Bullet Ballet (バレットバレエ, Bullet Ballet)

Creato il 16 marzo 2012 da Makoto @makotoster

  Speciale Tsukamoto Shinya
La X edizione dell’Asian Film Festival di Reggio Emilia (16-24 marzo 2012) dedica la retrospettiva a Tsukamoto Shin'ya, che sarà presente al Festival e riceverà un premio alla carriera. In occasione di tale importante evento, Sonatine pubblica le schede critiche di tutti i film di Tsukamoto, che andranno a configurare uno Speciale Tsukamoto sempre consultabile online.
BulletBallet (バレットバレエ, Bullet Ballet). Regia, soggetto, sceneggiatura, scenografia, fotografia emontaggio: Tsukamoto Shin’ya. Costumi:Iwasaki Hiroko. Musica: Ishikawa Chū. Interpreti e personaggi:Tsukamoto Shin’ya (Goda), Suzuki Kyōka (Kiriko), ManoKirina (Chisato), Nakamura Tetsuya (Idei), Murase Takahiro (Goto), Igawa Higashi (Kudo). Produzione: TsukamotoShin’ya per Kaijyu Theater Durata: 87'. Prima proiezione internazionale: 12 settembre 1998 TorontoInternational Film Festival. Uscita nellesale giapponesi: 11 marzo 2000. Link: Chris MaGee (Toronto J-Film Pow-Wow) - Henrik Sylow (DVD Beaver)

Goda è un pubblicitario che abita a Tokyo, dove trascorre la sua esistenzain modo apparentemente normale e anonimo come milioni di altri individui. Unasera come altre, telefona alla sua fidanzata Kiriko, dicendole che, finitol’ultimo bicchiere dopo il lavoro, la raggiungerà. Quando arriva a casa, però,trova ad attenderlo l'inaspettato: la polizia, infatti, lo avvisa che laragazza si è suicidata con un colpo di pistola. L'arma ed il foro dellapallottola nella porta sembrano gli unici elementi che tragicamente tengonoancora legato Goda alla sua amata. Nella ricerca sulla provenienza dellapistola, l'uomo si imbatte nella bella, dannata e diafana Chisato, e nella gangche la sua fidanzata segretamente frequentava. L'attrazione per Chisato el'ossessione che Goda sviluppa per le pistole e le armi in generale, porterannol'ormai ex pubblicitario a sondare le ragioni del gesto di Kiriko e lotrascineranno nei bassifondi di Tokyo, dove il vortice di violenza e didisperazione che si nasconde nella grande metropoli finirà per risucchiarlo.

Il punto dipartenza, l’ambiente su cui il film ed i suoi personaggi poi si sviluppano, è,come in molte altre opere del regista, la metropoli, insieme ai suoi abitantianonimi, avviluppati e quasi accecati dalla loro quotidianità. Tsukamoto cipresenta questo paesaggio urbano e umano fin da subito, con il solito montaggioteso e nevrotico e con un sapiente uso del bianco e nero, che qui più che inaltri lavori tenderà a virare verso una predominanza di tonalità buie. I salarymen che ritornano dal lavoro camminanoapparentemente sereni, protetti dalla folla ovattante, ma sono visivamentequasi incastonati e stritolati dalle linee geometriche dei palazzi e dellestrade. La pressione che li schiaccia prelude all’imminente dramma delprotagonista, causato dalla perdita dell'amata. Lo choc per la notizia del suicidio della compagna, si aggrava quandoGoda viene a sapere che Kiriko si è uccisa con una pistola, procuratale da unamico che frequenta un gruppo di delinquenti. Come il telo che si aprerivelando lo sfondo fasullo della scena, davanti a lui c’è una voragine che locostringe a ripensare a tutta la sua realtà: sondare nel passato della compagnaequivale per lui ad indagare anche il proprio presente. La vita dell'uomoqualunque, ancora una volta magistralmente interpretato dallo stesso Tsukamoto,si scioglie come accecata dal flash dello sparo con cui la donna si è tolta lavita. Non a caso l'acqua è un elemento che accompagna tutta l'opera: dallegocce del rubinetto che colpiscono lo scarafaggio in una delle scene iniziali,ai tubi che perdono e spandono nelle zone dimenticate o nascoste dellametropoli. L'elemento liquido, che ritroveremo massimamente sottoforma dipioggia in A Snake of June, è quindila forza distruttiva della vita e l'imprevedibilità del caso, un elemento cherompe tutti gli argini, siano essi materiali, di carne, affettivi o personali.Se dapprima la disperazione ed il senso di vuoto del protagonista quasi lospingono a seguire le orme di Kiriko e a pensare al suicidio, in un secondomomento la sua rabbia viene incanalata verso il mondo ed il gruppo di sbandatiche la stessa fidanzata frequentava. La Kaiser Chief, la rivoltella che Goda sicostruisce, diviene un'arma in un senso molto lato, il binomio uomo/pistola, ela forza dell'inorganico che l'oggetto di metallo rappresenta ed evoca,generano qualcosa di nuovo, una trasformazione. È in questo contesto che si innescano le immagini diguerra e delle innumerevoli esplosioni che Goda rivede continuamente sulloschermo del computer, trasformate dal montaggio tambureggiante e da una musicasferragliante, nel vero battito cardiaco di BulletBallet. Memorabile e centrale per la progressionedel film, è la scena in cui gli scatti del grilletto tirati a vuoto dalprotagonista si trasformano nei battiti della musica industrial che ci porta, in un cambio vertiginoso di ambiente e distile, all'interno del club frequentato da Chisato, Idei ed i loro compagni. Èproprio l'arma, allora, a congiungere ed a funzionare da soglia filmica perquesto passaggio, che costringe suo malgrado Goda a scoprire un altromondo rispetto al suo. Picchiato selvaggiamente più volte, l'uomo è messosubito davanti alla paura ed al dolore fisico, ma allo stesso tempo è affascinatoda queste esplosioni di brutalità. Una violenza che in Bullet Ballet, come del resto in quasi la totalità delle opere diTsukamoto, non è mai solo sopraffazione ma si delinea, soprattutto, comemovimento di spinta estrema verso il limite, quasi a voler toccare e bucare(ancora fori, aperture) quella membranache ciinsacca nell'ipnosi del quotidiano[1].Così il foro lasciato dal proiettile con cui Kiriko si è suicidata, diventa perGoda uno spiraglio di luce da cui guardare «l'altra parte», quel mondo che staal di là del «maledetto sogno» che è Tokyo[2].Nelle toccanti scene in cui "gioca" con la luce provenientedall'apertura, il protagonista sembra cercare disperatamente una via d'uscita da questo mondo, tormentoche anima del resto anche gli altri personaggi del film. Vale la pena spendere qualche parola per il cast che ècomposto da un gruppo di attori quasi perfetto, al di là di Tsukamoto, svettanosenz'altro le prestazioni di Nakamura Tetsuya, nel ruolo di Idei, e quella diMano Kirina per Chisato. Idei è il lato oscuro fatto a persona, una fisicità eduna presenza selvaggia che trova riscontro in una bellissima voce rauca,espressione non tanto del male o di una potenza demoniaca, ma della parte piùoscura in quanto dimenticata e negletta. Idei trova così la sua sistemazioneideale negli anfratti della metropoli, nelle zone più marginali e dimenticatedella città, di cui è fondamentalmente un'emanazione. D'altro canto lalongiliena e diafana Mano Kirina costruisce con Chisato un personaggio femminileche non può non affascinare, e se è vero che «con l`eccezione (...) di Hiruko the Goblin (Hiruko - Yokai hantaa, 1991) e Gemini(Soseiji, 1999), tutti i lavori delregista presentano delle relazioni uomo-donna alla base della trasformazione»[3],qui lamagrezzadi Chisato e la sua leggerezza suggeriscono qualcosa di più. I contorni dei personaggi che popolano ilfilm sembrano via via assottigliarsi, l'epidermide quasi sparisce in un doloreche lascia libero accesso agli influssi dall`esterno. Questa poetica dellatrasparenza la si ritrova specialmente nella seconda parte del film, piùviolenta ma in qualche modo più eterea, anche stilisticamente, a partire daquando vediamo la gang al luna park. Siamo in una scena dai bianchilattiginosi, punteggiata da una musica più fine e sognante che accompagnerà ilfilm sino alla sua conclusione. Si potrebbe dire che se nella prima parteprevale il "Bullet", con la sua ossessione per la violenza e per ladistruzione, la seconda parte è più "Ballet". Una vertiginosa danza diimmagini e di vite perse, un senso di così acuta disperazione da lambire unadesiderata liberazione, con Goda e Chisato oramai in piena deriva, «un aquilonea cui hanno tagliato il filo» come viene detto da uno dei protagonisti. Nellascena in cui Chisato si rotola nel letto dell’appartamento di Goda o, ancora,in quella finale in cui i due si lanciano in una corsa dove i loro destinidivergono all`infinito, c'è tutta la grandezza di questa opera e del suoregista. [Matteo Boscarol]

[1]   È necessariaqui una piccola precisazione. Se è vero che molto spesso la produzione diTsukamoto viene vista come una critica dell'alienazione che la città dispensaai suoi abitanti, non bisogna dimenticare che il regista stesso è figlio dellametropoli, nato e cresciiuto a Shibuya, ed è quindi naturale che di questa usielementi a lui congeniali per costruire la sua poetica. La città di Tsukamotonon corrisponde alla realtà più di quanto non lo sia quella, per esempio,descritta da altri autori, questo per dire come il cinema del regista si spingamolto più in là di una semplice critica della vita metropolitana. [2]   «Nei sogni puoi uccidere senza che ti prendano. Tokyo è un sogno, siamo tuttiin un maledetto sogno» sono le parole pronunciate dal personaggio di Ideidurante il film.[3]  Da http://www.midnighteye.com

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