Bullismo e strategie di coping disadattive

Da Psychomer
by Concetta Maffione on aprile 23, 2012

Il fenomeno del bullismo rappresenta una realtà piuttosto diffusa nella società odierna. Il bullismo è una modalità relazionale disfunzionale tra pari, in cui il bullo mette in atto comportamenti di prevaricazione e di violenza nei confronti della vittima. Generalmente, si riscontra una maggiore frequenza del fenomeno nel contesto scolastico anche se, sempre più spesso, la cronaca riporta episodi di bullismo perpetuati anche al di fuori della scuola (ad esempio per strada, sui mezzi di trasporto…). Questa forma di prevaricazione presenta modalità diverse; esistono, infatti, forme di prepotenza diretta, come quella fisica (pugni, schiaffi) o verbale (insulti, ingiurie) prevalentemente messe in atto dai ragazzi, e indiretta, preferita dalle ragazze, agita a livello psicologico. Olweus (1996) è stato uno dei primi studiosi ad indagare questo fenomeno e ha individuato degli aspetti peculiari: primo fra tutti l’intenzionalità, il bullo, cioè, arreca di proposito danno alla vittima; persistenza, gli episodi di bullismo si protraggano nel tempo e sono continuativi; asimmetria della relazione, in genere, il bullo è fisicamente più forte della vittima.

La letteratura distingue tre tipologie di bullo:

  1. Il bullo aggressivo. È spavaldo, sicuro di sé e insensibile nei confronti degli altri. Fisicamente robusto, più forte dei compagni ed è molto popolare.
  2. Il bullo ansioso. Può assumere, al tempo stesso, il ruolo di bullo e vittima, ed è caratterizzato da bassa autostima, ansia ed instabilità emotiva.
  3. Il bullo passivo. È il gregario, che sostiene il bullo vero e proprio, lo spalleggia, disposto a fare cose non giuste pur d’essere parte del gruppo per sentirsi accettato.

La vittima, invece, può rientrare in una di queste due tipologie:

  1. La vittima passiva. È un ragazzo sensibile, timido e riservato, contrario alla violenza con scarsa autostima e fisicamente più debole del bullo.
  2. La vittima provocatrice. Ha un comportamento instabile e risulta irritante sia per i compagni di classe che per l’insegnante stesso. È ansioso, provoca gli attacchi subiti e spesso risponde, anche se non adeguatamente.

Ad ogni modo, ciò che emerge dalla relazione disfunzionale è la mancanza di strategie di coping adattive. Per coping s’intende l’insieme di strategie mentali e comportamentali messe in atto per affrontare una certa situazione che genera stress. Tra i coping adattivi ricordiamo le strategie di controllo in cui l’individuo cerca di non farsi sopraffare dall’ansia prendendo in mano la situazione e la strategia di ricerca di sostegno sociale, in cui la persona in difficoltà si rivolge ad altri competenti per chiedere aiuto e condivide le proprie esperienze con persone a lui vicine. I coping disadattivi sono, invece, quelli di evitamento, in cui l’individuo finge che il problema non esiste. Nel caso del bullismo, generalmente, sono messe in atto strategie di quest’ultimo tipo. La vittima tende, infatti, ad accettare le angherie del bullo senza reagire, negando il problema, non dicendo nulla ai genitori perché si vergogna; inoltre, nega la propria sofferenza emotiva e, il più delle volte, è convinto di meritarsi questi soprusi. Quando si parla di bullismo si tende a concentrare l’attenzione sulla vittima dando indicazioni su come poter affrontare questa situazione complicata ma, in realtà, anche il bullo potrebbe essere definito “una vittima di questa relazione disadattiva” nel senso che egli, come la vittima, non dispone di strategie di coping efficaci per affrontare situazioni stressogene e come la vittima adotta una modalità relazionale sbagliata. Entrambi nascondono dietro il loro comportamento un forte senso d’insicurezza, manifestata con modalità diverse: reattivo-aggressiva nel caso del bullo, passivo-d’evitamento nel caso della vittima.

Per questo motivo, quando si parla di interventi volti a ridurre e contrastare il bullismo bisognerebbe pensare contemporaneamente al bullo e alla vittima prevedendo come obiettivi, per entrambi, la consapevolezza del proprio stato d’insicurezza e l’apprendimento di strategie di coping più attive, volte a fronteggiare in modo diretto e adeguato la situazione, evitando di reprimere o ignorare ciò che si prova realmente.


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