Internet ha appena compiuto vent'anni, abbandonando la fase dell'adolescenza per entrare nel suo ciclo più maturo. Al netto delle scoperte in campo medico e scientifico, si tratta senza dubbio del passo avanti più grande e significativo compiuto dall'umanità. Un balzo che ci consente di sentirci cittadini più informati e consapevoli, più completi e responsabili, perfino nella libertà che ci è concessa di fare un cattivo uso di questo rivoluzionario strumento tecnologico. La nostra vita, grazie al web, è radicalmente cambiata. Negarlo è fare torto alla nostra intelligenza e disconoscere le smisurate possibilità evolutive di cui disponiamo. E che possiamo mettere a frutto quando non si scontrano con le paure e le diffidenze insite nella nostra stessa natura.
Era il 6 agosto del 1991 quando tutto ebbe inizio, quando per la prima volta irrompeva sulla scena un sito web grazie al lavoro di un ricercatore del Cern di Ginevra, Tim Berners Lee, che riuscì a definire il protocollo HTTP che sta alla base di Internet. Era un modello certamente sperimentale, molto scarno, perchè il primo vero browser arrivò solo nel 1993 col debutto di "Mosaic", ancora oggi utilizzato come base per i moderni programmi di navigazione. E' a quella scintilla di Berners Lee che dobbiamo non solo il web ma anche ogni altra innovazione capace di superare le distanze, di avvicinare le persone. Come i social network, nuove fucine di pensieri e di idee oltre che semplici veicoli tecnologici.
Da quella data abbiamo assistito a una trasformazione reperentina, che si è fatta più dinamica nell'ultimo lustro. Fino a non molto tempo fa Internet era fermo lì, imprigionato sulle nostre scrivanie dentro computer pesanti e difficili da decifrare per chi non avesse almeno una infarinatura di informatica. Ma quello che ci troviamo ad utilizzare ora è qualcosa di molto diverso, complesso e semplice ad un tempo. Tanto che da strumento "alieno" e "fuori di noi", la Rete è ormai divenuta una nostra appendice. Un oggetto sempre meno misterioso all'interno del quale quasi viviamo.
Alberto Marinelli, sociologo alla Sapienza di Roma, lo spiega in modo molto diretto: "Sembra una provocazione, ma davvero il web ha fatto compiere alla società moderna uno scatto in avanti di straordinaria portata, diventando qualcosa di completamente diverso perfino da quanto noi stessi eravamo in grado di immaginare. Da un computer con una sedia davanti, dalle connessioni lentissime, alle rivoluzionarie possibilità di interazione col web, fino a toccarlo e modificarlo". E in effetti, basta pensare ai motori di ricerca, alle applicazioni per tablet e cercare di ricordare l'ultima volta che si è digitato un "www" sulla barra degli indirizzi per avere contezza di quanto rapidamente questo "nuovo mondo" continui a cambiare.
Un mondo che cambia a partire dal contesto d'uso: non è più solo legato al lavoro ma ci accompagna ovunque nel mondo. Connettiamo per avere accesso a tutto ciò che ci serve e a prescindere da qualsiasi competenza informatica. Tuttavia, è risaputo che ogni cambiamento travolge tutto con la stessa rapidità con la quale entra in scena, finanche le cose che maggiormente ci aggradano e che consideriamo più utili. E le caratteristiche più peculiari del web, la libertà e la gratuità dei contenuti, sono conquiste destinate - come pure la cronaca di queste settimane ci dimostra - a subire di continuo pressioni per non restare immutate.
C'è perfino chi crede che proprio i social network, le piattaforme "aperte" (almeno in apparenza) e gratuite per eccellenza, che fino a dieci anni fa non esistevano e oggi contano milioni di utenti, non potranno mai soppiantare fino in fondo il web da un punto di vista "istituzionale" ma alla lunga potranno solamente integrarlo assumendone anche gli aspetti più soggetti alle rigidità regolatorie. La vera rivoluzione di Internet, pertanto, è stata quella di aver creato delle "tribù" che messe tutte assieme danno forma a quell'immenso "villaggio globale" nel quale quotidianamente scorazziamo, animati da curiosità e affamati di sapere.
Il divulgatore della Rai Piero Angela, interpellato per il ventennale della nascita del web, ha definito l'invenzione di Tim Barners Lee come "un nuovo tassello di un processo unitario, quello della comunicazione umana". Un processo naturale e innato, che si è solo servito dei cambiamenti messi a disposizione dalla tecnologia. Di conseguenza, la gente deve sforzarsi di comprendere che sebbene lo strumento del web consenta a tutti di esprimersi - e ciò è un bene - adesso più che mai diventano importanti i contenuti della comunicazione stessa.
Perchè badare ai contenuti significa non mortificare la nostra intelligenza, non piegarla al frivolo tran tran imposto dalla controversa epoca che viviamo. Oggi assistiamo a una riscoperta di valori autentici che provano faticosamente a farsi spazio dentro un panorama etico e culturale assai compromesso da anni e anni di appiattimento, di mancanza di idee, di svogliatezza intellettuale. Per questo la Rete assume rilevanza pure nel campo della democrazia, specie se epurata di ogni meccanismo di controllo e di assoggettamento al sistema.
E allora, vale la pena citare in occasione del ventennale il caso di una piattaforma a metà strada fra il network sociale e lo strumento "sistemico" della Rete (costi inclusi), nato negli Stati Uniti: Votocracy, una nuova applicazione per Facebook che permette a chiunque di candidarsi alle prossime elezioni americane.
A farci un giro si incontrano personaggi fuori dal comune, spesso già noti per le proprie battaglie ed idee. Paul Vasquaz è uno di questi, che vive da anni nel Parco Nazionale Yosemite in California. Un pacifista di ferro, senza vizi, che passa il tempo coltivando cibi biologici. L’anno scorso è diventato un fenomeno del web per il video in cui guardava estasiato due arcobaleni. Poi c'è Bunny Kam, una trentenne che dice di lavorare per almeno 12 ore al giorno e non ne può più di pagare sempre nuove tasse a causa del debito Usa. E tanti, tanti altri ancora con imprese più o meno esaltanti (ma certamente "originali") nel proprio curriculum.
Sono uniti dal comune sogno di diventare Presidente degli Stati Uniti. Ed è appunto su questa aspettativa che si basa Votocracy: basta entrare nell'applicazione (l'iscrizione costa 99 dollari), inserire le informazioni personali di routine, compilare la scheda del proprio programma elettorale e la campagna elettorale può cominciare. Una campagna che prevede delle vere "primarie" e che si fonda sulla capacità di far scattare il meccanismo virale, facendosi votare dai propri amici e chiedendogli un supporto finanziario. Alla fine della giostra, i candidati col maggior numero di voti andranno a sfidarsi in uno show tv in diretta nazionale, per convincere della bontà della loro proposta politica anche chi non frequenta Facebook.
Insomma, è una sorta di "Grande Fratello" elettorale per dare una chance anche a chi, come Paul Vasquaz o Bunny Kam, è un perfetto sconosciuto dalle parti di Washington e non può sperare sui generosi finanziamenti di grandi lobby e partiti. Al momento circa 400 utenti hanno già lanciato la propria sfida su Votocracy, e chissà se uno di loro riuscirà davvero a seguire le orme di Barack Obama, passato alla storia come il primo "presidente Facebook" degli Stati Uniti. O se si tratta solo di una nuova trovata, buona per fare soldi sfruttando le straordinarie potenzialità dei moderni strumenti di comunicazione.
Perchè se è vero che Internet condiziona la vita politica, favorisce la partecipazione, promuove una nuova idea di democrazia dove i cittadini possono dire la loro sui temi concreti, come è avvenuto qui in Italia con la sorprendente primavera elettorale delle amministrative e dei referendum, o contribuire addirittura a determinare mutamenti sociali di portata storica, come è avvenuto e sta avvenendo invece in molti Paesi arabi, è altrettanto vero che dietro la Rete si celano spesso interessi poco trasparenti e i governi dei Paesi più evoluti predicano bene ma in molti casi razzolano male. Come ha efficacemente dimostrato un recente dossier su politica e web di Rainews24.
In ogni caso, buon compleanno Internet: meriti il Nobel!