Magazine Cucina
Nella vita capita di soffrire di nostalgia. Spesso questo emozione riguarda alcune persone. Altre volte il rimpianto riguarda i momenti vissuti con alcune di esse; studi, vacanze, storie d’amore o, più semplicemente, passioni di una sera. In questo momento vi confesso che soffro di nostalgia. Ma il mio rammarico non riguarda nessuno dei casi prima accennati. Riguarda un profumo. Il suo. Quello del Buccellato di Lucca.Quando studiavo all’Università spesso mi recavo in Biblioteca Statale, che ha sede nell’ex Convento di S. Maria Corteorlandini dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Quasi tutti gli studenti della “Lucca universitaria” si davano appuntamento in quel luogo profondamente intriso di storia. Erano anni di esami e amicizie, di studio e di speranze, di fatica e di passione. Arrivavo nelle vie del centro di prima mattina, e, in una Lucca quasi deserta, m’incamminavo con i libri sottobraccio per le vie piccole e antiche del centro storico. E’ quell’istante che è immortalato nella mia memoria olfattiva. Una serie di attimi temporanei e intensi perché venivo completamente inondata da questo profumo che veniva da qualche parte, da qualche forno, non saprei bene dire da dove. Ebbene, quel momento mi faceva dimenticare la tensione per l’esame che si avvicinava. Mi sentivo sicura, chiusa tra quei vicoli, stretta dalle mura, certa di me stessa perché a casa, dove nessuno poteva rubarmi quel tempo finito ma eterno che non sopravvive, ma vive nella mia memoria e che ora condivido con voi che mi leggete. ***Buccellato è un termine antico che deriva dal latino e risalente al tempo dei Romani, che con Buccellatum, indicavano un pane militare. Nel latino medioevale il termine “buccellatus” indicava una specie di pane dolce che i vassalli offrivano al feudatario.E’ interessante l’etimologia della parola: la buccina era una tromba ricurva utilizzata dai legionari, da questo proprio per intendere la forma rotonda, si ricavò il termine buccella, che indicava il pane a ciambella che gli imperatori distribuivano al popolo, mentre il buccellato era l’ incaricato che li distribuiva, da qua il poi il nome fu storpiato in buccellato. Il buccellato era anche la materia prima per fare i biscotti. Ci sono due correnti di pensiero sulla sua origine. Alcuni studiosi, per la presenza di essenze mediterranee come scorze d’agrumi, cedri e zucche, e per la struttura del pane dolce, che ricorda approssimativamente quello dello strudel delle popolazioni nordiche, farebbero risalire la ricetta al periodo arabo- normanno. All’opposto, altri studiosi, pensano che la preparazione originale risalga al periodo del tardo medioevo, a causa dell’abbondanza di frutta secca presente nella ricetta.Dagli scritti che confermano diverse scuole di pensiero si deduce che quello che oggi viene inteso come buccellato non è altro che un prodotto che ha subito un’evoluzione nei secoli e un certo processo di raffinazione, dovuto allo scorrere dei tempi e a prodotti senza dubbio più “fini” rispetto a quelli che potevano essere utilizzati in epoca arabo-normanna o tardo-medioevale.Se andate a Lucca e chiedete ad un lucchese vi dirà che il buccellato a Lucca c’è sempre stato. E’ quasi vero, visto che il primo documento storico risale al 1485. Abbiamo notizia che nel 1578, fra le tante tasse imposte ai lucchesi per cercare di sollevare l’erario pubblico immiserito dalle tante attività di pubblica utilità, tra i cui anche l’argine del Serchio ed il tentativo di realizzare un canale navigabile l’Orzeri- il terzo ramo del Serchio- sino alla palude di Sesto e poi fino all’Arno, ve ne fu una sul Buccellato che rimase in vigore fino al 1606. “ quando una cosa costa s’è pagata cara, in Toscana si dice…è costata più del Serchio à Lucchesi!”Scipione Ammirato (1531-1601) storico fiorentino nello scritto “ Delle famiglie nobili napoletane” descrive il Buccellato così “ nella Patria mia e né luoghi vicini a lei chiamasi buccellato quella sorta di pane…in modo d’una ruota attorno et aperto nel mezzo che somiglia ad un cerchio…”Nella tradizione della Garfagnana era motivo di prestigio confezionare il Buccellato di grandi dimensioni in occasioni di Cresime; i padrini e le madrine solevano regalare il Coram Populo, un grosso buccellato ai loro figliocci. FontiSitografia: www.taccuinistorici.itBibliografia:Righi Parenti G. (1976), La grande cucina Toscana, Sugarco Edizioni, MilanoNella foto il buccellato de “L’antica Fabbrica del Buccellato”Taddeucci. Lo gusto ascoltando “Ancora un passo or via” , aria tratta dalla Madama Butterfly di G. Puccini. Cio Cio San è Eleni Calenos.
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