Ieri in relazione agli omicidi delle religiose saveriane è finito in manette Christian Claude Butoyi,un uomo di 33 anni.
Secondo la polizia di Bujumbura, l’uomo ha confessato i delitti dopo essere stato trovato in possesso di una chiave del convento della parrocchia San Guido Maria Conforti, dove vivevano le religiose.
All’arresto si sarebbe arrivati tramite il telefono cellulare di una delle vittime, venduto da Butoyi a un giovane, che avrebbe sporto denuncia dopo aver letto alcuni sms in italiano.
La rapidità, con cui è stato individuato il responsabile dalla polizia locale, puzza parecchio di bruciato e non convince.
E’ quasi come dire archiviamo presto il caso e non ci pensiamo più.
Sulle prime si è parlato del gesto sconsiderato di un folle,ora di Butoyi si fa intuire,invece, che la sua stizza e gli efferati delitti sono scaturiti semplicisticamente dal perché le religiose erano delle straniere in terra africana.
Cioè delle indesiderate per alcuni autoctoni,quelli che non accettano assolutamente ingerenze esterne nelle cose di casa propria.
Legittimo per certi versi ma poco intelligente per altri.
Delle religiose sono semplicemente donne che,con i loro voti di obbedienza, povertà e castità, fanno testimonianza d’amore e di bene disinteressati.
Non sono lì di certo per desiderio di potere o brama di ricchezze.
Probabilmente la verità vera non la si saprà mai.
Resta il fatto che le tre donne hanno dedicato tutta la loro intera esistenza alla gente d’Africa.
Prima del Burundi erano operanti per anni in Congo.
In particolare si sono dedicate alle donne e ai bambini ,ai più bisognosi d’aiuto, in relazione a quelle che erano le loro specifiche competenze e professionalità (sanità e istruzione).
E Dio sa se ce n’era e ce n’è ancora bisogno.
Non è la prima volta che drammi del genere si consumano nel continente africano.
Coloro che hanno armato la mano, del folle o dell’ uomo normale che sia il Butoyi, s’interroghino sulla gravità di ciò che è stato fatto. Sull’ingratitudine, sopratutto.
Il perdono delle religiose per l’assassino ci può stare e ci sarà stato tutto.
Ma il Burundi ha bisogno certo di crescere con le proprie gambe e anche un tantino supportato in un’autentica crescita democratica, che al momento non c’è affatto, da tantissima formazione.
Formazione che significa cultura autentica o meglio dialogo tra le culture.
Culture che possono essere differenti. Devono esserlo,anzi.
Senza pregiudizi di sorta.Da una parte e dall’altra.
Così ,infatti, si cresce. Nell'ascolto reciproco.
Perché, tranne che nel colore della pelle(particolare trascurabilissimo), siamo tutti fratelli e sorelle.
E la nostra comune fratellanza ha una comune radice che è Cristo, l’uomo di Nazareth.
Colui che è venuto tra di noi più di duemila anni fa per insegnarci l’amore e non l’odio.
La vita e non la morte.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)