Comincia con queste fotografie una serie di cronache semiserie sulla Cambogia. Finalmente!
Cominciamo con ciò che permea la quotidianità del popolo cambogiano: la religione Buddhista Theravada. Il nome Buddhismo deriva dalla parola budhi, che significa “svegliarsi”: infatti, il Buddismo può essere chiamato la filosofia del risveglio.
La filosofia buddista vide la sua origine nell’esperienza di Siddhattha Gotama, conosciuto come il Buddha, che ebbe il suo risveglio a 35 anni. Oggi il Buddismo ha circa 2500 anni e 380 milioni di seguaci in tutto il mondo.
Il Buddhismo è solo una filosofia? La parola “filosofia” è composta di due parole, philo che significa “amore”, e sophia che significa “saggezza”. Quindi, la filosofia è l’amore per la saggezza, o amore e saggezza: due significati che descrivono il Buddhismo in modo perfetto.
L’intenzione del Buddha di creare delle comunità di monaci e suore derivò dal desiderio di fornire un ambiente in cui le persone potessero sviluppare senza difficoltà la propria spiritualità. La comunità laica provvede infatti a soddisfare i bisogni di base di monaci e suore – cibo, vestiti e medicine – in modo che questi possano dedicarsi allo studio e alla pratica del Dhamma, ovvero (in generale) la dottrina e gli insegnamenti del Buddha.
Quando feci la mia esperienza di volontariato in Cambogia, passai molte domeniche a caccia di monaci buddisti: mentre le suore della missione andavano a messa, io mi defilavo – sotto i loro sguardi minacciosi – con la mia reflex e via per le strade di Phnom Penh. Di solito mi appostavo fuori delle pagode e aspettavo che ne uscisse qualcuno, che poi braccavo come un segugio. A volte mi sorridevano, altre mi lanciavano occhiate di stupore: cosa ci sarà di tanto interessante nel fotografarci mentre andiamo di strada in strada a chiedere l’elemosina?
A mezzogiorno, l’ora in cui i monaci devono rientrare alla pagoda, le loro ciotole lucide o le borse in stoffa arancione contengono bottigliette d’acqua, soldi, riso o cibo d’altra natura. Tutte offerte che i cambogiani offrono loro con gentilezza e discrezione, in ginocchio e con le mani giunte.
Ora accendete un bastoncino d’incenso, mettete la musica khmer cliccando sul VIDEO sopra il titolo e venite con me: vi porto per le strade di Phnom Penh.
Quando gli antichi indiani guardavano la foresta, poteva predire quali foglie sarebbero cadute dall’albero perché erano gialle, arancioni o marroni. In India, il giallo divenne il colore della rinuncia. Il colore delle vesti dei monaci seguaci del Buddhismo Theravada è giallo o arancione in modo da ricordare l’importanza del non attaccamento alle cose e del lasciare andare.
Monaco mendicante sulla Street 240, Phnom Penh
I cinque Precetti del Buddismo sono regole di autodisciplina quotidiana: astenersi dall’uccidere qualunque creatura vivente, astenersi dal prendere ciò che non è stato dato, astenersi da un linguaggio offensivo e astenersi dall’assumere bevande alcoliche o droghe.
Entrando al Wat Onalom, Phnom Penh
Preghiere serali al Wat Onalom, Phnom Penh
Rasandosi i capelli, i monaci e le suore buddiste hanno più tempo per dedicarsi alle attività spirituali: una testa rasata simboleggia anche una maggiore attenzione al cambiamento interiore, piuttosto che all’apparenza esteriore.
Al mercato di Teuk Thla, Phnom Penh
Vesti stese al sole all’interno di una pagoda, Phnom Penh
Monaci su un tuk-tuk di ritorno alla pagoda
Monaci mendicanti nei pressi del Boeung Keng Kang market, Phnom Penh
Street 240, Phnom Penh
Nel giorno del Meak Bochea, in cui i cambogiani si pentono dei propri peccati e si purificano, Phnom Penh
Teuk Thla market, Phnom Penh
Incontro all’estrema periferia di Phnom Penh
Goodbye!
Anni fa, Ieng Sary, il cognato di Pol Pot – il fondatore del terribile regime dei Khmer rossi – venne graziato e chiese di poter incontrare il patriarca dei monaci cambogiani. L’occidente gridò allo scandalo all’idea che il Venerabile potesse accettare di avere un colloquio con un assassino di tale calibro. Egli spiegò che se Ieng Sary era colpevole dei crimini che gli si imputavano, ciò avrebbe influito sul suo kharma. Suo compito non era giudicare la vita passata, bensì dare consigli sulla vita ancora da compiere.
Tutto il popolo cambogiano è permeato di questa filosofia di vita: ciò che è passato è passato, e le sue conseguenze influiranno sulle esistenze future.
Ps. Lasciate un commento qui sotto, sempre che non siate rimasti ipnotizzati dalla musica khmer del video: nel caso, l’unico modo per tornare in voi è regalarvi un viaggio in Cambogia.
Bibliografia:Claudio Bussolino, Cambogia, Polaris, 2008
S.Dhammika, Good question Good answer, Buddha Dhamma Mandala Society, 2006