Un libro discusso, che conferma il talento di un autore originale e potente e mette i lettori di fronte ad una storia senza compromessi.
Kevin Brooks è uno scrittore inglese che, con soli tre titoli tradotti in italiano a fronte di un’ampia produzione (il primo fu Una canzone per Candy per le edizioni Sonda), mira a farsi largo nel cuore e negli stomaci dei giovani adulti, come una freccia, come un pugno.
L’estate del coniglio nero, di Kevin Brooks, traduzione di Paolo Antonio Livorati, Piemme 2014, 15€. E-book disponibile.
Già i dieci Grandi Lettori del premio Mare di libri hanno assegnato al suo L’estate del coniglio nero la palma di miglior romanzo del 2015. Il romanzo, un thriller cupo, denso di presagi oscuri e personaggi tormentati, si distingue dagli altri esempi del genere nel proporsi con un linguaggio scabro, fra ambientazioni grezze e inquietudini irrisolte, dove molti autori offrono atmosfere patinate e conforto finale. Nonostante le qualità disturbanti, la costruzione serrata ne fa una di quelle letture difficili da mollare prima della risoluzione finale.
Con Bunker Diary, sempre pubblicato dalla casa editrice Piemme, Kevin Brooks rivisita le atmosfere da survival horror già presenti in tanta narrativa distopica per adolescenti, con un maggior realismo e intensità.
Mettete sei persone rinchiuse in un bunker, spiate da un aguzzino invisibile attraverso una rete di telecamere indistruttibili. Le ragioni della loro prigionia non sono chiare, il loro destino nemmeno.
Sembrerebbe l’incipit per un racconto del solito filone sui “reality show mortali”, che dal romanzo – poi fumetto e infine film – Battle Royale di Koushun Takami in poi, fino al fenomeno Hunger Games di Suzanne Collins, passando per l’italiano Under di Giulia Gubellini e il manga As The Gods Will (Kami-sama no Iu Toori) scritto da Muneyuki Kaneshiro e illustrato da Akeji Fujimura, tanta fortuna sembra avere sugli scaffali destinati ai giovani adulti.
Quasi che gli adolescenti, tenuti al margine dello spietato mondo degli adulti e sottoposti ai loro ordini, desiderassero essere messi duramente alla prova, per dimostrare che i loro “poteri” – la gioventù, l’amore – sono invincibili.
Bunker Diary, di Kevin Brooks, traduzione di Paolo Antonio Livorati, Piemme 2015, 15€
Anche in Bunker Diary è un adulto, un uomo dalle fattezze misteriose, a segregare il sedicenne Linus in una prigione di cemento senza via d’uscita. Solo che la sua malvagità ricade anche su una bambina di nove anni, una giovane donna, due uomini adulti e un anziano malato, tutti richiusi uno dopo l’altro insieme al ragazzo. Non ci sono moventi sociali o politici apparenti nella scelta delle vittime, solo un caso crudele che ha messo le persone sulla strada del rapitore.
Mano a mano che il tempo comincia a scorrere più lento del normale, il cibo a scarseggiare, le punizioni per ogni tentativo di fuga a farsi più severe e dolorose, i lettori incominciano a scorrere le pagine del diario di Linus con crescente angoscia, nella speranza di veder comparire un deus ex machina o di risvegliarsi da un incubo fatto di cattivi odori, brividi di freddo, crampi allo stomaco.
Kevin Brooks è un autore audace e insieme a lui sono stati coraggiosi i suoi editori e i giurati che per questo romanzo gli hanno assegnato nel 2014 la prestigiosa Carnegie Medal.
Dal punto di vista della tecnica, Brooks porta sapientemente all’estremo la narrazione in soggettiva. Il paradosso è che mentre i personaggi sono spiati da un occhio/videocamera che li guarda dall’alto, presumibilmente 24 ore su 24, costruendo un sadico film dell’orrore costellato macabre scene madri, il lettore si intrufola fra le pieghe del diario di Linus cogliendo solo parte di ciò che accade nel bunker, ossia ciò che il ragazzo sceglie di raccontare, insieme ai suoi ricordi, sogni, pensieri confusi e delicati.
Nel libro non ci sono zoommate per spiare ogni prigioniero nella sua intimità e scoprirne i segreti, né campi lunghi per cogliere la vita nell’alloggio nel suo insieme. C’è solo un punto di vista, quello raccolto nel diario di un ragazzo coraggioso e onesto, che coglie brandelli di conversazioni fra i compagni di prigionia, prende atto di gesti violenti avvenuti fuori dal suo campo visivo, specula sul proprio destino. Ma solo nella compassionevole finzione le domande trovano sempre risposta prima della fine della storia.
L’esperienza di lettura di Bunker Diary – che consiglio ragazzi oltre i tredici anni, che nella letteratura non cerchino solo agio e consolazione – spinge il lettore a confrontarsi con sincerità con la paura dell’ignoto e rappresenta un amaro antidoto alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza come agone spettacolare, in cui i buoni vincono e i cattivi perdono.
Se volete leggere un altro interessante punto di vista sul libro, vi consiglio la recensione di Fulvia Degl’Innocenti sul blog Libri e marmellata.
Se volete acquistare on-line i libri di Kevin Brooks, cliccate sulle copertine per collegarvi alla Libreria dei Ragazzi: