Questo non è lo spazio adatto né per ricostruire lo scandalo che sta facendo affondare il Monte dei Paschi né per radiografare le malefatte di Mussari e compagnia bella. Metterei tra virgolette “compagnia bella” perché “nel mezzo del cammin di nostra campagna elettorale” si incrocia malvolentieri la combriccola di scellerati che avverte di non strumentalizzare il caso. Come se poi il legame subdolo in Italia tra politica e istituti di credito fosse la grande scoperta dei Servizi Segreti.
Nella bufera che investe la banca più anziana del mondo – e pensare che era stata messa in piedi per dare aiuto alle famiglie disagiate di Siena venti anni prima che Colombo finisse per sbaglio in America – si nasconde l’ennesimo vezzo ipocrita del politico medio italiano: non prendere mai una posizione netta di fronte ad uno scandalo di tale portata, per paura di passare come lo scolaretto di Montecitorio della Prima Repubblica. E’ più facile pensare che lo “smemorato” sia Mussari e che non ci sia assieme a lui una “banda Bassotti”, da far invidia al Belpaese del tempo in cui era un vanto il legame pappa e ciccia tra potere politico ed economia occulta.
La sede centrale del Monte Paschi di Siena mette soggezione. Ci sono passato davanti l’estate scorsa. Mi scappava la pipì ed ho evitato di farla lì. Ho evitato per non passare come il turista cafone che oltraggiava un santuario dell’economia italiana, senza sapere che “l’oltraggio al pudore civico” è un altro: l’attesa interminabile dei parenti delle vittime di Ustica per avere il risarcimento dallo stesso Stato che, con l’altra mano inguantata, copre le malefatte interminabili della banda Bassotti. La stessa gang ladra della dignità dei piccoli risparmiatori, che quasi sempre ci rimettono la tasca.