Bufale, fandonie, leggende metropolitane, hoax o come preferite chiamarle, il nome poco importa.
Di Paolo Fiorino
Bufale, fandonie, leggende metropolitane, hoax o come preferite chiamarle, il nome poco importa. Ciò che conta è che sono un fenomeno in continua ascesa. Di sito in sito, di bacheca in bacheca si diffondono incontrollate, come virus contro i quali gli ignari utenti dei social sembrano non avere (o voler avere) difese. Eppure nemmeno si nascondono, anzi di solito sono così facilmente smascherabili che fanno tenerezza.
Non siamo mai stati sulla Luna, le Torri gemelle sono state abbattute da un complotto della CIA, il cancro si cura con il bicarbonato ma le industrie farmaceutiche ce lo nascondono per i loro interessi.
L'olio di colza è un sostituto del gasolio, gli alieni hanno fornito tecnologia agli USA, gli ammiragli americani non sanno distinguere un faro da una nave, Putin fa discorsi contro la sharia, niente è mai troppo per i bufalari e i teorici del complotto.
E fin qua non ci sarebbe nulla di strano: se la devi sparare, tanto vale che la spari grossa.
Chi diffonde queste fantasie non ha bisogno di giustificarle: basta che affermi un qualche oscuro complotto della Massoneria, degli Illuminati o delle Giovani Marmotte e la sua credibilità balza subito ad altezze stratosferiche, doppiando in un battibaleno quella di persone che con sacrificio e tenacia hanno dedicato anni, quando non decenni, allo studio e alla ricerca (e comunque lo hanno fatto in università che sono controllate dal potere occulto della scienza ufficiale).
Quello che non finisce mai di stupire è quanta presa facciamo queste pseudo-teorie sulla gente.
Perché su internet si accetta qualsiasi cosa senza un minimo di indagine? Perché il sistema immunitario della comunità virtuale non riesce ad arginare questo flusso continuo di falsità pseudoscientifiche?
Basta davvero volerci credere?
Per prima cosa dobbiamo considerare che le bufale si diffondono a un ritmo mai visto prima perché ormai, grazie all'avvento di internet, costano poca fatica (e poco denaro).
Anni fa le catene di Sant'Antonio (le antenate pre-digitali delle bufale) trasmettevano il proprio contagio virale solo attraverso la posta e per inoltrarle dovevi spendere tempo e denaro (per fotocopie, francobolli, buste). Ora invece è tutto più semplice e veloce, milioni di potenziali contatti sono sempre disponibili, in trepidante attesa della rivelazione dietro la misera barriera di un monitor.
Per chi ha un minimo di familiarità con i social network è facile prendere un post, magari in origine serio, modificarlo in maniera radicale e condividerlo. Nella maggior parte dei casi, se il falso è particolarmente attrattivo, immediatamente le condivisioni schizzeranno alle stelle.
E la prima regola del bufalaro è sparare nel mucchio: più potenziali contatti si raggiungono più gonzi si trovano.
Ed è così che " credeteci, è tutto vero" è diventato il grido di guerra di migliaia di creatori di panzane, che intasano le nostre bacheche di spazzatura in cerca di condivisioni e " like" (che al giorno d'oggi pare siano una merce ben più preziosa dell'onestà).
Chi crea la bufala di solito lo fa per un tornaconto personale (quando non per un vero e proprio tentativo di truffa), ma chi le bufale contribuisce a diffonderle perché lo fa?
Il primo problema è che le bufale spesso sono più affascinanti della realtà e avranno sempre la meglio sull'informazione seria che, diciamocelo, è anche un po' noiosa e spesso molto spiacevole.
Altro fattore che favorisce la diffusione di questa moderna piaga è la mancanza di confronto. Quanto più una notizia gode del consenso sociale, tanto più diventa credibile. Quindi più persone confermano un fatto, più saremo portati a crederlo vero.
Ma se restiamo confinati nei nostri spazi virtuali, molto probabilmente saremo portati a scegliere la strada più semplice evitando il confronto o scegliendo solo le fonti che confermano ciò di cui già siamo convinti. È anche in questo modo che la bufala si autoalimenta e cresce.
In fondo la ricetta per sottrarsi al condizionamento sarebbe tutto sommato semplice: rendersi conto che quasi mai la realtà è quella che si vorrebbe.
È più semplice a dirsi che a farsi, è evidente. Ma se non riusciamo a mettere in pratica questo piccolo suggerimento è più che scontato che il destino della rete sarà segnato, non da qualche cosmico Millenium Bug ma dalla nostra cosmica pigrizia mentale che presto o tardi ci sommergerà di spazzatura.
Ora, se volete evitare che la Disgrazia Universale vi colpisca, condividete questo articolo con tutti i vostri contatti entro 20 secondi! Se lo farete diventerete immediatamente più ricchi di Paperone e la vostra popolarità supererà quella di Justin Bieber, in caso contrario sarete perseguitati per il resto della vostra vita da una tale malasorte che quando il destino inventerà un nuovo tipo di sfortuna lo collauderà su di voi!