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Bruno Giacomelli, un italiano nella perfida Albione – intervista esclusiva

Da Carlo69 @F1Raceit
Interviste giacomelli 1978

Published on gennaio 9th, 2013 | by Giulio Scaccia

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Bruno Giacomelli ha rilasciato a F1Race questa intervista esclusiva. Per sentire il suo racconto, partiamo dall’esperienza inglese. Dopo la scuola piloti di Henry Morrogh, Giacomelli partecipa al campionato di Formula Italia e lo vince nel 1975. Nel  1976 Bruno si trasferisce in Inghilterra.

Qui inizia la nostra chiacchierata con Bruno Giacomelli, anzi con Jack O’Malley, come era chiamato oltre manica.

Sin da ragazzo sono stato affascinato dal mondo inglese delle corse. Anche se l’automobilismo è nato in Italia, l’automobilismo moderno si è sviluppato in Inghilterra. Sin da ragazzo leggevo e seguivo quello che accadeva nel panorama motoristico ed il mondo inglese aveva una predominanza. In Italia in confronto c’erano poche squadre e soprattutto poche case costruttrici.

Non dico che è stata una scelta facile. Ho avuto l’occasione d’oro per andare a guidare per il team ufficiale March. Non parlavo una parola di inglese, a scuola avevo studiato il francese. Sandro Angeleri, il direttore commerciale, mi ha aiutato, ha creduto in me.

E’ vero che hai costruito parti della March?

E’ vero. Io sono progettista meccanico. Da ragazzo il mio sogno era diventare il progettista di un auto da corsa, ma in Italia non c’erano grandi possibilità. Se fossi stato in Inghilterra sarei finito probabilmente ha lavorare per qualche squadra, lì ce ne sono tantissime. La progettazione mi ha sempre affascinato ed alla March ne ho avuto la possibilità.

Nella mia carriera di pilota ho avuto il privilegio di partecipare alla costruzione di prototipi di auto da corsa e di portarli a fare i primi giri per avere i riscontri.

Ho potuto prendere decisioni per lo sviluppo e mi è stata data la possibilità di prenderle. Era importante perché poi la macchina la guidavo io.

Alla March avevo un rapporto particolare con Robin Herd che mi aveva dato la fiducia totale e mi diede la possibilità di progettare alcune parti della vettura. Ovviamente non sto parlando delle geometrie delle sospensioni, ma di alcuni particolari della Mrch 782 con cui sono diventato campione europeo nel 1978. Alcune parti le ho ideate io: la pedaliera, la disposizione degli strumenti sul cruscotto, la posizione del volante, parte delle fiancate laterali. Gli specchietti erano carenati e sono bellissimi ancora oggi. Non c’erano grandi restrizioni per le dimensioni e mi sono potuto sbizzarrire.

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( Bruno Giacomelli nella gara di apertura del campionato europeo di F2 del 1978, in pole position con la March F2 782/BMW. Foto per gentile concessione della BRDC di Thruxton)

Queste tue conoscenze tecniche te le sei portate anche nel percorso con l’Alfa Romeo in F1.

Penso proprio di sì. E non è stato un caso che siamo stati in testa a Watkins Glen nel 1980. E’ stato un percorso. La vettura del 1980 già dopo l’inizio del campionato stava dando buoni riscontri. Poi, dopo la morte di Patrick Depailler la macchina è migliorata tantissimo. Anche quella è nata sul piano di riscontro ed io sono stato il primo a portarla in pista. Anche lì ho portato la mia esperienza maturata alla March. Sono un pilota italiano, ma mi considero molto anglosassone, anche se il mio accento non lo direbbe (Bruno ride). La maturazione completa come pilota che conosceva meccanica ed aerodinamica è avvenuta in Inghilterra.

Facendo un passo indietro, è vero che Ferrari ti promise una vettura?

Dopo la mia vittoria a Monaco in Formula 3 nel 1976. Fui contattato e  portato a Maranello da alcuni suoi amici che Ferrari mandava sui circuiti. Ferrari mi propose di prendere il posto di Clay Regazzoni in Formula 1.

Gli inglesi a Monaco. che vedono molto lontano ed arrivano sempre prima di noi, e non so il perché, mi avevano fatto firmare un’opzione tra la batteria e la finale, prima che vincessi la gara. Max Mosley mi fece firmare un’opzione per correre in F1 con la March, prima di vincere la corsa. In quella gara ho vinto la batteria, fatto la pole position, vinto la gara, feci un record che durò 5 anni.

Andai a questo appuntamento con Ferrari senza sapere cosa volesse. Quelli che mi portarono mi disse che mi voleva conoscere. Mi fece quella proposta e gli dissi come stavo messo. Allora lì Ferrari rimase preso in contropiede e mi mise a disposizione il suo avvocato personale per farmi liberare da quella opzione.

Con la March mi inventai delle scuse. Max Mosley capì al volo che c’era dell’altro. Io gli dissi che il mio inglese era un po’ così, non avevo capito bene cosa c’era scritto sul contratto. Lui capì al volo. Era uno sveglio ma era una persona per quello che l’ho conosciuto, molto valida.

Alla fine gli dissi: “Max, la Ferrari mi vuole”. E lui : “Se la Ferrari ti vuole ti lasciamo libero”.

E mi lasciarono libero senza volere nulla in cambio. Io tornai a Maranello ma Ferrari cambiò un po’ le carte in tavola. Non ho mai saputo perché. Lui era quello che decideva, ma era sicuramente condizionato da quelli che gli stavano intorno. Alla fine mi propose di guidare in F2 con il motore Dino e io rifiutai.

Dopo questi fatti praticamente rimasi a piedi. Tornai alla March e mi accolsero a braccia aperte ed addirittura fecero una squadra di F2 per me. Una squadra satellite, diretta da Sandro Angeleri, che era il direttore commerciale, con base a Silverstone Era una March con motore Brian Hart. Iniziammo il campionato di F2 nel 1977 con parecchi problemi tecnici. Si rompevano i bulloni del volano del motore. Nelle prime gare combinai poco, anche se viaggiavo con i primi, nonostante tutto. La squadra ebbe dei problemi e fu la mia fortuna, perché con il resto del budget, ero supportato dalla Scaini, riuscimmo a girarlo su una macchina laboratorio. Alla prima gara a Vallelunga vinsi. Avevo preso però pochi punti all’inizio della stagione. Colsi tre vittorie come Renèe Arnoux che vinse il campionato. Io mi piazzai quarto. L’anno successivo vinsi il campionato di F2 con 8 vittorie su 12 gare. Un record imbattuto.

March_782_BMW_with_B_Giacomelli

(Bruno Giacomelli al volante della March 782 BMW)

Intanto dal 1977 inizia anche l’avventura con la Formula 1

Con la McLaren debuttai al GP d’Italia. A luglio debuttò Gilles Villeneuve con la stessa macchina nel GP di Gran Bretagna. Nel 1978 con una M26 corsi 5 gare. Era una macchina che non era come la M23, che era eccezionale. Facevo week end in F1, poi in F2. Non era facile. La McLaren alla fine dell’anno mi lasciò libero anche se, a guardare con il senno di poi, quei risultati non erano neanche male. Un 7° posto oggi con certe macchine è come vincere un Gran Premio. Feci anche un 6° posto. Comunque era una macchina difficilissima da guidare.

Alla fine del 1978 mi trovai a piedi, perché la F2 era finita, non volevo correre un altro anno lì. L’esperienza era finita. Ero in attesa. L’Alfa Romeo stava elaborando il progetto per rientrare in F1: ci incontrammo e firmai per portarla al debutto nel 1979.

 Il debutto con l’Alfa e tante polemiche sollevate per un presunto favoritismo in quanto iscritto al PCI.

Io non sono stato mai iscritto ne al Pci ne ad un sindacato, non mi sono mai interessato di politica, nemmeno quando lavoravo. E’ stata una montatura paurosa che mi ha danneggiato non poco. Tra l’altro era un periodo che essere di sinistra non era tanto di moda. Non era vero nulla. Fu una invenzione di Giancarlo Cevenini, un giornalista di Autosprint. Addirittura scrissero che ero amico personale di Berlinguer. Io lo avevo visto solo in fotografia.

Bruno Giacomelli - Alfa Romeo 177 - 1979 Belgian Grand Prix

(Bruno Giacomelli al volante dell’Alfa Romeo – GP del Belgio 1979) 

Negli anni in Alfa hai lavorato con l’Ingegner Giancarlo Chiti. Credo sia una figura poco ricordata.

 Certo. Abbiamo lavorato insieme dal 1979 al 1982. La sfortuna mia e di Chiti fu che in questi anni cambiarono ogni stagione i regolamenti dalla A alla Z. Alla fine del 1982, dopo solo tre stagioni piene, l’Alfa decise di ritirarsi ufficialmente e diedero tutto il materiale e la gestione ad una squadra privata. Ufficialmente entrarono nel 1979 con 5 gare e a fine 1982 smisero. Un programma di tre anni, con i cambiamenti regolamentari, fu difficile per chi tornava dopo 30 anni in F1. Difficile e corto. In tre anni non fai nulla. Schumacher ha vinto il primo mondiale con la Ferrari dopo 5 anni. E la Ferrari è sempre stata in F1 da quando è cominciato il mondiale.

 Chiti era un tecnico molto valido, che per sua sfortuna non si occupava solo di tecnica, ma la maggior parte del suo tempo lo passava a gestire la parte politica. L’alfa era una azienda di stato e doveva combattere continuamente per la voglia dei politici di interrompere questa avventura.

Questo lo distraeva. Lui era un tecnico molto valido, preparato. Dal punto di vista umano, era una persona difficile. Quando andava bene era tutto ok. Se andava male, non era facile. E io vivevo in prima persona questi suoi alti e bassi.

Parliamo di piloti che hai conosciuto. E’ vero che eri uno dei pochi che aveva il coraggio di salire in elicottero con Gilles Villeneuve?

Io posso dire una cosa. Con Gilles ci frequentavamo quando abitavamo a Montecarlo, io andavo a casa sua ed ho vissuto molto da vicino i fatti del dopo Imola che poi culminarono con l’incidente di Zolder. Mentre in barca era uno che andava al limite, come poi con ogni cosa che guidava, con l’elicottero aveva molto rispetto del mezzo. A mio avviso era un ottimo pilota. Si preoccupava del mezzo, lo curava molto, era pignolo.

Il contrario che con la F1…

In F1, bisogna dividere tra il Villeneuve dei primi tempi e quello degli ultimi anni. Villeneuve è stato una fissazione di Enzo Ferrari. Gilles ha fatto un gran tirocinio. E’ come se avesse frequentato un corso guidando una Ferrari. Non conosceva la F1, non conosceva i circuiti. All’inizio ha avuto delle difficoltà, poi lui è migliorato tantissimo. Poi c’è stato l’incidente, ognuno dice la sua. L’epilogo è stato quello. Sicuramente era diventato un ottimo pilota ed a mio avviso avrebbe vinto il campionato del mondo. Tanti non sono d’accordo, ma le cose poi sono andate così.

Autosprint ha sempre difeso Villeneuve per gli incidenti. Una volta a Marcello Sabatini di Autosprint, con cui ho avuto un ottimo rapporto gli ho detto: “Se fossero capitati ad un pilota italiano non avrebbe fatte due gare”. Mi hanno messo in croce. Perché non è vero? Ferrari a Villeneuve gli ha perdonato tutto. Immaginati un pilota italiano a fare quello.

Ora ti racconto un aneddoto. Quando lui ha debuttato in F1 con la McLaren, io sono andato a guidare la sua March di Formula Atlantic. Fu Max Mosley a propormi di andare a guidare la Formula Atlantic in una gara vicino Vancouver. Lì c’è stato il primo contatto tra me e Gilles. Poi siamo diventati amici. Peccato che nemmeno la corsi quella gara. Ebbi un problema con la frizione nel warm-up, non mi hanno aspettato, e la gara è partita senza di me.

E’ curioso che poi, lo stesso anno, Villeneuve firmò con la Ferrari ed io con la McLaren. La McLaren scelse me.

giacomelli mclaren

(Bruno Giacomelli al volante della McLaren Ford M26 durante il GP di Inghilterra del 1978)

Eri amico di Gilles. Cosa pensi dei fatti di Imola 82.

Io non so cosa è successo, ero in gara. Ho saputo quello che è successo dalla sua bocca. Non ho sentito la campana di Pironi. Quello che mi ha detto lui combacia con quello che hanno detto tutti riguardo Imola. In realtà Pironi gli ha fatto un tiro mancino, ma la cosa grave è che in Ferrari non presero le sue difese. Ma questo per loro era la norma. Ti ricordi con Lauda dopo il ritiro al Fuji? Lauda prima del Fuji era uno che con Ferrari andava molto d’accordo. Dopo il ritiro, vennetrattato un po’ maluccio, un po’ alla stessa maniera di Gilles. E siccome Gilles era una persona onesta, limpida, cristallina, si è sentito tradito.

Però da lì a dire che l’incidente di Zolder era stato causato dalla condizione psicologica, io non sono molto d’accordo. Un pilota non dico che è una macchina, ma è sottoposto a pressioni costanti tutti i giorni in ogni momento. Certo non sei infallibile, ma quella era una stupidaggine rispetto ad altre cose.

In realtà lui aveva fretta di iniziare un altro giro, anche se ho letto che di giri non ne aveva più, però era nel suo stile di rientrare ai box ad una certa velocità. Quando si è trovato Jochen Mass davanti, decidendo di passarlo sulla destra, lui sapeva che quello sarebbe stato un giro da abortire. Ma lui era fatto così. Aveva deciso di passarlo a destra per tornare ai box nella maniera più veloce possibile. Il fatto che Pironi fosse più veloce di lui in quella fase, gli avrà bruciato, come brucerebbe a chiunque, ma è una cosa normale.

Quindi non vedi una relazione diretta tra Imola e Zolder

Io lo escludo nella maniera più assoluta. Ti parlo da pilota. Lui dopo questa cosa stava pensando di andare via dalla Ferrari, lo avrebbe fatto. Voleva fare una sua scuderia e comunque aveva molto mercato. Pironi poi non gli stava abitualmente davanti. Stava davanti lui. Ma ci può stare.

Io sono stato a casa sua il dopo Imola. C’era rimasto male. Su Pironi si era fatto una sua idea. Pironi era uno dei piloti che ho incontrato abbastanza al limite.


Bruno Giacomelli Alfa Romeo 1982

(Bruno Giacomelli al volante della Alfa Romeo – Gran Premio di Inghilterra 1982 – Brands Hatch)

Ambizioso?

Usiamo questo termine dai. Mentre invece Villeneuve non era così. Se tu facevi ruota a ruota con lui, eri sicuro che ti avrebbe rispettato. Questo non si può dire dell’altro, per esperienza personale.

Zolder sono state tutte una serie di combinazioni negative. Gilles non ha fatto una manovra pericolosa, la manovra pericolosa l’ha fatto l’altro, ma ci può stare.

Dei piloti che hai conosciuto, chi ricordi oltre a Gilles.

Ricordo con affetto quelli che non ci sono più. Con Patrick Depailler avevo un ottimo rapporto, anche umano. Poi sai con i colleghi ci si incontra solo durante le gare e non riesci ad avere una vita al di là delle corse.

Sono rimasto molto legato ad Andrea De Cesaris. Con Andrea c’era l’affinità che entrambi avevamo vissuto l’esperienza inglese. Poi si vive lontani e non ci si vede.

bruno giacomelli e patrick depailler in motorino a Montecarlo

(Bruno Giacomelli e Patrick Depailler – Monaco 1980)

Dell’esperienza in F1 cosa è mancata?

E’ mancata la macchina. Dal punto di vista dei risultati è stata frustrante. Più passano gli anni e più mi rendo conto di aver fatto delle ottime cose anche lì con quello che avevamo a disposizione e con il tempo che abbiamo avuto. L’Alfa ha avuto poco tempo. Il 1980 aboliscono le minigonne e la Goodyear lascia le corse ed erano i nostri due punti di forza. Alla fine 1981 ricambiano i regolamenti un’altra volta, a fine 1982 si chiude. Per me la F1 è stata una frustrazione. Ci sono stati sempre una quantità enorme di problemi di affidabilità. Fare un Gran Premio solo concentrato solo guida non mi è mai successo. Mentre nelle altre categorie non esisteva il problema dell’affidabilità. Esisteva la corsa. Ho guidato in F1 macchine che campionati non ne hanno vinti. Il mezzo meccanico la fa da padrone, è così. Io sicuramente a parità di mezzo meccanico nessun pilota mi ha mai fatto paura, nessun pilota. La parità del mezzo meccanico può accadere solo nelle categorie prima della F1. Magari partivo in seconda fila e poi vincevo. Questo in F1 non è possibile.

In F3 lo stesso. Il nostro è uno sport crudele. Tutti i piloti vorrebbero la macchina migliore. Mi sarebbe piaciuto tanto guidare una Red Bull, ma anche una Ferrari, macchine al top. Certo non possiamo vincere tutti.

- fine prima parte -

 


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