Quando credevo che ormai le mie vacanze dal tatami sarebbero partite ecco che il terzo tatami era li ad aspettarmi. Un tatami diverso da quello dell’Aikido. Un tatami di Ju-jutsu, stile Hakko Denshin Ryu.
Qualche tempo fa il mio amico nonché Maestro Rosario Bonfissuto mi aveva invitato a uno stage di Kobudo (“L’antica via del Guerriero” in cui “ko”=antico, “bu”=guerriero, “do”=via). Quest’incontro si riferiva ad almeno tre discipline marziali con caratteristiche assolutamente differenti: il Kobudo di Okinawa, che si caratterizza per l’uso di un vasto numero di armi tradizionali, per lo più di origine contadina; il Kobudo giapponese con lo studio di un repertorio più limitato di armi propriamente dette e il Kobudo nelle scuole Ninja inteso come “Arte antica del guerriero” nel senso più ampio del termine.
Per ciò che concerne il Kobudo giapponese, oggi spesso s’incontra assimilato all’interno delle scuole tradizionali di jujutsu, e insegna l’utilizzo di attrezzi anche agricoli come armi. Da quel momento la nostra amicizia si è fatta più salda e mi sono ritrovato più spesso a calcare il tatami del suo dojo. All’inizio l’estrema gentilezza del Maestro mi ha portato a far scoprire un po’ di Aikido ai suoi allievi mentre lui mi faceva vedere un po’ del loro stile di Ju-jutsu.
Punti di contatto. Tecniche simili. Principi condivisi. Bellissimo.
Poi vi sono anche le varie sfaccettature che diversificano (come è giusto che sia) le nostre due pratiche marziali. Da lì la decisione di frequentare come allievo e non più come “amico in visita” l’Hakko Denshin Ryu. La voglia di perfezionarmi, aggiungere nozioni al mio personale bagaglio culturale-marziale e praticare in modi sempre differenti è la molla che mi spinge a comprendere altri stili e forme di arti marziali. Ormai credo che il mio pensiero sia chiaro su come la penso in merito alle arti marziali. Voglio però spiegartelo in maniera più approfondita.
Secondo me divisioni politiche, federali, associative, stilistiche ecc. ecc. non dovrebbero esistere o meglio non dovrebbero creare barriere tra maestri, allievi e associazioni/federazioni. Da aikidoka direi che la Vera Armonia dovrebbe dar modo alle nuove generazioni di praticanti di sentirsi liberi, di girovagare per il mondo marziale senza preoccupazioni o titubanze. Io (spero anche tu che stai leggendo) ho la fortuna di avere dei Maestri che non mi limitano per nulla e il miglior modo di ripagarli è il mio impegno sul tatami.
Quindi in sostanza queste tre esperienze (se ti fossi perso le prime due ecco qui il mio articolo) su tre diversi tatami mi hanno dato sensazioni e spunti di riflessioni meravigliosi e diversi. Tre Maestri che hanno saputo stimolarmi in maniera positiva e che, in maniera inconscia, mi hanno dato l’opportunità di crescere. Per questo li ringrazierò sempre. Ovviamente un ringraziamento particolare va anche al mio Maestro di Aikido che ha una pazienza infinita nel sopportare (quando succede, ahimè!) la mia assenza dal tatami e ogni volta che riprendo la pratica non mi fa pesare per nulla al mondo la mia mancata presenza. Pochi sono così e ringrazio sempre di avere una così una brava persona.
Che senso dare a tutte queste mie parole riportando te, lettore, al presente dopo il nostro viaggio nel mio recente passato? Beh, sicuramente spero di averti fatto comprendere quanto la Via marziale sia diversificata e meravigliosa. Quanto cose che sembrano collidere invece vanno nella stessa direzione anche se seguono percorsi diversi. Un po’ come dire:
raggiungere la vetta della montagna ma seguendo sentieri diversi
Alla fine arriveremo comunque entrambi in cima… ma le nostre esperienze saranno diverse.
Un’altra cosa che ho cercato di trasmetterti (sono certo tu l’abbia capito) è che le esperienze vanno condivise con qualcuno, magari proprio con quella persona che è arrivato sulla cima però è passato per altre vie. Le sensazioni che proverai in questo scambio saranno fantastiche.
La cosa più importante è quello che i giapponesi definiscono “shugyo”. Lo Shugyo viene tradotto con “allenamento costante” non inteso solo come allenamento fisico con la comprensione dei particolari didattici, ma l’allenamento costante in tutto ciò che fai: dalla scuola al lavoro, dalle relazioni personali all’amore. In tutto ci vuole Shugyo e solo quello ti porterà al miglioramento come persona, alla completezza del tuo vero Io. Ci vorranno anni, lo so. Forse più di quelli che credi. Facendo così però davvero staremo meglio con noi stessi, con le altre persone e con tutto ciò che ci circonda. E questa in fondo non è la missione del Budo?
Mentre entrambi cerchiamo nella pratica quotidiana di tutte le cose la risposta a questa ultima domanda ti saluto, ringraziandoti per aver letto le mie parole e dandoti appuntamento alla prossima volta che avrò qualcosa di interessante da scriverti.
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