il garzone sono occupati intorno, ciascuno, a un avventore; io mi metto a sedere in fondo, a sinistra, su una poltrona girabile. C'è la luce elettrica accesa, in fondo, mentre le vetrine son lambite dall'ultima strisciata del giorno che dai Lungarni arriva fin lì.
Di faccia, uno specchio; a destra, uno specchio; di dietro, uno specchio: mi vedo specchiato da tutte le parti - il quadro d'un cubista. Dio! Quanti me! Ma sé son tutti scompagni ! Si sa che veduti di faccia non si somiglia a noi stessi veduti di profilo e che uno veduto da destra non rassomiglia affatto a quello che si vede da sinistra.... Ma tutti questi signori, che in apparenza son tanti aspetti di me veduto da punti diversi mi pare che abbian pochino pochino a che vedere con me. Sono i Bruno Cicognani pel fotografo secondo da che parte mi metto in posa per farmi il ritratto, sono le faccie del poliedro sintesi negli occhi della gente.... ma via; siamo giusti, son io quest'omino barbuto capelluto vestito press' a poco come tutti?
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