La stretta di mano poderosa accompagnata da due baci sulla guancia è il biglietto da visita di Bartolo Valastro, semplicemente Buddy per i suoi fan sparsi nei 180 paesi del mondo dove vanno in onda i docu-reality che lo vedono protagonista. Un modo di presentarsi che la dice lunga sulle origini meridionali di italo-americano. Papà nato a Lipari, mamma di Altamura, originario di Hoboken, cittadina dell’area metropolitana della Grande Mela rinomata fino a qualche anno fa "soltanto" per aver dato i natali a Frank Sinatra e perché vi era stata giocata la prima partita di baseball che si ricordi, Buddy Valastro è un'autentica star. Così come lo sono le sue fantasmagoriche torte alle quali riesce a dare qualsiasi forma e tutta la sua famiglia “allargata”, fatta di sorelle, cognati, zii, nipoti e cugini, come si conviene a ogni buon meridionale.
Torte e famiglia sono, insieme con Buddy, protagonisti de Il boss delle torte, Il Boss delle torte: la sfidae dell’ultimo nato Bakery Boss: Sos Buddy, che nella prima puntata italiana in onda lo scorso 3 gennaio ha raccolto 943.000 spettatori con il 3.7% di share, nel quale il “nostro” aiuta - in stile Gordon Ramsey e Antonio Cannavacciuolo nelle versioni statunitense e italiana di Cucine da Incubo – pasticceri sull’orlo della chiusura a rinnovarsi. Del resto chi potrebbe riuscirci meglio di lui che, partendo dal Carlo’s City Hall Bake Shop di Hoboken, ormai meta di turisti di ogni dove in pellegrinaggio alla pasticceria più famosa degli Stati Uniti, oggi annovera già cinque altre filiali (l’ultima aperta nella celeberrima Time Square newyorchese) che danno lavoro a 350 dipendenti ed è in procinto di inaugurarne altre nove in giro per gli States. «E presto avremo anche una filiale italiana, a Roma, dove stiamo facendo dei sopralluoghi», confessa Buddy, confermando le indiscrezioni di suo cognato Mauro che lo ha accompagnato in Italia dove è stato l’ospite più atteso del Salone italiano del gelato e della pasticceria di Rimini. Come ha fatto Buddy Valastro, pasticcere del New Jersey, a diventare il Buddy Valastro di oggi?«E’ cominciato tutto pian piano. Prima con le torte per i matrimoni che sono finite sulle riviste di settore. Grazie a quelle sono stato contattato da Food Network per partecipare a un concorso che, però, non andò bene. Lì fui notato da alcuni produttori di TLC (l’equivalente di Real Time in Italia, ndr) che mi fecero fare un provino per Il boss delle torte. Il giorno dopo ero arruolato».
Qual è stata la richiesta di torta più strana che ha ricevuto?
«Una torta che riprendeva i personaggi di Transformers grande quanto un’intera stanza. Qualche giorno fa in occasione dell'annuncio delle nomination dell'Academy, invece, ho preparato torte a forma di Oscar per il programma Good Morning America».
Sono molti anche i suoi clienti vip…
«La scorsa settimana ho preparato una torta per Beyoncé. Ci sono anche Oprah Winfrey, Miley Cyrus, Britney Spears e tanti altri».
Ha mai avuto modo di conoscere il suo doppiatore italiano?
«No, ma mi piacerebbe molto. Mi fa molto divertire. Ma non quanto il mio doppiatore cinese: quando lo ascolto non posso trattenere le risate».
Buddy si sente ancora un pasticcere o più una star televisiva?
«Sono e rimarrò sempre un pasticcere. Ma nel corso degli anni mi sono reso conto dell’influenza che il mio ruolo di star televisiva ha sulla gente. Ci sono mamme che mi dicono che il mio programma è l’occasione per riunire la famiglia di fronte alla tv, qualcuno mi ha ringraziato perché in momenti tristi Il boss delle tortegli ha ricordato il valore della famiglia. Ci sono bambini che adesso sognano di diventare pasticceri e pasticceri che mi ringraziano per aver rilanciato il settore. Essere una star tv mi permette, in qualche modo, di aiutare gli altri. Sono felice anche per mio padre che mi ha insegnato a essere un pasticcere, ma prima di tutto a essere una brava persona. Questo cercherò di trasmettere ai miei quattro figli: Sofia, Buddy jr, Marco e Carlo Salvatore».
Come è stato fare apprendistato con suo padre?
«Difficile. Con me non ci è mai andato leggero perché voleva che fossi il migliore, ma anche che conoscessi tutte le sfumature del lavoro, anche quella della pulizia finale dei locali che spesso toccava a me. Mio papà, però, era anche il mio migliore amico e con lui, che è morto quando avevo 17 anni, ho avuto un rapporto straordinario».
Suo padre era nato a Lipari. Lei c’è stato?
«Ci sono stato diverse volte, la prima a 15 anni con mio padre che voleva farmi vedere l’isola dove era nato. Lì ci vivono alcuni dei miei parenti, ne ho anche a Messina e a Panarea. Così come ne ho in Puglia, ad Altamura, il paese di origine di mia mamma».
Dopo Roma pensa di allargare le sue pasticcerie italiane anche in Sicilia?
«Perché no, magari a Taormina».
Pensa che i suoi dolci piaceranno anche in Italia?
«Sì, anche se dovrò un po’ adattarli allo stile europeo, magari più siciliano. Sono convinto che i dolci siciliani siano i più buoni del mondo. Infatti con mio cognato, che è nato a Milano, ci becchiamo sempre su quali siano i migliori dolci italiani».
Qual è il primo dolce di cui si ricorda il sapore?
«I taralli dolci che inzuppavo nel latte, poi c’è il cannolo che ho assaggiato da giovanissimo. E poi le torte dei compleanni che venivano fatte per me e le mie sorelle in stile rigorosamente italiano».
Lei, quindi, si sente italiano?
«Italianissimo. Non ho dubbi a scegliere la mia nazionale del cuore. Per il prossimo campionato del mondo di calcio in Brasile tiferò Italia. Anzi sto pensando di fare un regalo dolce alla squadra italiana. Pensa che lo apprezzerebbero?».@mariellacaruso@volevo fare(Intervista pubblicata su La Sicilia di sabato 18 gennaio 2014)