Oggi è il compleanno dell’Italia. Rubo questo piccolo e prezioso testo dalla bacheca fb di una scrittrice a me molto cara: Francesca Melandri.
Quest’anno di celebrazioni lo possiamo passare, appunto, a celebrare; possiamo passarlo, anche, a denigrare. A dire che sono i Savoia che hanno fatto la Patria, oppure a dire che no, il regno dei Borboni è il paradiso perduto. Possiamo raccontare solo l’eccidio di Bronte voluto da Nino Bixio, oppure solo il travolgente idealismo dei ragazzi morti a poco più di vent’anni per l’idea di Italia unita. Possiamo sbatterci in faccia tutte le nostre tante differenze, trovare tutti i motivi che vogliamo di separazione e risentimento: nella nostra storia nazionale (come in quella di qualsiasi altro popolo, peraltro) non ne mancano certo. Possiamo accusare di scarso patriottismo chi non si sente rappresentato dall’obbligo celebrativo, possiamo uscire dai consigli regionali quando suona l’Inno di Mameli, possiamo esporre la bandiera alla finestra. Possiamo fare tante cose, e tutte hanno le loro ragioni e le loro cause. Ma io personalmente in un mare di dubbi e d’incertezze di una sola cosa sono arcisicura: che la Storia non torna indietro. Ingiustizie storiche e colpe e traumi e ferite e anche trionfi non si possono disfare; si possono solo elaborare. E l’unica maniera per elaborare il passato è raccontarlo, raccontarselo tutto, senza timore della verità. Solo una narrazione completa porta ad un’identità condivisa. Solo un lavoro di recupero della verità del passato permette di immaginarsi il futuro da costruire. Basta!, raccontare sempre e solo il pezzo di Storia nazionale che più ci fa comodo, che più corrisponde al nostro spicchio limitato d’identità. Non riesco ad immaginare un lavoro più patriottico – passatemi il termine – dell’elaborazione collettiva delle verità scomode. Del Risorgimento, ma anche della prima guerra mondiale, del fascismo, del secondo dopoguerra, degli anni di piombo… Delle cause insomma del nostro melmoso presente. Melmoso proprio perché questo essenziale lavoro è ancora così incompleto. Io la festa di compleanno del mio Paese la desidererei così: un focolare attorno al quale gli Italiani si siedono in cerchio e ognuno, ascoltato dagli altri, racconta il proprio pezzettino di storia – di Storia. Utopia? Uhm, mi sa proprio di sì. Ma passatemelo: al primo taglio della torta di compleanno si ha il diritto di esprimere qualsiasi desiderio, per quanto improbabile ed azzardato. Tanti auguri, Italia mia.
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Oggi è il compleanno dell’Italia. Rubo questo piccolo e prezioso testo dalla bacheca fb di una scrittrice a me molto cara: Francesca Melandri.
Quest’anno di celebrazioni lo possiamo passare, appunto, a celebrare; possiamo passarlo, anche, a denigrare. A dire che sono i Savoia che hanno fatto la Patria, oppure a dire che no, il regno dei Borboni è il paradiso perduto. Possiamo raccontare solo l’eccidio di Bronte voluto da Nino Bixio, oppure solo il travolgente idealismo dei ragazzi morti a poco più di vent’anni per l’idea di Italia unita. Possiamo sbatterci in faccia tutte le nostre tante differenze, trovare tutti i motivi che vogliamo di separazione e risentimento: nella nostra storia nazionale (come in quella di qualsiasi altro popolo, peraltro) non ne mancano certo. Possiamo accusare di scarso patriottismo chi non si sente rappresentato dall’obbligo celebrativo, possiamo uscire dai consigli regionali quando suona l’Inno di Mameli, possiamo esporre la bandiera alla finestra. Possiamo fare tante cose, e tutte hanno le loro ragioni e le loro cause. Ma io personalmente in un mare di dubbi e d’incertezze di una sola cosa sono arcisicura: che la Storia non torna indietro. Ingiustizie storiche e colpe e traumi e ferite e anche trionfi non si possono disfare; si possono solo elaborare. E l’unica maniera per elaborare il passato è raccontarlo, raccontarselo tutto, senza timore della verità. Solo una narrazione completa porta ad un’identità condivisa. Solo un lavoro di recupero della verità del passato permette di immaginarsi il futuro da costruire. Basta!, raccontare sempre e solo il pezzo di Storia nazionale che più ci fa comodo, che più corrisponde al nostro spicchio limitato d’identità. Non riesco ad immaginare un lavoro più patriottico – passatemi il termine – dell’elaborazione collettiva delle verità scomode. Del Risorgimento, ma anche della prima guerra mondiale, del fascismo, del secondo dopoguerra, degli anni di piombo… Delle cause insomma del nostro melmoso presente. Melmoso proprio perché questo essenziale lavoro è ancora così incompleto. Io la festa di compleanno del mio Paese la desidererei così: un focolare attorno al quale gli Italiani si siedono in cerchio e ognuno, ascoltato dagli altri, racconta il proprio pezzettino di storia – di Storia. Utopia? Uhm, mi sa proprio di sì. Ma passatemelo: al primo taglio della torta di compleanno si ha il diritto di esprimere qualsiasi desiderio, per quanto improbabile ed azzardato. Tanti auguri, Italia mia.
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