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BuioDoc (N°4): recensione "L'Impostore"

Creato il 02 aprile 2014 da Giuseppe Armellini
Notevolissimo.
L'Impostore è un documentario talmente affascinante e sorprendente nel suo incedere che non ha niente da invidiare a un film vero e proprio. In realtà qui siamo dalle parte del docu-drama, di quei documentari cioè, dove insieme ad estratti reali (interviste, filmati etc..) si ricostruiscono cinematograficamente alcune vicende.
Io non riesco a trovargli un difetto sinceramente.
Nicholas Barclay scompare a 13 anni in Texas.
Dopo quasi 4 anni viene ritrovato in Spagna.
Sì, ma è molto più grande di corporatura, capelli scuri anzichè biondi, occhi neri come la pece invece che azzurri, parla inglese con un accento stranissimo. Ma la famiglia lo riconosce lo stesso, è lui.
Storia verissima, incredibile, tremendamente affascinante e a tratti disturbante.
Sin da subito sappiamo che quel ragazzino è un impostore, scelta narrativa coraggiosa e molto "leale" da parte del regista.
Il ragazzo si finge americano, viene portato in una casa famiglia, non apre mai bocca finchè impaurito di venir schedato decide di telefonare negli Stati Uniti in vari uffici di bambini scomparsi e in una sola notte riesce nell'incredibile impresa di acquisire una falsa identità.
E' Nicholas Barclay, e domani sua sorella verrà a prenderlo in Spagna.
Il ragazzo ha in mano la vera immagine di Nicholas e allora si tinge biondo, fa un tatuaggio simile a quello del bambino scomparso, fa di tutto per riuscire nel miracolo di scamparla. Ma è troppo diverso, troppo.
La sorella arriva, lo abbraccia, piange.
Nicholas può tornare dalla famiglia in Texas.
Incredibile.
Il ragazzo racconta che tutti i cambiamenti che ha avuto, tutte le cose che non ricorda del passato, tutto è dovuto alle tremende sevizie, agli esperimenti umani (ad esempio sull'iride degli occhi) e quant'altro che una specie di "setta" di pedofili ha perpetrato nei suoi confronti e di altri ragazzi.
Gli credono tutti, finisce addirittura nei tg.
Può il dolore di una perdita, può la mancanza di una persona cara portarti a credere tutto questo? Quanto abbiamo bisogno di colmare quel vuoto con qualcosa? Quanto purchè di non accettare l'inevitabile siamo disposti a credere nell'improbabile?
Forse sono un pazzo ma mi viene da accostare L'Impostore ad uno dei film più belli che ho visto recentemente, Alpis.
Là una società di attori si metteva a disposizione delle famiglie colpite da un lutto per interpretare il ruolo del defunto. Qua, anche se in maniera del tutto diversa, avviene praticamente lo stesso. Sembrano argomenti surreali ma in realtà sono delicatissimi. Molti si affidano alla religione, altri al vizio, altri ai cartomanti, e c'è anche chi può colmare il proprio vuoto con una presenza sì falsa ma reale, esistente.
E così quel ragazzo diventa una specie di capro espiatorio al contrario, dove uno cioè, il capro, è il simbolo di una condanna, di una colpa, è il responsabile che paga per tutti, qui quel ragazzo diventa il simbolo di una speranza, di una gioia, di qualcosa che si rimette a posto. Entrambi sono "falsi", ma entrambi servono alla "comunità" per motivi opposti.
La vicenda va avanti, polizia, fbi, assistenti sociali, investigatori privati, si vive un'atmosfera simile ad Argo, riuscitissima,anche perchè la parte fiction è girata benissimo. Sono soprattutto i veri filmati però, quello di lui che arriva in aereoporto con la sorella, i tg, l'intervista, a mettere i brividi.
E quel fratello maggiore (del vero Nicholas ovviamente) che viene solo un giorno a trovarlo, lo guarda e gli dice "buona fortuna" sapendo benissimo che non è lui è un racconto breve ma straordinariamente inquietante.
Eppure è tutto lì davanti, è troppo diverso, è troppo strano il suo passato.
Mi viene in mente la parabola del dito e la luna. Solo che qui non solo non si vede la luna e ci si limita ad osservare il dito, ma non si capisce nemmeno che quello è un dito, non so come spiegarmi.
E poi avviene la svolta thriller, magnifica, che forse dà una spiegazione al tutto
SPOILER
Come avevo fatto a non pensarci?
Eppure era troppo assurdo che una famiglia potesse cadere in un trabocchetto così grande.
E se invece non si voleva colmare un vuoto esistenziale ma nascondere qualcosa?
Se quel ragazzo era una manna dal cielo per rimpiazzare qualcuno sparito e sul quale non era meglio indagare?
A questo punto la tematica del caso e del destino diventa primaria. Quel ragazzo impostore su tutte le centinaia di identità che poteva prendere forse ha trovato proprio quella che faceva comodo alla famiglia, quella che li avrebbe coperti.
In un montaggio serrato inizia a venir fuori questa ipotesi mentre finalmente la polizia riesce a risalire alla vera identità dell'impostore.
E' francese, ha 23 anni e non 16 e ha fatto la stessa cosa già centinaia di volte prima.
Brividi.
Si chiama Frederic Bourdin e la sua figura nel finale acquista una pericolosissima ambivalenza. Perchè criminale lo è di certo ma in realtà rappresenta soltanto la storia di un bambino/ragazzo mai amato e senza una vera identità che cerca continuamente altre identità, cerca affetto, cerca amore. E fa "solo" questo, senza direttamente far male a nessuno (il suo sogno è stare in case famiglia).
Il documentario diventa un thriller a cui non sarà mai data (forse) una risposta definitiva.
E alla fine si resta impietriti ma anche affascinati, quasi divertiti di questa farsa.
E di questi incredibile personaggio.
( voto 8)

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