UN FARO…DI MISSIONARIETA’
Dar es Salaam è una città sull’oceano indiano. Sulla costa i fari abbondano. Non lontano dal mare, su un territorio rubato alla steppa e suddiviso dal governo in migliaia di lotti, si aggiunge un faro nuovo, ma diverso. La sua luce non è per aiutare i pescatori a giungere a riva. La sua luce è per condurre al largo, al mondo. Un faro di missionarietà!
La Novo Millennio Ineunte di Papa Giovanni Paolo II ci invitava a contemplare il volto di Cristo. Una contemplazione che fluisca in santità di vita, entusiasmo rinnovato, annuncio fervoroso, testimonianza cristallina, fantasia di carità, e iniziative concrete…per la missione in profondità ed estensione. Difatti, il biblico Duc in altum più volte ripetuto nella lettera, in S. Luca ha un duplice significato: avanzare in acque profonde e prendere il largo. Si tratta, quindi di una missione all’interno della chiesa, sempre discepola e serva della Parola, che ha come scopo di far vivere la fede in profondità e con coerenza. Ed è pure una missione rivolta ai popoli, perché riconoscano nel Cristo il Salvatore, perfezionamento di tutti i valori religiosi e culturali. La doverosa stima per questi non deve far dimenticare il mandato evangelico dell’universalità, pur lasciando ai tempi di Dio la fecondazione e maturazione dei semi di Vangelo sparsi nel tempo.
Per carisma i missionari e le missionarie della Consolata sono votati alla missione ad gentes, cioè a testimoniare ed annunciare il Vangelo nelle situazioni prive, o povere della Parola che salva e nobilita. Dove è possibile lo fanno in cooperazione, sì che la missione sia più ricca ed abbia il volto della paternità e maternità di Dio. Annunciare, difatti, è sempre un partorire! Lo afferma l’Apostolo Paolo riguardo a se stesso scrivendo ai Galati e ai Corinzi. Con lo spirito e le caratteristiche ereditate dal Beato Allamano lo fanno attraverso molteplici attività che mirano ad educare, formare e trasformare. Lo fanno in situazioni di estrema indigenza e minoranze trascurate. In situazioni che hanno per nome la sola testimonianza e il dialogo interreligioso. La missione ad gentes, a tutti i popoli, non è univoca ma ha più volti e più vie, che mutano con la storia e le sue sollecitazioni. Una cosa è certa che la missione è obbedienza al comando esplicito del Risorto, e ha valore perenne. La staticità è morte, mentre il pellegrinaggio per le vie del mondo è vita. La chiusura è suicidio, mentre il dono rigenera. L’ardere della contemplazione…diventa illuminazione. Voi siete la luce del Mondo!
Tuttavia, non si può dare per scontato che la tensione missionaria sia sempre incandescente e presente ovunque. Essa va generata e rafforzata in continuità, poiché è facile lasciarsi prendere dal torpore e, nelle necessità proprie, chiudersi nella miopia. Apertura e solidarietà vanno radicate in una spiritualità e nutrite con un processo di informazione e formazione. Il nome è: animazione missionaria. Essa tende a fare di ogni persona, famiglia, comunità e chiesa un punto luce e di irradiazione universale. Tale compito educativo rientra nella specificità della missione stessa.
E’ il compito che i missionari e le missionarie della Consolata si sono assunti anche in relazione alla chiesa che è in Tanzania. La cosa non è nuova. Già ci sono espressioni missionarie della chiesa locale – come pure in altri paesi d’Africa – che può vantare di avere inviato missionari, uomini e donne, in più nazioni. Ma è necessaria una cultura e una spiritualità missionaria. Sono queste l’humus che garantiscono cattolicità e che permettono di essere una chiesa missionaria a se stessa e per il mondo, come si esprimeva Paolo VI in Uganda. La Chiesa che è in Africa, con le sue ricchezze di umanità, solidarietà, gioia, pazienza, e altre…né può, né deve mancare all’appuntamento del donare e ricevere, che riconosce ad ogni chiesa pari dignità, vocazione e missione. E’ pure l’imperativo di Giovanni Paolo II alle chiese giovani nella Redemptoris Mission.
Per favorire questo processo, vicino a Dar es Salaam è nato il Consolata Mission Center: faro di missionarietà. Attingendo al carisma e all’esperienza, i missionari e le missionarie della Consolata si propongono di farne una scuola di universalità e di missione. Sarà necessaria la creatività degli artisti, la pazienza dei coltivatori, l’umiltà dei poveri e il coraggio dei profeti. Non sappiamo quale risonanza e risposta attingeranno i programmi offerti e le attività svolte. Sappiamo però che questo è il nostro dovere: animare, perché la chiesa che è in Tanzania viva l’ardore della Pentecoste, evento di missione per tutti i popoli.
P. Giuseppe Inverardi IMC
E Cristo dice :"Che vuoi farci, angelo mio? Io sono pazzo delle mie creature e non so fare altro che amarle".(Fabrice Hadjadj)