Le notizie veramente clamorose sono spesso quelle che non fanno clamore. Quelle che l’informazione emotiva, o futile o sobriamente servile dimentica oppure relega nel maelstrom dei piccoli titoli che giungono quando forse si è già stanchi, già satolli di letture. Insomma l’informazione non è un panopticon come dicono quelli che hanno bisogno di riscattare la banalità di pensiero con la biada di ipotetiche letture. Così la gran massa dei lettori italiani – e non parliamo di chi s’informa via digitale pedestre – è ignara di una piccola grande notizia: Bruxelles ha aperto ieri un ‘inchiesta ufficiale sul mercato dell’acqua in Francia: sotto accusa due multinazionali idriche come Suez e Veolia e una più piccola, la Saur. Tutte e tre francesi, ma con interessi dappertutto nel mondo e un mucchio di euro già pronti per bersi anche l’acqua italiana.
Le ragioni, riportate da Le Monde, sono le solite a cui siamo abituati da un capitalismo che fa della concorrenza un feticcio ideologico privo di consistenza dentro una realtà costituita invece di cartelli, di accordi sottobanco fra potentati pigliatutto: si sospetta un’intesa fra le tre società per mettersi d’accordo sugli aumenti vertiginosi delle tariffe che si sono avuti in questi anni. Non è un caso che in Francia siano ormai oltre 400 i comuni, Parigi compresa, che sono tornati o stanno tornando alla gestione pubblica, visto che le bollette aumentano senza alcun miglioramento del servizio, con investimenti inesistenti o micragnosi e quando assolutamente necessari caricati sulle spalle del socio pubblico. Un modello continentale di economia parassita realizzato attraverso privatizzazioni di sistemi in cui non è possibile una reale concorrenza. Come per l’appunto il campo degli acquedotti.
Per l’Italia dovrebbe essere una notizia da prima pagina visto che proprio in queste settimane il governo dei tecnici sta cercando di privatizzare anche la gestione del sistema idrico, in totale disprezzo del referendum, ma persino di un sensato realismo: Suez e Veolia infatti farebbero la parte del leone nelle privatizzazioni idriche, prefigurando quello stato di cose che Bruxelles ora indaga.
Ma non è solo questo, è anche il ruolo euristico-politico di questa vicenda ad avere rilievo: ci viene venduto un rinnovamento del Paese che si basa su presupposti ormai vecchi di trent’anni, così che mentre in tutta l’Europa si ritorna alle gestioni pubbliche – e non solo dell’acqua – noi percorriamo il tragitto inverso pensando di svecchiare il Paese mentre stiamo dando la dimostrazione palmare del nostro ritardo. Non è un caso che mentre in Austria, Germania e Olanda si discuta proprio in questi mesi di come meglio tutelare il lavoro, da noi si cerca di realizzare la precarietà perfetta come panacea dello sviluppo. Se i vecchi politici sono un ostacolo, i tecnici anziani sono una iattura.