Più che una bufala, si tratta di una cattiva argomentazione molto facile da smontare. L’immagine fa riferimento al dibattito fra Gianfranco Amato, l’uomo il cui sguardo pietrificò Medusa, e Ivan Scalfarotto che al confronto sembra Gesù.
Amato tira fuori l’asso di briscola e sostiene che se per avere il matrimonio basta che ci sia amore allora uno può anche sposare il proprio cane.
Scalfarotto inspiegabilmente si offende del fatto che gli sia stato detto che il rapporto che ha col suo compagno e lo stesso che potrebbe avere con il cane e lo fa notare. Amato fa una figura di merda, ma sono sicuro che questo non lo farà desistere dal continuare a sparare puttanate a tutto spiano in ogni spazio che sarà concesso ai suoi dolci occhioni da cerbiatto.
Ora però su una delle solite pagine anti-gay partono gli avvocati dell’avvocato, che ci illuminano sulla vera profondità filosofica dell’argomento di Amato. Il che fa un po’ piangere, perché è uno di quegli argomenti così sbagliati che quasi quasi convincono di più quando non li hai capiti.
Risposta: certo, per il matrimonio non basta solo che ci sia amore. Ma se c’è amore, allora c’è un legame socialmente rilevante, e qualunque sia questo legame lo stato deve riconoscerlo con legislazioni adeguate.
Padre e figlia, fratello e sorella e simili sono già tutelati in quanto parte dello stesso nucleo familiare, quel tipo di legame non necessita di tutele ulteriori. Il rapporto con gli animali domestici è tutelato attraverso la proprietà: la donna possiede il gatto, non ha bisogno di sposarcisi per avere i diritti collegati a quel legame. E lo stesso vale anche per l’automobile, che comunque è davvero l’esempio più idiota che si potesse fare visto che l’automobile è un oggetto e il paragone diventa davvero troppo demenziale.
In generale, il matrimonio non è un istituto che riguarda la proprietà (il marito non possiede la moglie o viceversa), quindi tutti gli esempi in cui si parla di proprietà sono campati in aria. Il matrimonio riguarda l’alleanza, e per la precisione le nuove alleanze, non quelle già regolate come quelli fra genitori e figli o fra fratelli.
Dunque ci sono solo due esempi fra quelli fatti nella slide che potrebbero effettivamente interessare il matrimonio: la donna con cinque uomini e il settantenne con la bambina. In entrambi i casi si parla di alleanza e non c’è un istituto che tuteli queste forme di unione.
Tuttavia il settantenne con la bambina si esclude molto rapidamente dal confronti, perché anche se un’alleanza fra i due potrebbe essere interessante per i contraenti, richiede un consenso specifico che la bambina non è in grado di fornire. Al massimo un legame sociale (non sessuale) di questo tipo potrebbe realizzarsi attraverso l’adozione.
Resta la donna con cinque uomini, ed è l’unico esempio che contesto nel merito ma non nel metodo: una donna e cinque uomini sono adulti consenzienti, e qui dico che se davvero esistesse una pressione sociale forte, ovvero una situazione sociale di fatto in cui la poliandria e/o la poligamia sono parte del tessuto sociale (come lo sono le famiglia omoparentali) diventerebbe necessario prenderne atto e fornire adeguata regolamentazione a questo tipo di unioni. Ma non è così, quindi è un discorso puramente astratto. Come al solito, gli oppositori del matrimonio gay prendono tutta la questione come se fosse un fatto esclusivamente simbolico. Mentre è vero che per certi aspetti è un problema simbolico, ciò non toglie che esso nasca fondamentalmente dalla realtà pratica dell’esistenza di strutture sociali del tutto intercambiabili con la classica definizione di famiglia che però non sono riconosciute come tali dallo stato. Ci sono, ma si fa finta che non ci siano per presarvare chissà quale astratto simbolo di cui non frega più niente a nessuno.
Comunque sì, al livello molto astratto è anche possibile tracciare analogie più o meno forzate fra il riconoscimento delle unioni omosessuali e della poligamia. Questo comunque non vorrebbe assolutamente dire che il matrimonio omosessuale è la stessa cosa che la poligamia. Certo, ci sono delle cose in comune, come ci sono delle cose in comune fra il prete e la transessuale (es. entrambi indossano ampie gonne nella vita di tutti i giorni), ma non sono la stessa cosa: rispondono a pressioni sociali, a strutture, a legami, a situazioni culturali diverse. Il matrimonio gay risponde alla necessità di permettere a tutti gli individui le stesse opportunità di accesso alla formazione di famiglie basate su amore e alleanza, quindi pongono innanzitutto il problema del “chi” si allea, mentre il “come” si allea è più o meno immutato; mentre poliandria e poligamia pongono proprio e fondamentalmente il problema del “come”: che forma può assumere l’alleanza?
Tutta questa complessità del problema sfugge completamente ad Amato, ai suoi slogan ridicoli e alle pagine che li rilanciano. Ma sono solo slogan, appunto, gli slogan sono superficiali, quindi ci sta… o meglio, ci starebbe, non fosse che questi slogan vengono poi “approfonditi” e fatti passare per una specie di raffinate riflessioni antropologiche!
In generale, la strategia dialettica di pagine come quella che ha pubblicato questa slide è abbastanza schizofrenica. Mi spiego: quando si dice che “basta che ci sia amore”, si usa uno slogan che deve sintetizzare in modo semplice e immediato tutto quello che ho scritto qui sopra.
Se uno volesse rispondere seriamente a questo slogan, sul piano filosofico o giuridico o che dir si voglia, dovrebbe usare il principio di carità, ovvero intendere l’argomento nella sua forma più ampia, completa e approfondita.
Ovviamente questo non lo possono fare, perché non hanno risposta su un piano filosofico e giuridico serio. Quindi danno profonde risposte filosofiche, ma le rivolgono esclusivamente contro la forma più superficiale dello slogan. Sì, è ovvio che lo slogan in quanto slogan è incompleto, ma questa è la scoperta dell’acqua calda. Bisogna vedere qual è il pensiero vero che genera lo slogan e confrontarcisi, se si vuole essere seri.
Io ho capito perfettamente cosa intendeva Amato, e ciò nonostante, anzi, proprio per quello, so che incazzarcisi è perfettamente legittimo. Amato non riconosce l’unione gay, ovvero l’alleanza fra due adulti consenzienti che si amano e vogliono costruire un percorso di vita insieme, eventualmente anche con dei figli. Ma è lì, come fa a non riconoscerla?! Queste famiglie ci sono, negarlo è come non riconoscere che la Terra e tonda, non riconoscere che nel Sahara c’è la sabbia o che l’erba è verde!
Ma non le riconosce, non le riconosce perché non riconosce l’alleanza e il legame d’amore, e non riconosce alleanza e legame d’amore perché non riconosce la dignità di cittadini, esseri umani adulti e responsabili dei contraenti dell’alleanza. Per lui sono davvero, da questo punto di vista, come animali, e qui sta la gravità estrema di ciò che ha detto.
C’è ben poco da fraintendere.
Il dibattito pubblico generalmente va avanti per slogan: allo slogan “basta che ci sia amore” Amato risponde “c’è amore anche con il cane”. E si copre di ridicolo… perché va bene che il dibattito pubblico è fatto spesso per slogan, ma lo slogan una qualche sostanza deve avercela, e la differenza fra le due situazione è visibile, veramente a proba di idiota. Diciamo che questo è uno di quei casi in cui lo slogan sintetizza bene le rispettive posizioni: quando diciamo “l’importante è l’amore” stiamo mettendo in luce l’importanza dell’alleanza nella genesi dell’istituto matrimoniale; quando loro dicono “allora puoi sposare anche un cane” stanno mettendo in luce la propria incapacità di distinguere due adulti consenzienti da due animali. Ribadisco: c’è poco da fraintendere.
Ora credetemi, amici omofobi, non vi conviene affatto fare i finti intellettuali che si distaccano dalla massa che parla per slogan, perché se davvero per vostra disgrazia il discorso dovesse andare oltre gli slogan sareste demoliti perfino più facilmente.
La vostra chance migliore è continuare ad insistere coi vostri “thought terminating cliché”, tipo “un bambino ha bisogno di un padre e una madre” o “il matrimonio serve solo per la procreazione”.
Sono falsi, ma la gente almeno non deve fermarsi a pensare, e che la gente non pensi è cosa che vi avvantaggia.
Ossequi