Fotogramma da I Simpson, stagione 9, ep. 8: Lisa la scettica
L'8 febbraio scorso la Soprintendenza speciale per i beni della Magna Grecia di Epizefiri (Reggio Calabria) ha annunciato che, a causa delle mareggiate causate dal maltempo, i fondali calabresi hanno restituito il terzo bronzo di Riace, un pezzo d'archeologia di cui si suppone da tempo l'esistenza. Una scoperta sensazionale, subito rimbalzata per il web, ma con un tepore tale che non poteva che destare scetticismo, tanto più che, in allegato al primo articolo pubblicato in rete, veniva presentata la fotografia dell'Atleta di Lussino sottratto nel 1999 ai fondali croati e ora esposto a Zagabria.Ma internet non ha fatto altro che rendere più veloce un processo ben più antico, che ha collezionato figuracce epocali e numerosi imbarazzi e il cui caso più celebre è senza dubbio quello delle false teste di Modigliani, tre sculture raffiguranti altrettanti volti estratti nel 1948 dal Fosso Mediceo di Livorno dove lo stesso artista, preso dallo sconforto, le avrebbe gettate nel 1909. La critica, nelle cui fila spicca il nome di Giulio Carlo Argan, ha già sprecato parole di ammirazione quando gli studenti Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Guarducci dichiarano ai giornalisti di Panorama di essere gli autori delle sculture e di averle realizzate e gettate nel Fosso Reale per farsi beffe dell'esagerato entusiasmo profuso dalla giunta livornese per lo scavo in occasione del centenario della nascita di Modigliani.
Gli autori delle false teste nella foto esibita come prova del loro atto burlone
Meno sensazionalistica è stata la smentita relative al busto della regina egizia Nefertiti, uno dei simboli della cultura delle Piramidi oggi conservato al Neues Museum di Berlino; nel 2009 Henri Stierlin ha sostenuto che il pregiato pezzo non sia altro che un falso realizzato nel 1912 da Gerahrd Marcks su commissione dell'archeologo tedesco Ludwig Borchardt e utilizzando colori provenienti dalla tomba della regina.
Smentite e attribuzioni, si sa, vanno avanzate sulla base di prove tecniche: l'archeologo o lo storico dell'arte devono applicare precise conoscenze sulle modalità di realizzazione del tempo, sulla composizione di materiali e pigmenti, sull'evoluzione del gusto artistico e, ovviamente, non lasciarsi prendere dalla popolarità di un'ipotesi che risulterebbe naturale avanzare ad un'analisi superficiale. Contro uno (non solo uno, in verità) di questi eccessi mediaticamente fruttuosi si è di recente lanciato Tomaso Montanari, inorridito di fronte alla leggerezza con cui alcuni suoi colleghi avrebbero attribuito alcuni disegni a Caravaggio.
E come non citare, a tal proposito, la prima grande operazione di marketing culturale, realizzata proprio nella mia città? Erano gli anni Trenta quando a Verona nasceva il mito turistico di Giulietta; la risistemazione del complesso oggi noto come Casa di Giulietta, un bellissimo cortile situato in Via Cappello, in pieno centro, e della cosiddetta Tomba di Giulietta, nell'ex convento cappuccino del XIII secolo, sono infatti opera dell'ingegno imprenditoriale di Antonio Avena, direttore dei Musei Civici d'Arte dal 1920 al 1955.
Risulterà forse estremamente impopolare far notare questa bufaletta ormai perdonata proprio alle soglie di San Valentino, che trasforma Verona in un ammasso di cuoricini e cuoricioni, ma, ricordando Manzoni, è dovere servire il Santo Vero e, anzi trovo doveroso ricordare a tutti i potenziali turisti che passano di qui che, al di là del mito e delle location dei due amanti shakespeariani, Verona ha tanti altri bellissimi luoghi di interesse culturale e tanti angoli ben più romantici dell'affollatissimo balcone. Bisogna infatti evitare che falsi e notizie gonfiate con maggior o minore grado di intenzione e con una forte risonanza ci impediscano di gustare l'arte autentica o i capolavori discreti e silenziosi.
C.M.